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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

La posa del caffé e la psicanalisi


La posa del caffé e la caffeina nella Herkunft della mia filosofia 
Lo sviluppo della mia filosofia ebbe origine dalla caffeina, prendendo il caffè rifatto due, tre volte, in modo da ottenere un caffè lento o lentissimo, buono per la zuppa di pane: insomma sono stato tirato su all’americana, nonostante fossi nel più profondo paese dell’imbroglio del sud del mondo; una volta, è questo che ricordo, quella che mi faceva le funzioni di madre, e non so se fosse stata delegata dalla mia vera madre, che se ne stava al nord, e questa che mi faceva la zuppa di caffè rifatto , la posa del caffè, era così che potremmo chiamarla , un giorno , durante una mia convalescenza, quella santa donna, si fa per dire, me ne fece una pinta, ed è stato allora che decisi di dedicarmi non solo alla lettura delle opere dei più profondi pensatori dell’Occidente, una fila di libri che tenevo dietro il bancone di quello che mi fu dato a fare le funzioni del padre, ma decisi anche di darmi anima e corpo alla psicanalisi, non solo freudiana, tanto che, un giorno, presi il treno e andai in città e, pieno di caffeina, fu allora che la libraia, che mi aveva conservato una copia, rifatta, del trattato di Otto Fenichel, sullo scaffale più alto, imprendibile e invisibile, salì sulla scala, per prendere il mio libro, da cui poi sarei finito a chiedermi come mai Parrot stesse a casa di Charcot e intanto Freud, che aveva lo stesso cognome che mi avevano dato, andava alla Salpetrière a seguire le lezioni di Charcot, e, stavo dicendo, salì lassù in alto, e ricordo la mia reazione, identica a quella correlata ad una osservazione luminosa di Kierkegaard: “Questo rapporto che si correla alla propria intrinsecità deve essersi formato in sé, oppure essere stato costituito da un altro”; insomma, la guardavo, lassù la libraia e mi fece venire le lacrime agli occhi. E’ questo che succede, mi dissi, quando, nella fase uretrale, ci dai dentro di brutto con la caffeina, va a finire che l’occhio ti si fa uretrale, e , poi, lei l’ha messo così in alto, mica perché avevo letto Bataille per la faccenda del pondus all’altezza dell’occhio ma, per conservarmelo fino a che un giorno mi sarei deciso a mettermi in viaggio verso quella città grande della Magna Grecia, che, poi, diverrà nota per le gesta belliche di sabotaggio del principe Pignatelli di Cerchiara, che, questo è sicuro, non era cresciuto con la posa del caffè all’americana.
caffeine 031313