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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

La Poesia Visiva in Italia, 3: Franco Verdi


Alessandro Gaudio


La contiguità tra immagine e parola 
in Franco Verdi

3. Franco Verdi (1934-2009), pur nel suo isolamento e nelle sue
modalità operative semiprivate, – a detta dell’Apicella – avrebbe certamente
rinunciato al disimpegno, al «quieto godimento», al «provvisorio
assaporamento», servendosi efficacemente del mezzo della satira.
È il caso, ad esempio, della sua Poesia gastronomica, fatta da «barattoli
che contengono conchiglie, pezzi di meccanismi, giocattoli di
plastica, materiali fossili, di colori varî e accesi. Si tratta – continua la
semiologa – di comuni barattoli di marmellata, o da sottaceti, chiusi
da un coperchio a scatto e morsa, di una molla di ferro dolce: ma
sono remotissimi dalla pop-art, dai pollastrini artificiali su falsi spiedi,
dalla satira gastronomica al consumismo di serie, che vuole essere
la satira ad un costume e ad una civiltà». Il bersaglio dell’atto derisorio
di Verdi è costituito, piuttosto, dalla poesia come atto disimpegnato,
quella che «non partecipa del tempo, ma si infossa in barattoli, che
diviene gioco, passatempo, tecnica sillabica, preziosismo salottiero»7.
L’azione diretta dell’immagine è surrogata dalla ricchezza linguistica
ed espressiva dell’atto di parola che, dunque, rispetto alla prima, è
metaforico ma, nel modo qui precisato, non meno efficace8.
Verdi confermerà questa posizione all’interno di uno scritto dal
valore programmatico, pubblicato nel 1978 su «Quinta Generazione
», rivista che promosse un dibattito su Realtà e veggenza. I passaggi
più significativi della risposta di Verdi riguardano l’idea di compromissione
che – secondo il poeta – pervade ormai il rapporto tra
arte e critica, la necessità di accordare una funzione preminente
all’espressione e, soprattutto, la connessione tra le condizioni formali
di produzione e il contesto storico-politico9.
Per comprendere pienamente il modo in cui funzionano i processi
simbolici messi in atto dal poeta veronese, credo che valga la
pena insistere sull’assenza di discontinuità tra materia dell’opera e
immagine che caratterizza il suo lavoro, ma anche sulla contiguità
di immagine e parola (e, transitivamente, di parola e materia): si
prefigura, così, un tipo di oggetto che si potrebbe definire attivo, in
quanto è in grado di sollecitare tanto la percezione quanto, grazie a
un continuo processo di deformazione del segno, l’immaginazione
del fruitore: già nel ’67, Verdi aveva sentito come essa fosse insufficiente
e improduttiva nell’uomo di oggi: è quanto il poeta rivelava
nel primo punto di un decalogo, inserito nel catalogo dell’importante
esposizione internazionale di Poesia Visiva, denominata Segni
nello spazio, tenutasi a Castello di San Giusto10. Nel prosieguo del
suo scritto, il poeta veronese si concentrava su alcune contrapposizioni
fondamentali che avrebbero potuto trovare una risoluzione in
seno alla poesia sperimentale: la prima riguarda il conflitto tra le
idee e le relazioni complesse (che non troverebbero spazio nella
nuova poesia) e la concezione divisa dell’Io: «non causalità ma possibilità,
non monologo ma dialogo, non chiusura ma apertura»; la
seconda prevede la fusione (spesso inedita e, dunque, ancora una
volta complessa) di elementi verbali e visuali: il fatto grafico è
costitutivo del discorso poetico; la terza teorizza l’interdisciplinarità
della poesia sperimentale: «poetica, critica, estetica sono momenti
interdipendenti nell’operare artistico»; l’immaginazione (che deve
essere produttiva), nella quarta contrapposizione, è adeguata al tempo
storico e, se opportuno, pronta a rinegoziare i suoi fondamenti11.
È molto evidente negli scritti dei poeti visivi più accorti, e in
quelli di Verdi tra questi, la necessità di non trascurare la dimensione
teoretica del proprio lavoro: essa diviene indispensabile per distinguere,
in seno alla Neoavanguardia, coloro che nelle loro opere
versano un impianto di riflessioni (un criterio preliminare) coerente,
meditato e, dunque, motivato (e di solito ciò avviene in quei poeti
visivi che hanno alle spalle un passato da poeti), da chi invece (e
sono i più), privo di qualsiasi preoccupazione di ordine, propone
semplici imitazioni a un pubblico di critici e di mercanti, il più delle
volte, colpevolmente compiacenti. È quanto rileva lo stesso Verdi in
uno scritto del 1971, ribadendo il ruolo fondamentale che critica,
poetica ed estetica detengono nell’arte d’oggi e prendendo le distanze
dagli epigoni della Poesia Visiva: «per un Petrarca, – lamenta
l’artista – qualche centinaio di petrarcheschi, per un Mallarmé qualche
centinaio di poeti visivi o visuali od altro»12.

 6 Ead., Publit-Eros, in F. Verdi, Waves, Walls, Stripes, Catalogo della mostra
personale tenutasi nel 1982, presso il Centro Verifica 8 + 1 di Venezia-Mestre
(Verona, factotum-art, 1982).
7 Ead., Poemi gastronomici, in ibidem.
8 Su posizioni simili M. D’Ambrosio, Waves, in ibidem.
9 Cfr. F. Verdi, [Risposte al questionario], in «Quinta Generazione», VI (novembre-
dicembre 1978), n. 53-54, pp. 100-106.
10 Id., Sulla poesia sperimentale, in Segni nello spazio, Catalogo edito dall’Azienda
Autonoma di Soggiorno di Trieste per l’esposizione internazionale “Segni
nello spazio” (Castello di San Giusto, 8-31 luglio 1967), p. 15.
11 Cfr. ivi, pp. 15-16.
12 Id., Annotazioni a «Preliminari ad una lettura» di Hans G. Helms e «Notizie sul
testo visivo» di Ferdinand Kriwet e traduzione dei due saggi, «Il Cristallo», XIII
(1971), n. 1, p. 143.
· [da: A. Gaudio, Mai bruciati dalla CosaParole, figure e oggetti dell’inattualità alle origini della poesia visiva in Italia«Critica Letteraria», a. XXXIX, fasc. III, n. 148, settembre 2010, pp. 592-611] ·




Franco Verdi, plop!


Franco Verdi, Il mondo è tutto elasticità(con lettera a
V.S.Gaudio)


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