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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Ettore Bonessio di Terzet ▒ Il realismo astratto di Loredana Cerveglieri al Boscoblu


Ettore Bonessio di terzet
Il realismo astratto di Loredana Cerveglieri
 L’arte è nell’evidenza.
 Possiamo soltanto parlarne attorno (de arte), lambirne il territorio, cercare e tentare di avvicinarsi a questa dimensione dello spirito e dell’intelligenza, nella speranza di fare più luce a noi stessi che agli altri, i destinatari di una ricerca riservata, esoterica quasi.
Può anche non interessare il risultato di tale ricerca, in quanto alla fine del discorso che stiamo iniziando, si vedrà quanto poco messaggio esiste e con quanto di significato universale si dovranno fare i conti, quei conti che diventano personali, mai individualistici, conti che contano per la singola persona e che ogni singolarità dirà o non dirà di dover fare. A se stesso.
E’ una questione di etica, alla fine, questa indagine estetica, forse di “filosofia dell’arte “ sull’arte, che parte dalla constatazione che un’opera d’arte è una sintesi di interno ed esterno, una sintesi tra una parte superficiale ed una parte profonda, di una visibilità e di una invisibilità.
Sintesi tra realtà e fantasia.
Senza porre tempo nel mezzo, diciamo subito che la parte visibile è riferibile al senso, all’atmosfera che un’opera d’arte produce, alla sua esteriorizzazione, materiale e sensibile, al suo darsi nel mondo delle cose, in quanto anch’essa cosa.
Il realismo.
Esiste, d’altro canto, una parte invisibile dell’opera d’arte che si lega al significato, meno portato ad esteriorizzarsi, che compete più all’intelligenza razionale che alla sensibilità.
L’astrazione.
Sintesi quella che abbiamo sostenuto, confermata dalle mele di Cézanne, dalle bagnanti di Picasso, dalle odalische di Matisse, dalle bottiglie di de Staël, dalle scatole e dai disegni di Duchamp.
(…)
L’artista sa che l’autentica testimonianza dell’opera è iniziata da quando si è ritrovato in una dimensione per la quale ha veduto l’opera come altro da sé e la riconosciuta come significato di verità. Ma essendo ente, l’artista può cedere alla fenomenicità, lasciando scoperta la costola originaria che dice dell’immaterialità, dell’invisibilità, dell’energia, rimandi linguistici della “sostanza”.
Se cede, l’artista si lascia, abdica al suo dono, alla sua vocazione e inizia a raccontarsi menzogne, ovvero non si riconosce più come ente verso l’essere, verso la creazione e inizia la ripetizione del modello artistico da lui stesso formato. Inizia ad imitare questo modello. Inizia a imitarsi e, al massimo, se il talento è ancora sano, si avvia al manierismo come Picasso e l’ultimo Michelangelo.
Non sente più stimoli per cambiare le coordinate del personale disegno, creando nuovi segni quindi nuove varianti di medesima ricerca senza sfociare, ovviamente, nelle effimere trovate tecniche, i giochetti “stupefacenti”, alla moda per nascondere la sostanziale mancanza di idee.
L’artista che si imita diventa un semplice portatore di messaggi storico-sociologici, un artigiano di ottimo livello e con grande consenso, ma senza più vitalità e vita. Men che meno poeticità.
Grande sfida questa che l’artista autentico non può perdere e non desidera, preferendo piuttosto il rischio di non più dire o di stare “discosto”, seguendo la grande lezione di Rimbaud e di Duchamp.
Che cosa sono il visibile e l’invisibile di cui abbiamo detto, sono legati o no alla realtà e alla fantasia, quindi all’esterno e all’interno niciano?
Loredana Cerveglieri li pensa sinonimi, semantizzazioni di sentimenti presenti da sempre nell’uomo, ha elaborato alcune idee sulla pittura ponendo in relazione le espressioni artistiche, soprattutto di Klee Kandinskij Dubuffet, con le espressioni dei bambini. In entrambi troviamo una sintesi tra realtà e fantasia, tra realismo ed astrazione, ma negli artisti astratti il dato di realtà è talmente trasfigurato dalla cultura dalla mente e dalla ricerca di nuove espressioni da non essere più ritrovabile.
Negli artisti come nei bambini troviamo passione, impegno e consapevolezza.
Nei ragazzi che hanno passione per il disegno e la pittura l’esecuzione rimane sempre realista: quel che noi “grandi” chiamiamo scarabocchio o ghirigoro è una casa e non un’astrazione, tanto meno una incapacità rappresentativa; quella figura ha le gambe dislocate in un certo modo perché il bambino vede così la figura in movimento. Al contrario, negli artisti “i ghirigori “ sono volutamente e consapevolmente astratti. In entrambi i gruppi la passione è al massimo come l’impegno del bambino per essere “dentro” la realtà, per l’artista per essere coerente con il discorso astratto che sta facendo. L’artista una volta terminata un’opera è consapevole del suo valore, della sua validità o meno e da questa consapevolezza riparte per continuare il suo operare artistico, verso l’opera successiva. Nel bambino non sussiste consapevole critica di quello che ha fatto e quando deve riprendere a disegnare e dipingere ricomincia ex novo. Il bambino riprende sempre daccapo, senza movimenti mentali ed in ciò la genuinità e l’ingenuità che tanti artisti, come sappiamo, ricercano.
Anche il tempo e lo spazio sono strettamente connessi sia nell’artista che nel bambino, esiste lo spaziotempo per tutti e due, con una netta prevalenza di valorizzazione dello spazio da parte del secondo, mentre per l’artista spaziotempo convivono ponderatamente.
L’artista sa che deve avvalersi di “illusioni” per dare, ad esempio, il senso della profondità, mentre bambino non si comporta in eguale modo. Egli dipinge e disegna fortemente preso dall’oggetto materiale che trasferisce sul supporto cercando la massima adeguazione.
Queste, in sommi capi, la differenze e le somiglianze del modo di lavorare dei bambini e degli artisti. Da questo la Cerveglieri propone alla pittura di essere realista astratta, di partire da un oggetto della realtà sensibile, per giungere ad una sua “deformazione per essenzialità”. Tra la realtà e la fantasia (che non è fantasticheria, immaginazione o peggio fantasma - Baudelaire) scatta una saldatura che innalza l’oggetto di realtà a simbolo comunque capibile, sempre comprensibile, senza opposizioni o paradossi con il mondo sensibile.
Dalla realtà al reale.
Il realismo astratto che la Cerveglieri ha attuato negli affreschi della scuola elementare di Bettale di Alessandria e all’interno dell’Ospedale Infantile di Alessandria ha raggiunto livelli di alta qualità con risultati che stimolano a superare le banali e viziose proposte e le baruffe critiche ferme ancora alla inesistente post-modernità.