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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

La posa del caffè e la psicanalisi │18. ▬ La strettezza indicibile


Mentre uno sta vivendo la propria giornata mortale , è di estrema importanza  essere sempre in grado di affrontare il passaggio al proprio meridiano dell’oggetto “a”, che, per quanto sia di dimensioni piccole se non piccolissime, ha la potenza di un capitale debitamente versato e fatto fruttare, quantunque possa non avere nemmeno un pelo color oro. Dopotutto, la ricchezza non è tutto ma è pur sempre meglio della povertà, se non altro, come scriveva Woody Allen, per ragioni finanziarie. L’economia dell’oggetto “a” è tutta nella prossemica della bellezza che sta nell’occhio di chi guarda; e se chi guarda è miope come il poeta , e quando passa, l’oggetto “a”, è senza occhiali e non lo vede, farebbe meglio a non chiedere a chi gli sta accanto se è vero, non è vero , cosa dice?, quella ha un gran bel culo, non le pare? Potrebbe essere la moglie o la sorella, se non la zia o la madre, anche la cugina, e quello s’incazza di brutto e vi toglie il saluto, allora il poeta si rabbuia e poi si alza dalla sedia e bestemmiando come un ossesso urla: “Ma poi che cazzo avrò mai detto che non andava, non vedo un cazzo ma, Dio mio, un culo , quant’è vero che son poeta, saprò pure identificarlo quando passa al mio meridiano!”
La vita è dura e l’occhio, nella psicanalisi, va di pari passo con lo sguardo e la pulsione uretrale, e non si capisce ancora com’è che appena metti i piedi non dico in acqua ma vicino a un lavandino è allora che devi pisciare, come se fossi di ritorno dall’Oktober Fest e, invece, non stai bevendo nemmeno gazzosa che è almeno un anno. La gazzosa, per via dei calderai che loro sì che la sanno fare, e non si è mai capito il nesso con la pulsione uretrale, quantunque la coca cola, in questo senso, sia stata abbastanza esplicita, c’è un ingrediente segreto, una sorta di lettera criptica, tipo l’iniziale di Mia Nonna dello Zen, ma che una volta che hai dato la concessione a una consorteria di 
1954. Loro bevevano Coca Cola
e il piccolo poeta era a posa del caffè
Reggio Calabria che fai? Arrivi da Atlanta ogni giorno e versi nell’intruglio la lettera criptica di Mia Nonna, e te ne vai, e il giorno dopo ritorni che si tratta di metterla in un altro lotto e in un’altra caldaia? Poi, un giorno uno, che ha l’occhio lungo, vede tutto e…Gaudio Immenso, adesso sì che mi arricchisco, sentite un po’ , conosco la lettera criptica dell’intruglio, volete che stia zitto? Ma voi a chi volete darla a bere ormai?  La gazzosa non ha un ingrediente segreto, c’è solo che la devono fare quelli del gergo ammašcânte, altrimenti  è come il bicarbonato effervescente bevuto il giorno dopo o a Pasqua o come l’orina che mio padre, putativo, pisciava a marzo ogni mattina e la ingurgitava prima della colazione a base di posa del caffè.
Io , per questa storia della cruna dell’ago, o dell’occhio dell’ago, che è un po’ come la strettezza indicibile che il monaco Severino trova a non mi ricordo più come cazzo si chiamava, insomma è una di quelle troie del sibaritismo del marchese De Sade e sto monaco le trova  a quella gnocca del XVIII secolo un buco incredibilmente stretto e allora che fa? Si mette a correre e grida Oh!Gaudio infinito? Si allontana dalla donna  di un buon metro e le ordina O bella gnocca mi puoi  piegare di più il dorso? Inforca gli occhiali e come focalizza ci resta secco?
Si mette a cantare la canzone di Sia “Eye of the Needle”? Decide seduta stante che per domenica no, niente messa, non è possibile che il sentiero del gaudio sia così stretto e che rinserrato là dentro il viandante che cosa potrà mai dire il povero pellegrino, pregherà, di sicuro, questo è certo, anche con il vestito della domenica, i calzoni calati, e tenendo sempre presente il fatto che è più facile infilarlo a est  perché il sole sta spuntando e l’apertura è visibile, ma là dietro, a ovest, per l’amor di Dio, come è possibile che possa il viandante, dopo una giornata di lavoro e di preghiere, avventurarsi alla ricerca della felicità?
Una sarta, che di aghi ad occhio se ne intende, voi pensate che possa averlo anch’ella così stretto? E’ possibile che chi è buono nel profondo del cuore probabilmente non sapendola lunga come il malvagio ami percorrere tutto ciò che è nel paradigma del corto e dello stretto?

La cosa che più mi ha deluso nei comics che ho letto da quando avevo l’età di un fanciullo è quella di non poter mai dire, a guardare l’eroina, anche in fumetto corto, quanto sia stretto il passo o, meglio, ci si chiederà sempre Ma Cybersix, che non è di carne ed ossa ma è pur sempre quello che si definisce un tipo costituzionale longilineo mesomorfo, e quindi con un bell’indice costituzionale superiore a 53 e l’indice del pondus, l’avete vista, no?, che se non è almeno 16 me lo taglio; e questo ci si chiede:no, non ci si chiede niente, la guardi e, come il monaco Severino, le trovi subito la strettezza indicibile dell’occhio dell’ago, e , non c’è niente di male, l’amore nasce così, così parte la canzone di Sia, anche se lei è bionda e Cybersix è bruna, e finalmente capisci perché, tra pulsione uretrale che tira di qua e pulsione fallica che innalza di là, Jacques Lacan, ha messo, tra angoscia e desiderio, lo sguardo e lui, l’ineffabile (-φ), che, appunto, è (-φ) perché è destinato a percorrere quella strettezza indicibile. E non lo può dire, né darlo a vedere. Per questo non si può cantare, se sei il visionatore quantunque tu possa essere anche il poeta; per questo, è questa la voce che rinserra il (-φ) quando l’oggetto “a” passa al meridiano, la voce così è da un corpo alla Cybersix che fuoriesce, un biotipo longilineo mesomorfo, e la posa del caffè dilata ancor di più il tempo della dilettazione morosa se lo shumullar si fa a pelo biondo.