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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

La posa del caffé e la psicanalisi, 4


L’invulnerabilità e la posa del caffè
Quando, negli anni cinquanta, mi si avviò all’uso quotidiano della posa del caffè, non avrei mai potuto immaginare che un giorno – per questa e da questa posa del caffè – la Audrey Hepburn degli stessi anni cinquanta sarebbe poi divenuta, inesorabile e irredenta, uno dei miei più assidui oggetti a. Il corpo dell’uomo è nudo ed esposto a pericoli, soggetto nella sua fragilità a ogni aggressione: figuriamoci Audrey, in cui non solo spada, lancia e freccia possono penetrare nel suo corpo, ma anche il fallo e, allora, se l’uomo ha inventato scudo e armatura – è questo che scrive Elias Canetti -  e ha costruito intorno a sé mura e intere fortezze, volendo infine conseguire, questo desidera l’uomo, solo e soltanto invulnerabilità, Audrey , tutta dentro il suo paradigma di sopravvivenza, e dentro questo paradigma sentirsi eletta come immagine e quindi sapersi sopravvissuta, percorre la via del poeta , non dell’eroe, che , cresciuto a tazze di posa del caffè, è al suo meridiano che la riconosce per come era quando lui beveva quel caffè in pose infinite, ed era semplicemente un fanciullo ed ora che la rivede come un angelus che passa al meridiano del suo oggetto a, non sta lì a domandarsi se fosse dunque nell’orbita di Dalì, ma , è questo che capisce il poeta, non è che la sua invulnerabilità così irredenta e fragile, così penetrabile, che gli stringe, gli rinserra il suo (-φ), con la posa del caffè, che stabilisce d’un colpo quale sia l’armatura salda grazie a cui si potrà chiedere al poeta: “Tu sei il poeta, e ti si chiama visionatore. Quali segni di fragilità e di invulnerabilità rechi nella tua mano?” E il poeta, un po’ come fece Genghiz khan a uno dei più vecchi e fedeli compagni, questo risponde: “Prima di ascendere al meridiano del mio oggetto a, Audrey Hepburn, con il suo paradigma fragile degli anni della mia fanciullezza, se ne andava in giro a cavallo di una lambretta per le vie di Roma; io, intanto, che ho conosciuto la via della posa del caffè, ho tratto molte volte la spada non solo al passaggio di un ponte e Dio sa quante frecce lanciarono su di me i miei nemici e neppure una mi ferì, mentre io cavalcai mille e mille volte tanto attorno al mio meridiano con le immagini del  mio oggetto a a fronteggiarmi il (-φ); ora, che sono ritornato, e questo ho visto bevendo la posa del caffè, quante volte ho penetrato e abbattuto il mio oggetto a, alcuni con sei cavalli, tanto che questi senza padroni vagarono intorno a me fintanto che fui costretto a menarli con me, la primavera quando arrivò ed era maggio, che è anche il mese del gaudio, fu così che rese irredenta la vulnerabilità e la posa del caffè dell’oggetto a A.H.”


L'invulnerabilità di Audrey Hepburn
negli anni della posa del caffè