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□ V.S.Gaudio │pagina del manoscritto di Clunematica © 1973 |
Il Maestro della
Falange Perduta, Caracas, Clunematica e Bagdad Cafè ♦
Semplicemente a un certo
punto degli anni della mia adolescenza venne l’uzzolo a quel cosiddetto mio
zio, per quanto fosse stato predisposto nello stato di famiglia accorpato dagli
ombroni, di prendere la via del Venezuela e, nello specifico, di Caracas, non
perché lo spagnolo fosse di casa da noi ma per via dell’atlante, che,
specialmente di sera, vicino al camino, fu quello lo strumento che mi permise
di anticipare, nel mio piccolo, le teorie dell’Anti-Edipo; se ne troverà in
qualche modo lo schema in Clunematica[i], che, vecchio di quattro
lustri e un quarto, ebbi a scrivere, dentro la mia pulsione “e”
, quella della posa del caffè e dell’erotismo uretrale.
Allora, c’era questo mio zio,
che fu poi nominato anch’esso come “Maestro della Falange” in Lo Zen di Mia Nonna[ii], per via della falange che
immolò, tagliandola di netto con la lama della sega elettrica del suo
laboratorio di falegnameria, mentre il presunto fratello minore stava
balbettando all’infinito attorno alla struttura del diamante che usava per tagliare
i vetri; e allora questo zio “Maestro della Falange Tagliata”(o “Perduta”)
apriva l’Atlante e, estasiato dinanzi alla cartina dell’ America Meridionale,
indicando con il dito tagliato la città di Caracas: “Enzù, ce ne vogliamo
andare in Venezuela? Dai, andiamocene a Caracas, è pieno di caffè, ci facciamo
una piantagione e esportiamo caffè venezuelano, altro che Colombia e Brasile,
glielo facciamo vedere noi alla Lavazza!”.
L’Italia è lontana dal
Venezuela, e, figuriamoci, allora, quand’ero fanciullo e ancora non avevo
passato gli inverni più savoiardi nella
posa del caffè torinese, né avevo conosciuto la ragazza della pasticceria di
via Cernaia, che aveva un podice venezuelano che a Caracas non se ne vedeva
esemplare o copia dagli anni Trenta! Ma, per quanto fossi dentro la liquida
densità della pulsione “e” già in quel tempo, e stavo
entrando nella pubertà, questa voluttà della migrazione di mio zio non mi
allietava l’anima come i fumetti del Grande Blek, in verità quel nome, Caracas,
mi angosciava.
Più tardi, ebbi tempo per
cercare la ragione dell’angoscia: “cara”, che è la “faccia”, l’”aspetto”, e
“cas”, che come se fosse la radice di “casa”, la dinastia, la casata, e quindi
mi chiedevo se fosse per via di un qualcosa che alludesse alla “dinastia di
faccia”, una “casata” inventata, mostrata, come se fosse quella che era
indicata nello stato di famiglia, e invece era un’altra, e allora questo mio
zio voleva andarsene a vivere a “Caracas”, in una casa di faccia, o forse in
una casella, nel tablero de juego, di faccia, o a lato, a Caracas, così stiamo
in una casata di lato, e…chissà? Il nostro gioco, il gioco a Caracas, di lato,
cara, combina, cas, vince!
Clunia[iii],
che dire? Nella formazione dei segni, Clunia, avrei scritto in Clunematica, assomiglia all’aplologia: seno di vulva= natica; vulva
tra i seni= ano tra le natiche. Ed eravamo nell’abbreviazione dei segni.
Gli altri personaggi erano Eufrasia e Ibriana, la prima come Usa, era la
Tecnocrazia; la seconda come India o Brasile o anche Venezuela, era la figa,
l’oligocrazia; Clunia, tra Italia e Inghilterra, il culo, la burocrazia. C’era,
poi, un altro schema, in cui Eufrasia, rappresentando i paesi egemoni, Usa,
Urss(eravamo negli anni Settanta) e Cina, era la Tecnologia: Automazione
complessa, Amministrazione; Tecnicità. Ibriana,
i Paesi in via di sviluppo, Canada, Australia, Brasile e quindi l’interazione educativa
o lo sfruttamento educativo, e anche le istituzioni segregative: Clunia, i
Paesi in via di decadenza, l’Inghilterra, l’Italia, quindi la burocrazia partitica,
accademica, sindacale, la Formalità nel sistema di Edward T.Hall. C’era, nella
Tavola 3, questa nota: “Per il Brasile si potrebbe considerare il compromesso
colonialista che la Chiesa vi attuò collaborando con i detentori del potere. E
poi l’azione Sociale Cattolica che fu avviata nel dopoguerra, per cui risulta
valido lo schema evolutivo del pensiero cristiano in America Latina elaborato
da Jesus Garcia. Ma non saprei precisarti la linea di condotta di Ibriana: non
so se è descrivere la radicalizzazione anticomunista di Gustavo Corçao o quella
moderata di Amoroso Lima, se non della Azione Popolare verso il passaggio a una
società socialista”[iv].
