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Her Royal Highness Princess Máxima of the Netherlands
by Erwin Olaf
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La
posa del caffè e la psicanalisi 20 ♦ La reale Seditura
La foto di Olaf della
principessa dei Paesi Bassi è un altro esempio patagonico di buona seditura o di bella sedia, se non di seduta larga, anche se la figura sta in piedi. Come esercizio
fantasmatico durante la posa del caffè questa frontalità della carne e della
pelle che, non conoscendo la Herkunft della figura, sostanzialmente è
quella della pelle moudronica, in cui l’oggetto,
inesorabile, è sempre più inafferrabile ma eternamente versatile e reversibile,
come se la insolubilità del suo Heimlich, per quanto sorrida sempre, lo
rendesse sempre più sovrano; dicevamo, come esercizio del fantasma, ha
riportato alla mente del poeta un riferimento di Vázquez Montalbán alle donne
olandesi per via non della “Fabada asturiana” che va mangiata insieme a signore
bianche, bionde, magre ma con un culo sostanzioso[i] , e nemmeno per la “tentazione
di Jansson”, raccomandabile per pelli bianche e carni fredde, ma forse per la “Zuppa giamaicana”, che è un piatto afrodisiaco
che Vázquez Montalbán prescrive per “quelle
splendide signore olandesi trentenni, coi seni rosa e i fianchi come un
orizzonte”[ii]. Solo che, e questo
svelamento immediato dato da internet toglie ogni sovranità a qualsiasi punctum
o Heimlich che pervada un’immagine, avendo appurato che la principessa non è
dei Paesi Bassi ma è di Buenos Aires, pur avendo quell’aria e quella pelle della razza
orientale di Deniker, il supplemento patagonico, che sottile soffia nella foto
di Olaf, che era sostanzialmente questo segreto geografico, essere dei Paesi
Bassi, reso completamente visibile, o meglio: la percezione che abbiamo , nel
visionare l’immagine di Olaf, del segreto geografico che nella visibilità
immediata e frontale viene contemporaneamente annientato, come se latitudine e
longitudine così visibilmente compattate nella pregnanza somatica della
principessa si rifrangessero nella metonimia del suo vestire, o per farcelo
vedere, il punctum di questa pregnanza della carne dei Paesi Bassi, il fotografo riduca il corpo totale a
una delle sue parti, allora cosa volete che sia il punctum se non le mani, la
pelle delle mani, e delle dita, è qui che espatria il linguaggio del
visionatore, tanto che, a rifantasmarla con la Zuppa giamaicana, con quelle
dita è il garretto di manzo che impugna, quel “frutto carnale pieno di morbide
gelatine impreviste, soprattutto se si riesce a cucinare molto bene la carne
che raggiunge così uno stato di transustanziazione che la voce popolare ha
saputo esprimere dicendo: ‘ è un burro’”[iii].
Lo svelamento della
Herkunft, semplicemente con una scheda su Wikipedia, e il patagonismo dei Paesi
Bassi che rischia di volatilizzarsi, se ci si ostina ancor di più ad aggiungere
alla figura denotazioni economiche e geografiche e relazioni di parentela sempre più designate, ma, intanto che, dalla
stessa scheda, si apprende che la principessa dei Paesi Bassi è nata nello
stesso anno della ragazza di Göteborg[iv], mezzo mese prima, e, fatto ancor più
Heimlich, si può così appurare che la principessa ha sostanzialmente, lungo l’asse
del corpo, lo stesso punctum della ragazza di Göteborg: il punctum che era
quello della densità del toccare, questa qualità frattale, somatognostica, che,
regola della seduzione, è segreto nell’artificialità terrificante, perché
circoscritta, e ancor più folgorante, evidente, per come fa irruzione, sotto
forma di un segno, di un gesto, di una forma, allora, con la ragazza, sul treno
e qui, nell’immagine di Olaf, con la carne e la pelle delle mani, che connette
dati, incisi sintagmatici, punti temporali, adesso che il poeta allora e il
visionatore ora cerca di definire, in questo tempo in cui l’analemma
esponenziale passa al meridiano, questa alterità sovrana e fatale, il dettaglio
dell’istinto che tocca, il touch, un colpetto, il toccare, con la mano, con le
mani, la catalisi del touch e della mano che postula un valore diffuso, sparso
sulla somma e l’articolazione dei segni, e inonda l’alterità sovrana dell’Altro,
in cui il poeta e il visionatore, in questa lunga posa del caffè, sta
exinscrivendosi nella doppia figura, avendo perduto la traccia di un desiderio
proprio e avendo rinvenuto la doppia traccia di una seduzione che non è mai
alla fine del desiderio.
La buona seditura della
principessa dei Paesi Bassi è così che si commuta nella reale seditura, perché
il residuo insolubile che si fa fantasma perenne e si diffrange così nel poema
temporale è sempre un’immagine in cui la figura sta seduta, la banale esattezza
del mondo e il doppio artificiale, l’ombra e l’irredentismo oggettuale, un
elastico temporale che il (-φ) del poeta tende perché la figura è inafferrabile, ha una
energia insolubile, è estranea a se stessa. L’artificio della posa è il suo
segreto, la seduzione patagonica parte dalle mani ma finisce col diventare la
pregnanza somatica dei Paesi Bassi. Nella ragazza di Göteborg, era il piede la
parte anatomica che disseminava il segreto della pelle e del podice; nella
figura attuale, è la mano che porta alla preponderanza del grande: l’asse del
patagonismo│Venere/Saturno da un
lato e Giove/Nettuno dall’altro│ attraversa nello zodiaco celtico, da una parte, il segno della Lepre-Faggio, a cui è abbinato
il mito erotico della predilezione, il misticismo corporale e la realizzazione
piena dell’esserci nell’istinto del piacere, e dall’altra parte attraversa il
segno L’Uomo serpente-Pino, a cui è abbinato il principio del desiderio
incarnato, le risorse energetiche inesauribili e perciò l’illimitatezza, la
grande abbondanza, della libido, il suo funzionamento perenne, copioso. Nel calendario
tebaico, dalla parte di Giove-Nettuno, ci sono come immagini “Un uomo seduto
con un libro” e “Tre figure, senza testa”; dalla parte di Venere-Saturno, l’immagine
è quella di una “Donna che tiene un cavallo per la briglia”: la posa della
buona seduta, o della reale seditura, ha questo effetto patagonico, divide l’amore
con altri, nel senso che dissemina la copia della sua posa fin quando il
visionatore rinviene la doppia traccia della doppia figura del suo oggetto “a”.
[i]
Manuel Vázquez
Montalbán, Ricette immorali, trad.it. Feltrinelli
1995: cfr. pag. 81.
[iv] Cfr. V.S. Gaudio, La Ragazza di Göteborg, ©
2005. Se ne rinvengono alcuni passi in : V.S. Gaudio, Il fantasma che allunga le gambe verso il poeta, in: Alessandro
Gaudio, Il Limite di Schönberg, Prova d’Autore di Nives Levan,
Catania 2013: pp. 61-72.
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La pelle moudronica |