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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

░ La posa del caffè e la psicanalisi , 6

La posa del caffè e la posa di Pallade nell’aranceto di mia nonna dello Zen

Pallade prima che  faccia la posa

Vanno ancora le ragazze e i ragazzi  a bere la coca cola, dopo la scuola, anche a settembre o nell’aranceto di mia nonna a fare petting e lì non ci sono nocciole da raccogliere non come nel pantano dove c’era un alberetto  e già ad agosto si cominciava a raccoglierle le nocciole da terra e quante volte quella faceva la giumenta di compare Pietro senza che il poeta potesse smettere di leggere e le ragazze e i ragazzi che ridevano quando il sole era basso  e ad occidente da lì l’aria era frizzante e ancora non c’era l’odore autunnale del fumo, tanto è vero che la quercia, a volerla vedere, era nel boschetto a est che dovevi attraversare dopo aver attraversato la ferrovia e lì non avevamo mai visto una ghianda, anche raccogliendo le pigne quella donna mostrava l’arco ogivale, dopo aver scelto la posizione giusta, dritta e fenomenale , la testa a ovest e il culo a est nell’occhio del poeta, e fu così che entrò anche lei nel paradigma non della gazzosa ma della posa del caffè, che è speculare alle acque tranquille, agli antichi frutteti, all’aranceto di mia nonna, e alle lunghe eterne pisciate fatte sulla sua erba che si fa nel taglio obliquo del sole che sta scendendo bagliore didonico o ainico per come brilla e non è una stella nel cielo più blu, chi fu quel poeta che disse che nel giardino i corpi si trasformano in erba che non nutre il gregge e in sempreverdi che non generano frutti, lungo i sentieri in ombra, dietro quel che fu il pollaio possiamo sentire sospiri vani e ancora più vani sogni e vedere come un fantasma è spruzzato verso l’albero delle mele, dio, come l’ha amato, curato e potato con le sue mani mia nonna dello Zen  per molti, molti anni, seppur non fosse un arancio, seppur alcuni giorni la posa del caffè non sarebbe bastata per farla arrivare all’angelus del tramonto e così entrare nel suo ciclo chimico, nel terreno e nella polpa dell’albero e ,dio, quante volte avrà goduto quella donna urinando nello spazio prediletto tra l’albero dei diospiri, il limone, il melo e il pollaio, e quanti epitaffi delle mele e della linfa del diospiro avrà scritto su quell’erba già bagnata! La posa del caffè che ritrovi, poi, alla sera e la mula che nello stesso spazio uretrale di mia nonna dello Zen deponeva tutto quanto, nel ciclo chimico circadiano, è la sostanza solida,
un po’ come il tramonto, e ci si  mette a ovest, con il podice a ovest a farla, pensando che avresti voluto che le mele fossero state non solo più grosse ma rosse, e non c’è nessun segnale da nord, né l’occhio di una guardia, intanto che lontano s’era sentito il canto di un gallo e la campana dell’angelus al soffio del vento, che, per quanto nell’aranceto non avrebbe mai potuto sorprenderti, capivi che era levante, o forse quel mezzo vento tra tramontana e levante che, per portare il suono della campana, così dev’essere, e all’improvviso ti dici che in cielo non ci sono matrimoni né calendari né, questo mi venne da pensare, sarà mai possibile che il figlio di quel carrettiere possa essere mandato a studiare all’università di Napoli medicina o l’ipotenusa della bisaccia che è la misura agraria palermitana, tanto per tenerci dentro, lapsus dell’inconscio collettivo, il banditismo di Salvatore Giuliano e i crimini di guerra del principe nero di Cerchiara, e allora sono tornato a casa con la posa della mula e una voglia indicibile di posa del caffè, la geometria radicale di chi , in quel preciso momento sa come disporsi perché lei divenga Pallade nell’occhio del poeta che non potrà mai guardare  in tutta la pienezza dell’ostensione perché altrimenti il bagliore didonico lo accecherà come  Tiresia, ovvero avendo l’ ostensione fulminato il suo desiderio in quel momento non potrà, poi, il poeta,  deliziarsi l’animo del podice della mula lungo la posa del caffè che infinita lo attende il mattino dopo. E gli altri mattini quando e fin quando quell’oggetto a, che è Pallade che fa la posa, continuerà a passare al meridiano del visionatore della posa del caffè e della posa di Pallade.
Druuna, più di ogni altra, sarebbe
la Pallade che fa la posa solida:
Palladruula 
è l'archetipo
del podice della mula
e di Pallade che fa la posa della mula
?