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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

L' India è senza cappotto


In India fa freddo
Le foto del dicembre rigido nel nord del Paese, dove per le basse temperature sono morte già 130 persone
31 dicembre 2011
Continua l’ondata di freddo e nebbia che negli ultimi giorni ha colpito l’India settentrionale. Temperature basse, nebbia spessa, visibilità anche inferiore ai 50 metri, come nella zona dell’aeroporto Indira Gandhi International. Da ieri più di quaranta voli sono stati ritardati, altri venticinque in arrivo e in partenza dall’aeroporto sono stati cancellati, mentre 17 aerei già in volo sono stati fatti atterrare a Jaipur. Anche il traffico ferroviario nel nord dell’India ha subito parecchi disagi e ritardi. A causa del dicembre rigido di quest’anno, i morti sarebbero oramai più di 130. Le temperature più basse si sono registrate nello stato del Rajasthan (di cui Jaipur è il capoluogo), dove la temperatura minima è scesa sino a 1,6 gradi.



L'India è senza cappotto 
v.s.gaudio
Bombay, entrandoci “provenendo dall’aeroporto dà la sensazione di conoscere un qualche grande corpo penetrandolo dallo sfintere: giacché non v’è dubbio che il lungo itinerario che mi porterà al centro di Bombay, che si trova in periferia, ha attinenza con l’ano e le pudende della città”[i].
A Bombay, sia gloria allo sfintere, qualche mucca magra ed errabonda gironzola per la strada, la temperatura media di gennaio è 23.8 e quella di luglio 27.2.
Non c’è, dunque, bisogno del cappotto.
Se andiamo a Calcutta, nel centro di Calcutta, “un centro astratto, mentale, paradossale” e camminiamo per questo spazio vuoto ma non deserto, lungo chilometri, che separa l’abitato dalla corrente del fiume Hooghly, troviamo tutto: “baracche di venditori ambulanti di cibi, cani, pozzanghere, liquame, una vegetazione anonima e pervasiva, feci; se mai la divinità del colera si è scelta una sede per il suo tempio sempre aperto, deve essere di questa sorte. Si può camminare per quel luogo vuoto fino a non avvertire se non come molto lontani i rumori della città. Calcutta è accampata attorno a un vuoto. “[ii]
La temperatura media va dai 19.6 di gennaio ai 28.9 di luglio: ogni notte dormono sui marciapiedi. E muoiono di pioggia, di fame, di vento, di freddo. “Muoiono alla svelta, senza intralciare il traffico. Sono abituati a morire”. Muoiono di nebbia, adesso, e non intralciano lo stesso il traffico, sono abituati bene. E tuttavia, come dice Manganelli, Calcutta “è tutto fuorché una città mortuaria”[iii].
A Delhi, questa bizzarra capitale che non ha mendicanti, non mucche, non lebbrosi, ordinata, in cui “il clima è dolce, al mattino e alla sera conforta un’aria mite e amica”, Delhi è una città antica: ha reliquie turche, reliquie afghane, corrucciate e poderose. Ci saranno ancora le molte scritte dell’emergenza “lavorate di più, chiacchierate di meno”[iv]?  A 216 metri di altitudine, la temperatura media va dai 14.2 di gennaio ai 31 di luglio.
A Madras, che è una città gradevole, vastissima, ma relativamente meno affollata delle città indiane; ha un amabile lungomare, è perfino una città distensiva, l’Oriente lì esiste, non si oppone, non affronta, non sfida; esiste, ed è intollerabile. La temperatura media va da 24.5 a 31; Madras è una città morbida, qui è la bella e delicata sede della Società Teosofica, qui visse la bizzarra Annie Besant, l’allieva di Madame Blavatsky, Grande Madre dell’esoterismo  europeo, che forse andò a Madras perché non c’era bisogno del cappotto[v].
Per questa nebbia che adesso scende sull’India e l’avvolge, la tiene costantemente bagnata, e anche il freddo, e non c’è, nemmeno una parola con cui difendersi, per quanto forse a Shillong, che sta in alto a 1500 metri, un po’ di freddo sia pur sempre arrivato(la media di gennaio è attorno ai 9.7), e siano stretti tra il Golfo del Bengala e il Mare Arabico, al di qua e al di là del Tropico del Cancro, e tutto è nella Canicola sia a nord che a sud, e per dire “freddo” in sanscrito si dica “hima” che è anche la “stagione fredda” e la “neve”, e anche il “cardamomo” e il “legno di sandalo”, senza dire che “haima”, che è “invernale” o “prodotto dalla neve”, è anche “dorato” e “d’oro”. La nebbia non c’è in sanscrito, c’è “varşa” tra “acqua” e “pioggia”, con la radice “vari” o “var” tanto che “Varanaşi” è il nome della città di Benares e si fa presto a capire perché; “varşa” è la “stagione delle piogge” e il “monsone”. E “varşin” “versa giù”, “distribuisce”. Non c’è “nebbia”, acqua che rimane nell’aria.
Śiśira”, che è l’altro termine per “freddo”, ed è il settimo mese dell’anno, ha alla radice “śis”e “śi”, “lasciare” e “riposare”, “dormire”, “giacere”: ma senza cappotto. Il freddo di “śik” è quello del “piovere in gocce sottili”, “inumidire”, “piovigginare”.
Eppure tra i primi sostantivi, nel dizionario sanscrito formalizzato, troviamo “amśu”, “particella minuta”, da una parte, e dall’altra “ka”, che è “gioia”, “felicità”,”gaudio” ma anche “acqua”.


[i] Giorgio Manganelli, Esperimento con l’India, a cura di Ebe Flamini, Adelphi edizioni, Milano 1992: pag.24.
[ii][ii] Ibidem: pag.97.
[iii] Ibidem:pag.92.
[iv] Ibidem:pag.103.
[v] Va da sé che stando così l’assenza del cappotto, molti francesi e inglesi(che si palleggiano la gloria dell’invenzione del giuoco del biliardo, senza tener conto dei napoletani e dei mantovani, per i quali si addimendava “gioco delle gugole”) non ci vanno in India perché lì non si può “dare” o “fare cappotto”[che è chiudere la partita senza che l’avversario abbia fatto un punto], per quanto non è detto che non facciano girare la palla o non facciano tiri di sponda.