Quello che mi impressiona,
per via del Venezuela e di Caracas, è che è Ibriana il contenuto/dedans (Clunia era il contenente/dehors)
e che per questo, nella scala della
iconicità di Moles, aveva un grado di iconicità pari a 12, Assenza-Astrazione; Clunia, come la ragazza della pasticceria e del
caffè di via Cernaia, aveva il grado 0, quello della Presenza-finitezza. Come l’Italia. Per questo, me ne andai per la
posa del caffè a Torino e lasciai perdere l’astrazione di Caracas; con la
natica, l’orientazione è disposta per il semicerchio
N.O.S. e il canale è parzialmente visivo, lo è solamente per chi osserva; Clunia
è sull’asse della disposizione sociofugale(natica-occhio),
dove l’equazione kleiniana seno=pene diventa equazione seno=natica: il logos apre così la mediazione perché non
distrugge, l’invidia primaria diventa ambiguità
primaria, e la pulsione “e”, quella dell’erotismo uretrale di
Szondi, è nella formulazione del cambiamento che vive e vegeta nella staticità;
l’ambiguo, come Ibriana, per quanto non fossi andato a Caracas, è la norma
costitutiva dei paesi in via di sviluppo con la procedura di quelli in via di
decadenza, vai a vedere la scolarizzazione della società (ovvero la burocrazia
partitica, accademica, sindacale) coordina l’interazione educativa e la posa
del caffè.
C’è da dire che quello che
coniuga Torino e il Venezuela è in qualche modo l’isla de la Tortuga che sta lì
davanti a Caracas per via di Salgari che stava a Torino: fu un caso che il
poeta della posa del caffè fu l’elaboratore, poi, all’inizio degli anni
Ottanta, di una tassonomia del romance salgariano[v] in
quel che fu il primo grande congresso, organizzato dall’Istituto di
Italianistica della Università di Torino, dedicato a Emilio Salgari? O,
semplicemente, la prevalenza della pulsione “e”, quando appare all’orizzonte,
nell’ambito del Vettore P[= la pulsione parossismale], la tendenza “hy”, è allora che la pseudologia
fantastica (o anche quel che resta delle paure notturne), nell’etica e
l’umanesimo della posa del caffè, si
allieta nella narratologia uretrale di ambito salgariano.
Il “Bagdad Cafè”, invece, sta
da tutt’altra parte, non è né a Torino né a Caracas, anche se l’avremmo potuto
metter su qui nel delta del Saraceno: quando l’ho visto la prima volta nel 1987[vi] o
l’anno dopo, per poco non finii col tirar su la mia pulsione “k”, tra nevrosi
ossessiva e feticismo ed estetica catatonica; il narcisismo primario convive
bene con la pseudologia fantastica e i fenomeni di conversione: da un lato, la
rinuncia o la rimozione; dall’altro, l’elaborazione di un mondo immaginario e
il desiderio di mostrarsi. Il “Bagdad Cafè” è sempre nel paradigma o nella
nicchia di una fondamentale eterotopia, e l’eterotopia va a posa del caffè,
quando guardavo CCH Pounder , nella parte di Brenda , e non c’è niente della ragazza della
pasticceria di via Cernaia in lei, beh, pensavo sempre al caffè venezuelano che
avrei bevuto in quel Bagdad Cafè fantasticato a sud del mar delle Antille in un
deserto assoluto nei llanos
dell’Orinoco.
2 Lo
Zen di Mia Nonna © 1999.
3 Cfr. Clunematica © 1973.
4 V.S.Gaudio,
Clunematica © 1973. Anno straordinario per il caffè: è l’anno della
fondazione della
Segafredo Zanetti.
5 V.S.Gaudio, Tassonomia del
Romance Salgariano, in Atti del
Convegno “Scrivere l’avventura: EMILIO SALGARI”, Istituto di Italianistica,
Torino 1980.