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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

La posa del caffè e la psicanalisi ▐ 12


Quello de La mosca fenocopica di Barthes, che è la parte iniziale di Sindromi Stilistiche (Forum QG 1978), e la mosca è già nel primo testo, del 10 gennaio 1974, morta, sul nome di Barthes, è stato un caso  paradigmatico della “posa del caffè e la psicanalisi”: intanto è un doppio archetipo, sostantivo ed epiteto, quasi con uno schema verbale per quanto immobile e gelido. Venne, mi sembra a Torino, un letterato a dirmi, in un reading di poesia non so dove, che era stato preso dalla mia “mosca fenocopica di Barthes” di cui aveva letto in un numero di “Tuttolibri”, che, all’epoca, usciva autonomo e non come supplemento de “La Stampa”; il fatto è che quel numero di “Tuttolibri” il poeta non è mai riuscito a scovarlo: era dunque una copia del diavolo quella letta dal tal letterato o, semplicemente, essendo dentro la temporalità della posa del caffè e della miscela Leone sabauda, era come l’oggetto “a”, che è sempre invisibile a chi lo guarda dall’esterno ma che, dentro la libido del visionatore, proprio nel momento più denso della sua invisibilità sta facendo passaggi intensivi e perversi al meridiano di chi lo dondola?
La posa del caffè e la psicanalisi, 12 
▐ La mosca fenocopica di Barthes, la Mouche di Beckett, la copia del diavolo e l’apparizione di Sandra Alexis
In questi giorni, sto rileggendo spesso , tra le Poesie in francese 1937-39 di Samuel Beckett, La Mouche, così un semplice archetipo-sostantivo: entre la scène et moi/la vitre/ vide sauf elle, anche questa “ventre à terre”, ferma, ma non morta, sotto il pollice, la mosca fa rovesciare la mer et le ciel serein; e la mia mosca era pur’essa nel mare, per via di S.Pierre, l’isola di cui non restava che una statua di donna: senza traccia, la parola cancellata/transfert di amnesie,/ su scale senza fine, la durata, il fenomeno demiurgico/al disopra del testo/ ancora sui geni, la mutazione, diremo/come in avanti è necessaria nell’habitat/che niente è del caso/ l’espressione/che segna qualcosa, che è sequenza di suoni,/è chiusa/nell’estensione dell’essere, l’equazione depositata/appunto su Barthes la mosca gela,/lì/trovata, solitaria verticalmente appiccicata/mosca non di una storia/mitica, la sua solitudine delle profondità/l’allusione[i]. E poi ritorna l’archetipo-sostantivo come “mosca in economia sfinita, ridotta in silenzio” in un altro testo di quella sezione di Sindromi Stilistiche.
I poeti non esistono, o sono invisibili; le mosche no; come quel “Tuttolibri” che non fu trovato nemmeno in una capillare ricerca fatta all’emeroteca della Biblioteca Civica di Mantova, c’erano con il poeta, a sostenerlo nella ricerca, mi ricordo, Alberto Cappi e, forse, Frediano Sessi.
La mosca, forse è questo il senso che viene dalla posa del caffè, questa mosca fenocopica è come il “pesce tipografico”, la parola mancante, che, spesso, attraversa invisibile e non si stampa nelle copie del diavolo, che, è risaputo, non è per la posa del caffè, che richiede tempo e il diavolo, per quanto sia diabolicamente saturnino, non sa aspettare, per esempio si narra che, quando vidi il passo di Sandra Alexis in via Micca a Torino, il diavolo, stanco di aspettare, se n’era andato un attimo prima che lei mi apparisse, l’ansa dell’ansia, l’ansa del mutamento, nella sinuosità il codice socializza la mutazione, il consenso o quel che resta della mosca di Barthes, anche, ancor prima, la donna di S.Pierre in blocco, è la statua che resta, replicata, ed è Sandra Alexis, in una totalità di sensi, è un segno immediato e una quantità assoluta, impiantata, affondata, un segno senza sfondo, è lì, la sera precedente era lì al 50%, l’incantesimo del giorno dopo, è terribile, la sera precedente era lì soprattutto verticale in masturbazione, un segno immediato[ii] che il diavolo, lui: che roba bevi, Vuesse, 'sta posa del caffè, perché cazzo non ti fai un Lavazza?
Io non voglio dire che il diavolo, non posso esserne sicuro, se ne fosse davvero andato un attimo prima, l’insieme del campo, e la singolarità della differenza, non c’era uno specchio in strada, ma Dio, l’andatura di Sandra Alexis, leggera, laterale in avanti, di bolina stretta, solo Dio , col poeta, può averla vista! Ma, per come fendeva l’azzurro e faceva rovesciare il cielo sereno di novembre e il mare, che a Torino anche in via Micca lo senti che viene giù da via Po sotto i portici di Piazza Castello ed è sostanzialmente l’acqua del fiume, non posso non considerare che Samuel Beckett anche lui fosse un cultore della posa del caffè, se non altro, in quegli anni della mouche francese, un ossessivo consumatore di miscela Leone o cicoria tostata e orzo di qualsivoglia marca!



[i] Cfr. V.S.Gaudio, La mosca fenocopica di Bartthes, in : Idem, Sindromi Stilistiche, Forum QG 1978: pag.9.
[ii] Ibidem:pag. 10.