L’invulnerabilità
e la posa del caffè
Quando, negli anni cinquanta, mi si
avviò all’uso quotidiano della posa del caffè, non avrei mai potuto immaginare che
un giorno – per questa e da questa posa del caffè – la Audrey Hepburn degli
stessi anni cinquanta sarebbe poi divenuta, inesorabile e irredenta, uno dei
miei più assidui oggetti a. Il corpo
dell’uomo è nudo ed esposto a pericoli, soggetto nella sua fragilità a ogni
aggressione: figuriamoci Audrey, in cui non solo spada, lancia e freccia
possono penetrare nel suo corpo, ma anche il fallo e, allora, se l’uomo ha
inventato scudo e armatura – è questo che scrive Elias Canetti - e ha costruito intorno a sé mura e intere
fortezze, volendo infine conseguire, questo desidera l’uomo, solo e soltanto
invulnerabilità, Audrey , tutta dentro il suo paradigma di sopravvivenza, e
dentro questo paradigma sentirsi eletta come immagine e quindi sapersi sopravvissuta,
percorre la via del poeta , non dell’eroe, che , cresciuto a tazze di posa del caffè,
è al suo meridiano che la riconosce per come era quando lui beveva quel caffè in
pose infinite, ed era semplicemente un fanciullo ed ora che la rivede come un
angelus che passa al meridiano del suo oggetto a, non sta lì a
domandarsi se fosse dunque nell’orbita di Dalì, ma , è questo che capisce il
poeta, non è che la sua invulnerabilità così irredenta e fragile, così
penetrabile, che gli stringe, gli rinserra il suo (-φ), con la posa del caffè,
che stabilisce d’un colpo quale sia l’armatura salda grazie a cui si potrà
chiedere al poeta: “Tu sei il poeta, e ti si chiama visionatore. Quali segni di
fragilità e di invulnerabilità rechi nella tua mano?” E il poeta, un po’ come
fece Genghiz khan a uno dei più vecchi e fedeli compagni, questo risponde: “Prima
di ascendere al meridiano del mio oggetto a,
Audrey Hepburn, con il suo paradigma fragile degli anni della mia fanciullezza,
se ne andava in giro a cavallo di una lambretta per le vie di Roma; io,
intanto, che ho conosciuto la via della posa del caffè, ho tratto molte volte
la spada non solo al passaggio di un ponte e Dio sa quante frecce lanciarono su
di me i miei nemici e neppure una mi ferì, mentre io cavalcai mille e mille
volte tanto attorno al mio meridiano con le immagini del mio oggetto a a fronteggiarmi il (-φ);
ora, che sono ritornato, e questo ho visto bevendo la posa del caffè, quante
volte ho penetrato e abbattuto il mio oggetto a, alcuni con sei
cavalli, tanto che questi senza padroni vagarono intorno a me fintanto che fui
costretto a menarli con me, la primavera quando arrivò ed era maggio, che è
anche il mese del gaudio, fu così che rese irredenta la vulnerabilità e la posa
del caffè dell’oggetto a A.H.”
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L'invulnerabilità di Audrey Hepburn
negli anni della posa del caffè |