Pingapa ▌PLUS▼

Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Bridget T, 7 • Water Pikar



7. Water Pikar
Il water pikar, per il “pikar” della piqûre e del piqueur francese , il “pikar”come bardella dell’esserci è in Bridget T. il wathames-pike[1], questo pervenire all’incanto del suo essere oggetto inesorabile che si specchia nell’ajnos, in una profondità altamente artificiale, somatizzata per il bagliore dell’istinto, che, altrove, è il “bagliore didonico” questa pulsione irrefrenabile del “farsi bagnare”[2].
Il wathames-pike, con cui Bridget T. effettua l’incantesimo di Ajneas, bagliore dell’istinto del farsi bagnare, che è tutto nella macchia, nel bagliore acquatico, che, a ben guardare, è visibilissimo nell’occhio sinistro, da cui la morbida curva del tempo ottunde l’angolo T, tra occhio, naso, linea della gota e riga e "coin" della bocca.
Qui, da Henley on Thames, il wathames-pike di Bridget T., questo bagliore stupefatto, fa acqua e morde, artiglia inseparabile in se stessa e inaccessibile all’analisi; specchio di se stessa e sempre meno se stessa, sempre più artificiale in questa assolutezza anonima del paradigma sentimentale che viene duplicato continuamente come supplemento di artificio che la fa pervenire così all’incanto della Tigre, la Tigre del Thames: in questa vertigine e in questa eclissi, questa macchia-bagliore del suo occhio che si exinscrive come figura dell’Altro.
Qui, da Henley on Thames, il désir ha voglia, curva questo bonheur che, per farvelo vedere, è dalla parte dello sguardo, non dalla parte dell’occhio, è ordinato nelle figure della rappresentazione, ed è vuoto come il significante di deplezione, che Bridget fa scivolare, passare, trasmettere, di scena in scena, se poi non è più lì in tribuna, o sull’argine del Thames, o alla finestra del Little White Hart Hotel, sul fiume, o in treno da London[3] che fa vedere com’è avida, begierig, di Lust, come ha voglia, Begierde, il suo désir, o di foto in foto se c’è una sequenza temporale o più scene raccolte dal fotografo[4].
Perché questa deplezione è specchio del punctum T, che altro non è che il Wathames-pike?
Ma per essere sempre eliso, in questa specularità bagnata in cui si mimetizza fino a che compaia il segno distintivo della macchia, che, avendo una funzione “riconosciuta nella sua autonomia e identificata con quella dello sguardo, possiamo cercarne la linea, il filo, la traccia in tutti i piani della costituzione del mondo nel campo scopico”[5], si va a collegare con quella del senso ottuso, o, meglio, del punctum, del pike perché segnò la preesistenza al visto di un dato-da-vedere [6]come difatti, a ben vedere, è nello sguardo della Tigre che c’è la macchia, un bagliore del Thames, che prefissa la pulsione del farsi bagnare o altrimenti avrebbe potuto essere un oggetto singolare che, trovandosi in scena per caso, si costituisca come un qualcosa che ottunda o sfiori leggermente la linearità della scena, la compattezza della storia, la congruenza semantica del campo visivo.
Hans Bellmer - Aline et Valcour
Dispersione, in ogni caso, come traccia del désir che,apparsa per caso nel mimetismo del desiderio, ha qualcosa del fantasma fallico, che, dimensione parziale nel campo dello sguardo, è, però, sempre, un fantasma anamorfico, che, come dice Lacan, non vedremo mai definirsi in una foto, che altro non è che una trappola da sguardo:
difatti, la macchia non è che lo sguardo in quanto tale, nella sua funzione pulsatile, fluttuante, bagnata.
Il désir, vedete bene dunque, ha con lo sguardo un rapporto complementare con la macchia, perché è “ciò che sfugge sempre alla presa di quella forma di visione che si soddisfa da sé immaginandosi come coscienza”[7]:
si vede vedersi, che, non fatemelo dire, non è dal lato del significante di deplezione, che è à côté come fare, ma da quello del significante di ingrossamento, che è de son côté come farsi fare.
Lo sguardo, in questa foto che vedo dopo 20 anni, perché si vede vedersi il godimento, è verso l’obiettivo che si sta ascoltando la musica, perché la jouissance è come ogni figura femminile di Hans Bellmer, in cui l’oggetto a, che è lo sguardo, è il fallo che, lì all’Henley Regatta, la sta riempiendo nella misura in cui il significante di deplezione del suo désir la sta simultaneamente vuotando.
L’oggetto a, lo sguardo, è come una delle grandi dimensioni del segno, quella in cui può essere letto in sé come una totalità di significanze, come una essenza, o, meglio, come una assenza, poiché il segno, e perciò lo sguardo, l’oggetto a, designa ciò che non è là.
L’oggetto a, lo sguardo del fallo, è sempre indicato da questa macchia, che fa da freccia, che ritorna verso il soggetto perché è il suo farsi vedere e che, nella foto, per il contrappunto che sta suonando, si converte in farsi sentire, che, come dice Lacan, va sempre verso l’altro:
la pulsione scopica commuta il “guardarsi nel suo membro sessuale”, che è sempre estraneo perciò è stupefatto lo sguardo, con l’ascoltare nel proprio sesso il contrappunto che quel membro, dell’estraneo, le sta suonando.
Lo sguardo è il tragitto del desiderio che arriva a destinazione, quando dall’iniziale farsi vedere, si arriva a farsi bagnare dopo aver passato per il farsi sentire: che è, in Bridget T., fatto di macchioline, efelidi della felide del Thames, che tracciano, rigano, il prato sotto l’occhio, impregnazione del suo désir incolmabile, rigatura o tigratura di un tragitto che rendendo inesorabile lo sguardo, sempre più tigrato, selvaggio di una crudeltà libidica assoluta, seduce per l’irredentismo folgorante dell’oggetto ajnico che Bridget T. è.
L’artiglio di Tigre è un segno a forma di piccola linea curva tracciata sul petto, che il poeta ha sulla parte sinistra per un taglio che accidentalmente si fece fanciullo: questo graffio segna l’incantesimo del Wathames-pike che il poeta declinerà.
Nell’ultima settimana luminosa dell’incantesimo, è l’ombelico la parte del corpo che, secondo il Kama Shastra,va colpito dolcemente con la mano aperta per poi, il giorno dopo, prendere, premere e battere le natiche e al 5° giorno strofinare con il lingam lo yoni di Bridget fino a chiudere il ciclo premendo e dando colpetti al ginocchio, al polpaccio, al piede, all’alluce fino al novilunio di luglio, in cui, al primo giorno, e sarà giornata di regata a Henley, sarà la testa di Bridget accarezzata con la punta delle dita e con la testa del fallo.
Che il leone e la tigre svolgano nelle civiltà tropicali ed equatoriali quasi la stessa funzione del lampo, com’è convinzione di Gilbert Durand, è fuor di dubbio, ma come possa una londinese farsi cavalcatura di Durga,terribile,immensa e sfolgorante come il disco di Visnù, è possibile solo dedurlo dal fatto che i simboli teriomorfi appartengano al regime diurno dell’immaginario, quello che ha come schema verbale separare e distinguere e come categoria del gioco la spada, l’arma eroica annessa all’occhio del padre.
La Tigre, o la Leonessa, per l’etimologia di leo connessa a slei, «sbranare« che si ritrova nello slizam,  “fendere”, del vecchio tedesco, è questo animale terribile appartenente al cronos astrale:l’incanto del Wathames che avviene con Mercurio e Venere all’inizio del Leone, ascendente del Poeta, segno del sole che è, allo stesso tempo, leone e divorato dal Leone: ”questo animale divorante il sole, questo sole divorante e tenebroso ci sembra essere parente stretto del Cronos greco, simbolo dell’instabilità del tempo distruttore”[8].
Questa oscura luce fa pensare al sole nero cinese Ho, che si connette al principio Yin, all’elemento notturno, femminile, umido e paradossalmente lunare: qui, tra la luce diurna della Tigre e l’oscura luce del Thames, il punctum T., colui che fa entrare e uscire, cioè il grande mutamento, il tempo, il tenebroso, che va attraversato con i tre tempi della palata: che, come disse la Ragazza Oscura(Fol.26/10 HNL,cfr.Fang-Pi-Shu) va azionata nella seconda posizione che si chiama il “Passo della Tigre”, in cui Bridget T. è a quattro mani, col sedere sollevato e la testa con la paglietta chinata; il Poeta si inginocchia dietro di lei e la tiene per la vita; poi,introduce lo Stelo di Giada nel Punto Centrale; è importante che egli, come nell’Attacco,penetri verticalmente per 30 centimetri sino in fondo e che si muova con una rapida successione dei movimenti, alternando 5 colpi superficiali con 8 colpi profondi, doppiando per ottenere la cadenza dei 26 colpi: il giusto ritmo si stabilirà da sé in tanto che la vagina di Bridget T. si contrarrà e si distenderà alternativamente e quando avrà abbondanti secrezioni si aumenterà il numero delle palate per il serrate dei 46 colpi nella passata nell’acqua di T.
Dopo ogni gruppo di movimenti inerenti ai due tempi, nel terzo tempo si effettuerà la levata sbattendo ogni volta il remo nella gora per almeno 23 volte. Quindi, la ripresa, essendo la levata in gora il nuovo attacco alla Tigre.
Per il maestro Tung-hSüan questa è la posizione della “Tigre Bianca che salta”.






