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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

Il punctum vs la macchia ●

mianonnadellozen
(Tensa immovil)
La macchia del désir
Il désir, per farvelo sentire, si costituisce attraverso la visione nel nostro rapporto con le cose, è dalla parte dello sguardo, non dalla parte dell’occhio,badate bene, ed è ordinato nelle figure della rappresentazione, è vuoto come il significante di deplezione,che,in una scena,lo fa scivolare, passare,trasmettere, o di scena in scena, di foto in foto se c’è una sequenza temporale o più scene.
Perché ha la stessa deplezione del punctum? Ma per essere sempre eliso.Per questo,in qualche misura,si mimetizza. Fino a quando,cioè,compare il segno distintivo della macchia .Che ha una funzione «riconosciuta nella sua autonomia e identificata con quella dello sguardo,possiamo cercarne la linea,il filo,la traccia in tutti i piani della costituzione del mondo nel campo scopico».
La funzione,il segno distintivo della macchia, va a collegarsi con quella del senso ottuso,o,meglio,del punctum: «perché segna la preesistenza al visto di un dato-da-vedere».
Altrimenti,la macchia potrebbe essere un oggetto singolare che,trovandosi in scena per caso, si costituisca come un qualcosa che ottunda o sfiori leggermente la linearità della scena,la compattezza della storia,la congruenza semantica del campo visivo.
Nel caso della foto “Tensa immovil”, la macchia potrebbe essere anche quel pezzo di plastica che pare che fluttui accanto al personaggio femminile,o che con quella grazia ellittica la sua mano destra pare che disperga come traccia del désir,ma che,se osservate bene,è,invece,per terra tra l’erba,è “macchia del verde”, “macchia del prato”, e dell’uniforme.
La macchia,così,apparsa per caso nel mimetismo del desiderio,ha qualcosa del fantasma fallico,che,dimensione parziale nel campo dello sguardo,è,però,sempre, un fantasma anamorfico,che,come dice Lacan, non vedremo mai disegnarsi in un quadro,o in una foto,che altro non è che una trappola da sguardo:difatti,la macchia non è che lo sguardo in quanto tale, nella sua funzione pulsatile,fluttuante,com’è,appunto,in questa foto.
(da: v.s.gaudio, il terzo senso fotografico.l’immagine seducente)