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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

La posa del caffè e la psicanalisi 24│Il Venezuela del Maestro della Falange Perduta

 V.S.Gaudio pagina del manoscritto
di Clunematica
 © 1973
Il Maestro della Falange Perduta, Caracas, Clunematica e Bagdad Cafè
Semplicemente a un certo punto degli anni della mia adolescenza venne l’uzzolo a quel cosiddetto mio zio, per quanto fosse stato predisposto nello stato di famiglia accorpato dagli ombroni, di prendere la via del Venezuela e, nello specifico, di Caracas, non perché lo spagnolo fosse di casa da noi ma per via dell’atlante, che, specialmente di sera, vicino al camino, fu quello lo strumento che mi permise di anticipare, nel mio piccolo, le teorie dell’Anti-Edipo; se ne troverà in qualche modo lo schema in Clunematica[i], che, vecchio di quattro lustri e un quarto, ebbi a scrivere, dentro la mia pulsione “e” , quella della posa del caffè e dell’erotismo uretrale.
Allora, c’era questo mio zio, che fu poi nominato anch’esso come “Maestro della Falange” in Lo Zen di Mia Nonna[ii], per via della falange che immolò, tagliandola di netto con la lama della sega elettrica del suo laboratorio di falegnameria, mentre il presunto fratello minore stava balbettando all’infinito attorno alla struttura del diamante che usava per tagliare i vetri; e allora questo zio “Maestro della Falange Tagliata”(o “Perduta”) apriva l’Atlante e, estasiato dinanzi alla cartina dell’ America Meridionale, indicando con il dito tagliato la città di Caracas: “Enzù, ce ne vogliamo andare in Venezuela? Dai, andiamocene a Caracas, è pieno di caffè, ci facciamo una piantagione e esportiamo caffè venezuelano, altro che Colombia e Brasile, glielo facciamo vedere noi alla Lavazza!”.
L’Italia è lontana dal Venezuela, e, figuriamoci, allora, quand’ero fanciullo e ancora non avevo passato gli inverni  più savoiardi nella posa del caffè torinese, né avevo conosciuto la ragazza della pasticceria di via Cernaia, che aveva un podice venezuelano che a Caracas non se ne vedeva esemplare o copia dagli anni Trenta! Ma, per quanto fossi dentro la liquida densità della pulsione “e” già in quel tempo, e stavo entrando nella pubertà, questa voluttà della migrazione di mio zio non mi allietava l’anima come i fumetti del Grande Blek, in verità quel nome, Caracas, mi angosciava.
Più tardi, ebbi tempo per cercare la ragione dell’angoscia: “cara”, che è la “faccia”, l’”aspetto”, e “cas”, che come se fosse la radice di “casa”, la dinastia, la casata, e quindi mi chiedevo se fosse per via di un qualcosa che alludesse alla “dinastia di faccia”, una “casata” inventata, mostrata, come se fosse quella che era indicata nello stato di famiglia, e invece era un’altra, e allora questo mio zio voleva andarsene a vivere a “Caracas”, in una casa di faccia, o forse in una casella, nel tablero de juego, di faccia, o a lato, a Caracas, così stiamo in una casata di lato, e…chissà? Il nostro gioco, il gioco a Caracas, di lato, cara, combina, cas, vince!
Clunia[iii], che dire? Nella formazione dei segni, Clunia, avrei scritto in Clunematica, assomiglia all’aplologia: seno di vulva= natica; vulva tra i seni= ano tra le natiche. Ed eravamo nell’abbreviazione dei segni. Gli altri personaggi erano Eufrasia e Ibriana, la prima come Usa, era la Tecnocrazia; la seconda come India o Brasile o anche Venezuela, era la figa, l’oligocrazia; Clunia, tra Italia e Inghilterra, il culo, la burocrazia. C’era, poi, un altro schema, in cui Eufrasia, rappresentando i paesi egemoni, Usa, Urss(eravamo negli anni Settanta) e Cina, era la Tecnologia: Automazione complessa, Amministrazione; Tecnicità.  Ibriana, i Paesi in via di sviluppo, Canada, Australia, Brasile e quindi l’interazione educativa o lo sfruttamento educativo, e anche le istituzioni segregative: Clunia, i Paesi in via di decadenza, l’Inghilterra, l’Italia, quindi la burocrazia partitica, accademica, sindacale, la Formalità nel sistema di Edward T.Hall. C’era, nella Tavola 3, questa nota: “Per il Brasile si potrebbe considerare il compromesso colonialista che la Chiesa vi attuò collaborando con i detentori del potere. E poi l’azione Sociale Cattolica che fu avviata nel dopoguerra, per cui risulta valido lo schema evolutivo del pensiero cristiano in America Latina elaborato da Jesus Garcia. Ma non saprei precisarti la linea di condotta di Ibriana: non so se è descrivere la radicalizzazione anticomunista di Gustavo Corçao o quella moderata di Amoroso Lima, se non della Azione Popolare verso il passaggio a una società socialista”[iv].
Quello che mi impressiona, per via del Venezuela e di Caracas, è che è Ibriana il contenuto/dedans (Clunia era il contenente/dehors) e che per questo, nella scala  della iconicità di Moles, aveva un grado di iconicità pari a 12, Assenza-Astrazione; Clunia, come la ragazza della pasticceria e del caffè di via Cernaia, aveva il grado 0, quello della Presenza-finitezza. Come l’Italia. Per questo, me ne andai per la posa del caffè a Torino e lasciai perdere l’astrazione di Caracas; con la natica, l’orientazione è disposta per il semicerchio N.O.S. e il canale è parzialmente visivo, lo è solamente per chi osserva; Clunia è sull’asse della disposizione sociofugale(natica-occhio), dove l’equazione kleiniana seno=pene diventa equazione seno=natica: il logos apre così la mediazione perché non distrugge, l’invidia primaria diventa ambiguità primaria, e la pulsione “e”, quella dell’erotismo uretrale di Szondi, è nella formulazione del cambiamento che vive e vegeta nella staticità; l’ambiguo, come Ibriana, per quanto non fossi andato a Caracas, è la norma costitutiva dei paesi in via di sviluppo con la procedura di quelli in via di decadenza, vai a vedere la scolarizzazione della società (ovvero la burocrazia partitica, accademica, sindacale) coordina l’interazione educativa e la posa del caffè.
C’è da dire che quello che coniuga Torino e il Venezuela è in qualche modo l’isla de la Tortuga che sta lì davanti a Caracas per via di Salgari che stava a Torino: fu un caso che il poeta della posa del caffè fu l’elaboratore, poi, all’inizio degli anni Ottanta, di una tassonomia del romance salgariano[v] in quel che fu il primo grande congresso, organizzato dall’Istituto di Italianistica della Università di Torino, dedicato a Emilio Salgari? O, semplicemente, la prevalenza della pulsione “e”, quando appare all’orizzonte, nell’ambito del Vettore P[= la pulsione parossismale], la tendenza “hy”, è allora che la pseudologia fantastica (o anche quel che resta delle paure notturne), nell’etica e l’umanesimo della posa del caffè, si  allieta nella narratologia uretrale di ambito salgariano.

