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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

La posa del caffè e la psicanalisi 22 ♦ Scarpe e calcagno dell’oggetto “a”

Nettie Harris ♦ by ryanmyerscaptures
La prima volta che vidi Nettie Harris il mio (-φ), per quanto non fosse in giornata, o in fase critica in uno dei tre cicli del bioritmo, ebbe a impennarsi per via di alcune azioni o schemi verbali relativi all’archetipo-sostantivo “scarpe”:  tra “calzare” , “infilare”, “lustrare”, “stringere” e “scalcagnarsi” non si può dire che il mio bell’oggetto d’amore stesse tranquillamente passeggiando o, tutt’al più, facendo ginnastica. Nettie Harris,  se uno ci pensa, finisce sempre che è convinto di averla vista la prima volta mentre stava allacciandosi le scarpe.
Il mio (-φ) e le scarpe di Nettie Harris 

Il fatto è che, da giovane, ebbi la ventura di aver a che fare con una tipa alla Nettie Harris, una così con quella stessa faccia che girava con le scarpe da tennis, un po’ sfondate, insomma senza misura e consumate, la vedi e ti fai già un’idea di come se le infili quelle scarpe o quando se le toglie, come si mette per slacciarle, insomma la vedi e ti chiedi, fermandoti davanti a una vetrina di una pasticceria, se una così possa avere in testa il paradigma del “calzare bene” e dello “stringere”, o del “tacco” se non della “tomaia” e della “suola”: senza chiodi, senza cuoio, il punzone della sua libido calza largo ma non sforma.  Quando si è dentro un determinato passaggio e paradigma esistenziale, non hai mai un marcapunti e nemmeno una pinza o una lesina, figurati se stai a pensare al calzascarpe o, pur vedendola camminare, alla sua orma, all’impronta della figura che stai seguendo.
Non è di corda e non è di cuoio, questo pensavo vedendola camminare questa tipo alla Nettie Harris: è che sa stringere però il passo e così per come si mette le scarpe, lascia il segno sul mio oggetto “a” e, stando così le scarpe, va a finire che me la ritrovo tra qualche giorno che mi sta mettendo  la forma al punzone. Tanto che, di lì a poco, finì dentro un piacere singolare alla Harry Mathews: stando così seduta, con quelle scarpe, non è a Vancouver e non sta sul fondo di una vasca da bagno senz’acqua ma dove si trova sta sentendo l’acqua che le pulsa sul clitoride e non ha bisogno per questo di riempire più volte il “Water Pik” con l’acqua del rubinetto ai piedi della vasca; a meno che non sia come quella giovane ventiseienne che a Perth si sta facendo accosciata sul viso di un vecchio di settantanove anni, ma il bello che quella tipo di cui vi dico e che fa tanto Nettie Harris non è a Perth,  né a Praga, anzi può darsi che fosse a Torino, dove quelle scarpe, in quel tempo, le stavano proprio così, metti che fosse appena uscita dalla Galleria d’Arte Moderna e che quello che hai a disposizione è il pomeriggio piuttosto lungo quando ancora c’era la primavera anche in città, è come essere dentro la posa del caffè in un bordello di Barcelona, e lei si sbarazza delle scarpe scalciando, ti si mette sopra e attiva lo schema verbale dello “stringere” un attimo prima che il tuo oggetto “a” esploda al meridiano, e tu pensi che se fosse successo alla tua latitudine di origine, essendo la longitudine più ad est, saresti venuto almeno dodici minuti dopo anche con quelle scarpe che hanno sempre l’aria di essere slacciate o tanto sfondate che se ci cade dentro il desiderio si mette a ridere di compassione per come stia annegandoci. Nella posa del caffè del tipino alla Nettie Harris , con queste scarpe, non c’è la profondità del mare né la sua superficie illimitata: tra “togliere” e “slacciare”, le guardi il muso e pensi alle parti di una scarpa, la linguetta, la bocca, l’occhiello; con quest’aria scalcagnata, poi, si fa presto a finire al calcagno, che, forse, è proprio quella la zona e la ragione del suo patagonico esserci senza cuoio che, quando cammina o sta seduta così, sta tra lo “slabbrarsi” o lo “scalcagnarsi”.
Nettie Harris - by noah-kalina





Quello che non si riesce a capire, guardandola come se fosse l’antesignana di chi poi dovrebbe socializzare la pulsione “s” come professore di ginnastica e quindi quella che capisci che è dentro l’erotismo sadico per come è fredda, anche dura o quantomeno ha un eccessivo spirito di critica per caparbietà e lo spirito realista di una manicure, di una macellaia se non di una veterinaria, tutt’al più quando stavi a fantasmizzarla, quella F.V. del liceo che tanto a questa Nettie poteva assomigliare , la vedevi quanto fosse feticista e anche un po’ pederasta, e allora quello che non si riesce a capire perché ti viene di tirartela su al meridiano come oggetto “a” dinanzi alla pasticceria, che fa un tutt’uno con la pulsione “h” delle spie e delle ballerine, dei poeti lirici e dei dermatologi, del medico specialista in patologia sessuale e della parrucchiera, in fondo, essendo la ragazza dell’erotismo bisessuale si fa presto a menartelo per come la vedevi, quella F.V. della tua adolescenza, un po’ ermafrodita, un po’ travestita, un po’ omosessuale, un po’ carrettiera, un po’ alberghiera, un po’ dentro la bolla e la sintomatologia del prossenetismo. Nella posa del caffè, gli oggetti “a” non invecchiano, anche come carrettiera e medico,guai, poi, al visionatore incauto che, di passaggio anche lui in una fase sentimentale da pulsione “h”, ne vada a rinvenire la traccia dopo la menopausa, di quella sadica scalpellina del (-φ) del poeta non c’è, adesso che è medico dentro l’Asl della città in cui al (-φ) faceva fare ginnastica e concorsi di salto al liceo, che un guardiano dello zoo con la faccia stanca dell’erotismo sadico già bell’e andato del taglialegna  dieci lustri dopo.