Ettore Bonessio
di terzet
Il realismo
astratto di Loredana Cerveglieri
L’arte è nell’evidenza.
Possiamo soltanto parlarne
attorno (de arte), lambirne il territorio, cercare e tentare di avvicinarsi a
questa dimensione dello spirito e dell’intelligenza, nella speranza di fare più
luce a noi stessi che agli altri, i destinatari di una ricerca riservata,
esoterica quasi.
Può anche non interessare il
risultato di tale ricerca, in quanto alla fine del discorso che stiamo
iniziando, si vedrà quanto poco messaggio esiste e con quanto
di significato universale si dovranno fare i conti, quei conti
che diventano personali, mai individualistici, conti che contano per la singola
persona e che ogni singolarità dirà o non dirà di dover fare. A se stesso.
E’ una questione di etica,
alla fine, questa indagine estetica, forse di “filosofia dell’arte “ sull’arte,
che parte dalla constatazione che un’opera d’arte è una sintesi di interno ed
esterno, una sintesi tra una parte superficiale ed una parte profonda, di una
visibilità e di una invisibilità.
Sintesi tra realtà e fantasia.
Senza porre tempo nel mezzo,
diciamo subito che la parte visibile è riferibile al senso, all’atmosfera che
un’opera d’arte produce, alla sua esteriorizzazione, materiale e sensibile, al
suo darsi nel mondo delle cose, in quanto anch’essa cosa.
Il realismo.
Esiste, d’altro canto, una
parte invisibile dell’opera d’arte che si lega al significato, meno portato ad
esteriorizzarsi, che compete più all’intelligenza razionale che alla
sensibilità.
L’astrazione.
Sintesi quella che abbiamo
sostenuto, confermata dalle mele di Cézanne, dalle bagnanti di Picasso, dalle
odalische di Matisse, dalle bottiglie di de Staël, dalle scatole e dai disegni di
Duchamp.
(…)
L’artista sa che l’autentica
testimonianza dell’opera è iniziata da quando si è ritrovato in una dimensione
per la quale ha veduto l’opera come altro da sé e la
riconosciuta come significato di verità. Ma essendo ente, l’artista può cedere
alla fenomenicità, lasciando scoperta la costola originaria che dice
dell’immaterialità, dell’invisibilità, dell’energia, rimandi linguistici della
“sostanza”.
Se cede, l’artista si lascia,
abdica al suo dono, alla sua vocazione e inizia a raccontarsi menzogne, ovvero
non si riconosce più come ente verso l’essere, verso la creazione e inizia la
ripetizione del modello artistico da lui stesso formato. Inizia ad imitare
questo modello. Inizia a imitarsi e, al massimo, se il talento è ancora sano,
si avvia al manierismo come Picasso e l’ultimo Michelangelo.
Non sente più stimoli per
cambiare le coordinate del personale disegno, creando nuovi segni quindi nuove
varianti di medesima ricerca senza sfociare, ovviamente, nelle effimere trovate
tecniche, i giochetti “stupefacenti”, alla moda per nascondere la sostanziale
mancanza di idee.
L’artista che si imita diventa
un semplice portatore di messaggi storico-sociologici, un artigiano di ottimo
livello e con grande consenso, ma senza più vitalità e vita. Men che meno
poeticità.
Grande sfida questa che
l’artista autentico non può perdere e non desidera, preferendo piuttosto il
rischio di non più dire o di stare “discosto”, seguendo la grande lezione di
Rimbaud e di Duchamp.
Che cosa sono il visibile e
l’invisibile di cui abbiamo detto, sono legati o no alla realtà e alla
fantasia, quindi all’esterno e all’interno niciano?
Loredana Cerveglieri li pensa
sinonimi, semantizzazioni di sentimenti presenti da sempre nell’uomo, ha
elaborato alcune idee sulla pittura ponendo in relazione le espressioni
artistiche, soprattutto di Klee Kandinskij Dubuffet, con le espressioni dei
bambini. In entrambi troviamo una sintesi tra realtà e fantasia, tra realismo
ed astrazione, ma negli artisti astratti il dato di realtà è talmente
trasfigurato dalla cultura dalla mente e dalla ricerca di nuove espressioni da
non essere più ritrovabile.
Negli artisti come nei bambini
troviamo passione, impegno e consapevolezza.
Nei ragazzi che hanno passione
per il disegno e la pittura l’esecuzione rimane sempre realista: quel che noi
“grandi” chiamiamo scarabocchio o ghirigoro è una casa e non un’astrazione,
tanto meno una incapacità rappresentativa; quella figura ha le gambe dislocate
in un certo modo perché il bambino vede così la figura in movimento. Al
contrario, negli artisti “i ghirigori “ sono volutamente e consapevolmente
astratti. In entrambi i gruppi la passione è al massimo come l’impegno del
bambino per essere “dentro” la realtà, per l’artista per essere coerente con il
discorso astratto che sta facendo. L’artista una volta terminata un’opera è
consapevole del suo valore, della sua validità o meno e da questa
consapevolezza riparte per continuare il suo operare artistico, verso l’opera
successiva. Nel bambino non sussiste consapevole critica di quello che ha fatto
e quando deve riprendere a disegnare e dipingere ricomincia ex novo. Il bambino
riprende sempre daccapo, senza movimenti mentali ed in ciò la genuinità e
l’ingenuità che tanti artisti, come sappiamo, ricercano.
Anche il tempo e lo spazio
sono strettamente connessi sia nell’artista che nel bambino, esiste lo
spaziotempo per tutti e due, con una netta prevalenza di valorizzazione dello
spazio da parte del secondo, mentre per l’artista spaziotempo convivono
ponderatamente.
L’artista sa che deve avvalersi
di “illusioni” per dare, ad esempio, il senso della profondità, mentre bambino
non si comporta in eguale modo. Egli dipinge e disegna fortemente preso
dall’oggetto materiale che trasferisce sul supporto cercando la massima
adeguazione.
Queste, in sommi capi, la differenze
e le somiglianze del modo di lavorare dei bambini e degli artisti. Da questo la
Cerveglieri propone alla pittura di essere realista astratta, di
partire da un oggetto della realtà sensibile, per giungere ad una sua
“deformazione per essenzialità”. Tra la realtà e la fantasia (che non è
fantasticheria, immaginazione o peggio fantasma - Baudelaire) scatta una
saldatura che innalza l’oggetto di realtà a simbolo comunque capibile, sempre
comprensibile, senza opposizioni o paradossi con il mondo sensibile.
Dalla realtà al reale.
Il realismo astratto che la
Cerveglieri ha attuato negli affreschi della scuola elementare di Bettale di
Alessandria e all’interno dell’Ospedale Infantile di Alessandria ha raggiunto
livelli di alta qualità con risultati che stimolano a superare le banali e
viziose proposte e le baruffe critiche ferme ancora alla inesistente
post-modernità.