Il “Bagdad Cafè”, invece, sta da tutt’altra parte, non è né a Torino né a Caracas, anche se l’avremmo potuto metter su qui nel delta del Saraceno: quando l’ho visto la prima volta nel 1987[vi] o l’anno dopo, per poco non finii col tirar su la mia pulsione “k”, tra nevrosi ossessiva e feticismo ed estetica catatonica; il narcisismo primario convive bene con la pseudologia fantastica e i fenomeni di conversione: da un lato, la rinuncia o la rimozione; dall’altro, l’elaborazione di un mondo immaginario e il desiderio di mostrarsi. Il “Bagdad Cafè” è sempre nel paradigma o nella nicchia di una fondamentale eterotopia, e l’eterotopia va a posa del caffè, quando guardavo CCH Pounder , nella parte di Brenda    , e non c’è niente della ragazza della pasticceria di via Cernaia in lei, beh, pensavo sempre al caffè venezuelano che avrei bevuto in quel Bagdad Cafè fantasticato a sud del mar delle Antille in un deserto assoluto nei llanos dell’Orinoco.




1 Clunematica © 1973.
2 Lo Zen di Mia Nonna © 1999.
3 Cfr. Clunematica © 1973.
4 V.S.Gaudio, Clunematica © 1973. Anno straordinario per il caffè: è l’anno della fondazione della Segafredo Zanetti.
5 V.S.Gaudio, Tassonomia del Romance Salgariano, in Atti del Convegno “Scrivere l’avventura: EMILIO SALGARI”, Istituto di Italianistica, Torino 1980.