Pingapa ▌PLUS▼

Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

• Intercettazioni di diario, 3 e 4


enzu' biblot
3
 IL TELEFONINO
(

Il telefonino è mobile e può passare di mano in mano, lo ha scritto pure “il Giornale”; può passare anche di ano in ano, anche se non squilla non si può dire che là non c’è campo. L’ano e la mano, e il telefonino. Telefonano?
Ho letto oggi la “Variante Levinsky alla settima Legge di Newton”: “E’ meglio avere un uccello in bocca che uno in mano”, che, aggiornata, potrebbe costituire la “Variante Bunga Bunga”: “E’ meglio avere un telefonino in mano che uno in ano”. L’importante, ma non è essenziale, è che non squilli. Altrimenti, non si sa chi debba rispondere, la mano o…?

“Opri la cappelletta der zuffraggio, damo tu’ tocchi, e poi sonàmo a festa”
[Belli, CCXXXI] 




enzu' biblot
4

 ’GNÉSA È LA MIA FIDANZATA

E se la mia fidanzata fosse Gnésa?
E’ stato Marcellino, che non è “pirolo” come sembra, a suggerirmelo!
Lui è un “biblologo”, no, come si dice? Un bibliofilo, e queste cose se non le sa lui, per questo l’ho fatto venire su, quel terùn. Mi fa: “Ascolta, perché non dici che la tua fidanzata si chiama Gnésa”?
“Gnésa?” faccio io. “Gnésa” fa lui. “E chi è?” faccio io.”Gnésa”-lui è un bibliofigo- “è quella che quel prete calabrese, Padula*, le guarda il culo quando va a riempire l’orcio alla fonte. E che culo!”
“Ma è calabrese ?” faccio io. E Marcellino: “Ci pensi, Silviuzzu, è calabrisa: ‘u pilu calabrisi, e teniamo contenti i forestali! Diranno: Silviuzzu nustru, ‘u patrunu ‘da Silva, si piglia ‘u pilu nustru, ‘u pilu da Culabbria, autru ca “bungabunga”, cchjù pilu pi’ ttutti, e facimu: “Gnésa-Gnésa”!”

[*Nota dell’Intercettatore: Padula è il prete e storico della Calabria dell’ottocento]

“Opri la cappelletta der zuffraggio, damo tu’ tocchi, e poi sonàmo a festa”
[Belli, CCXXXI]