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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Intercettazioni di diario, 4 | 'Gnesa era la sua fidanzata?


enzu' biblot


’GNÉSA È LA MIA FIDANZATA

E se la mia fidanzata fosse Gnésa?
E’ stato Marcellino, che non è “pirolo” come sembra, a suggerirmelo!
Lui è un “biblologo”, no, come si dice? Un bibliofilo, e queste cose se non le sa lui, per questo l’ho fatto venire su, quel terùn. Mi fa: “Ascolta, perché non dici che la tua fidanzata si chiama Gnésa”?
“Gnésa?” faccio io. “Gnésa” fa lui. “E chi è?” faccio io.”Gnésa”-lui è un bibliofigo- “è quella che quel prete calabrese, Padula*, le guarda il culo quando va a riempire l’orcio alla fonte. E che culo!”
“Ma è calabrese ?” faccio io. E Marcellino: “Ci pensi, Silviuzzu, è calabrisa: ‘u pilu calabrisi, e teniamo contenti i forestali! Diranno: Silviuzzu nustru, ‘u patrunu ‘da Silva, si piglia ‘u pilu nustru, ‘u pilu da Culabbria, autru ca “bungabunga”, cchjù pilu pi’ ttutti, e facimu: “Gnésa-Gnésa”!”

[*Nota dell’Intercettatore: Padula è il prete e storico della Calabria dell’ottocento.]

“Opri la cappelletta der zuffraggio, damo tu’ tocchi, e poi sonàmo a festa”[Belli, CCXXXI] 

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