[1] Per il Pikë, l’Heimlich articolato della clandestinità, vedi: V.S.Gaudio, Aurélia Myslimane Gurgur, Aurélia Steiner de Durrës, in : V.S.Gaudio, Aurélia Steiner 2, © 2005.
[2] Per il bagliore didonico, questo “bagliore selvaggio stupefatto e impotente” di Dido, e per Ajneas, l’enigma, che si fa analemma per come il suo punto H , il suo Heimlich, fa pulsare l’ aeneus della seduzione, vedi : V.S.Gaudio, Aurélia Didou Rocher,Aurélia Steiner de Tunis, in : V.S.Gaudio, Aurélia Steiner 2, © 2005.
[3] O nel  camposanto di St Mary the Virgin con la schiena appoggiata ad una lapide, durante l’angelus dl tè(il time out for tea).
[4] Cfr.V.S.Gaudio, Il terzo senso fotografico. L’immagine seducente,©2003.
[5] Jacques Lacan, Il seminario,Libro XI,I quattro concetti fondamentali della psicanalisi, trad.it. Einaudi,Torino 1979: pag.76.
[6] Ibidem.
[7] Jacques Lacan, ibidem.
[8] Gilbert Durand,Le strutture antropologiche dell’immaginario,trad.it. Dedalo,Bari 1972:pag.79.

Hans Bellmer
"L'oggetto a la sta riempiendo nella misura   in cui il significante di deplezione
del suo désir la sta simultaneamente svuotando"