Pingapa ▌PLUS▼

Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Green Terror│ Massimo Sannelli

Eccesso di parole (Un appunto su Green Terror)

GREEN TERROR di Massimo Sannelli
Recupero questi appunti, fatti e disfatti nel 2011. Era ancora "il tempo delle cattedrali"? Un po' lo era. Poi le illusioni sono state spazzate via, e peggio per loro: come quando uno crede che esista il suo "Pursuit of Happiness", perché è la felicità di un Io. Invece no: ammesso che esista, è la felicità di un dovere, non di un Io, e "io porto il peso di una responsabilità di cui non conosco il senso". Lo ha scritto Joë Bousquet, nudo come l'arma bianca, al solito.
E allora? Lo showbiz definitivo è venuto dopo: è precisamente la storia di ora, anno 2014. Ma "non conosco il senso", e rifiuto qualsiasi spiegazione – da dare e da ricevere - della "responsabilità" e del "peso".
C'è il Living Theatre a Genova: la formazione europea, quella di Gary Brackett. Fanno Green Terror, come seminario e come spettacolo, prima urbano e poi teatrale. Io e altri siamo lì, a Cornigliano, per strada, dove qualcuno agisce e qualcuno osserva. È la fase finale del seminario. È un bel giorno e fa caldo. Tutto è a posto. Anche i gesti e i corpi degli attori sono belli, per natura (il ventre che si scopre in E..., che è una ragazza; e i capelli, che si sciolgono mentre lei canta... e io lì, sempre: sensi tesi, mai senza passione, sempre meglio che Niente). Tutto è a posto, davvero? Sì e no. C'è un nodo lucidissimo: troppa intelligenza, incontrollata, che dichiara tutto.
Ad esempio: un haiku non può prostituirsi fino a dire "Facebook il mio migliore amico". E "il popolo si riappropria della sua creatività" è uno slogan autoritario: nel momento in cui è gridato, la creatività non è più popolare, ma controllata, cioè sotto una regìa. E alla domanda "può una donna fare carriera senza darla?" non si lega bene un'azione fisica, perché è una domanda retorica. Piove sul bagnato, come si dice.
Basterebbero i corpi e qualche parola, qua e là, qualche vaffanculo, qualche normale "ti amo", e tra la Terra e l'Uomo (personificati, per un'esagerazione, all'inizio) solo le parole della Bibbia: tu sei prezioso ai miei occhi, tu sei degno di stima e io ti amo. Tutta la spiegazione è istruttiva e distruttiva; e politicamente, in realtà, se c'è una cosa borghese - per quello che significa ancora - è la spiegazione. L'amore non è così: è eccessivo, illimitato, scortese, geloso, irrituale e poco stimabile, di solito. Usa poche parole, nella realtà, e quando le usa, le usa bene. Anche chi si ingaggia fino a sfinirsi usa poche parole, e gli piace così. La loro proliferazione è enorme, ma è minore del tempo vissuto e delle azioni: se no, non c'è il "teatro vivente".
da│trentinolibero.it/teatro