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Luogo e Segni, 1976, cm.131x200 |
Le gomme di
Carol Rama ▌
Quando andai a
casa di Carol Rama[i] a
Torino negli anni Settanta non ricordo se mi stavo interrogando sulla non
grammaticalità, difatti avrei potuto pensare, sotto i portici di via Po e poi
di piazza Vittorio Veneto, “Carol Rama è un artista di gomma”, e chiedermi se
la frase fosse non grammaticale. Non lo so, non lo ricordo. Di sicuro, mentre
stavo recandomi da lei, avrò avuto dei pensieri morbosi, anche sulla frugalità
, Paul Lafargue e la maturità di una persona. Klelia Kostas[ii]
non so che mi disse quando le riferii che avevo un appuntamento con Carol Rama, forse mi disse: “Ah, quella che usa le
gomme di bicicletta” e io forse le risposi:”La maturità di un’artista non si
misura dai materiali che usa, d’altronde- le dissi, questo lo ricordo- hai
visto che fa Ugo Nespolo? Anzi quei pezzi di legno colorati non li fa nemmeno
lui, ha un falegname che glieli sagoma e
colora”. Il problema fondamentale, quando andavi in quegli anni a vedere i lavori di un artista
a Torino, era la paura che non ti invitasse a cena o che fosse addirittura
astemio. Se ora si dice che Carol Rama sia morta a 97 anni e quindi, quando la
conobbi, aveva più o meno 58 anni, è veramente così terribile la vecchiaia? E
di converso, visto che aveva conosciuto Andy Warhol, che pensieri ebbe per quel
giovane poeta che faceva impazzire tutte le fiche di Torino, artiste, critiche
d’arte, storiche dell’arte, docenti dell’arte comprese ? Dicono che Carol Rama
sia stata eccentrica, e ho sentito qualcuno dire :”Gli ippopotami sono
graziosi” e, ve lo giuro, riesco ancora oggi a capire quel che è stato detto.
Oppure, la longevità perché mi fa venire sempre in mente Voronoff? In breve,
cosa diceva Woody Allen? La cosa migliore è di comportarsi in modo consono alla
propria età[iii].
E vi ricordate quando non so quando, di recente, venne detto che Carol Rama si
era spogliata non so dove? E, metti che è stato sette anni fa, oh Dio, se ti
spogli a 90 anni, e metti che siamo nel rigido inverno sabaudo, rischi di non
cavartela facilmente, mica Carol Rama era un cosacco imparentato con il
principe della steppa dei fumetti Sacha Veblin[iv]!...Woody
Allen disse che se siete sedicenni, evitate di restare calvi. Io, più o meno a
quell’età, o prima addirittura, diventai biondo, così, di punto in bianco,
acqua ossigenata e via, l’insegnante iniziale di matematica alle scuole medie
mi appellò il “biondino in gondoleta”,
un’equazione criptica, d’accordo, che , al momento, era indecifrabile, e quindi
ricominciai tutto da capo.
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Luogo e Segni, 1975, cm.130x130 |
La mia amica
Klelia Kostas mi tenne una mattinata intera nel suo studio, con i suoi capelli
rossi e gli occhi verdi, tutti finti come i miei capelli biondi puberali; non
sono certo che fu proprio allora che capii tutto sull’amore romantico: le
dissi: la bellezza sta nell’occhio di chi guarda, oppure: a me il figurativo, adesso,
mi fa cacare; o anche: sai una cosa? È grandissima Carol Rama, le sue gomme,
anche se ho la vista difettosa, sono come il cognome che porto, tra gomma e
gaudio i piaceri d’amore e d’arte non durano che un attimo, ma lì a casa di
Carol Rama la gomma e il gaudio è un’eternità che durano. Tanto che la rossa di
Sanremo mi rispose sarcastica: La gomma è
sempre, come quella che stai amando, la cosa più bella del mondo, anche se chi
è fuori dal giro dell’arte non riesce a capacitarsi come mai una gomma inservibile
non sia stata buttata nel bidone della spazzatura. E chiosò: in verità, caro il
mio Vuesse, è per questo che molta gente non crede in Dio, come me d’altronde.
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Luogo e Segni, 1975, cm.131x130 |
“Fa vissuto”,
dissi alla mia amica, è una espressione, una frase ricorrente di Carol Rama:
tutto ciò che non ha passato, non ha una sua storia, insomma se la cosa non è
logora, e anche corrotta, alla Rama fa orrore. Come scrisse Sanguineti, “ogni
oggetto nasce con un suo irritante dono di innocenza originale, che è doveroso
cancellare con premura”[v],
insomma il segno dell’uso spiega l’uso
delle gomme, la scelta delle gomme, suturate e rattoppate, per una trionfante,
ironica e allucinante allegoria di un vissuto che “fa vissuto” al più alto
grado. Dissi infine a Klelia: son le reliquie del mondo industriale, e della
Fiat, che, a casa di Carol Rama, ci appaiono implacabilmente straniate e
contengono la crisi del “quadro”. Le gomme nel quadro, insomma si fa presto poi
a trovarne una correlazione con le gomme di Alain Robbe-Grillet[vi],
a pensarci adesso, chissà quant’altro avrò detto sulla striatura della materia
originaria e delle sue incredibili cicatrici, forse avrò addirittura predetto i
trionfi truccati di quel ciclista americano al Tour de France per via del fatto
che l’esperto fa presto a leggere, nelle striature e nelle cicatrici delle
gomme di Carol Rama, gli strati dell’etimo e la cronologia del vissuto, fino
all’evidenza che se un americano va così forte in bicicletta e non buca mai una
gomma poi, prima o poi, qualcosa altri americani scopriranno sull’etimo, la
cronologia e le incredibili cicatrici del gas prodotto dal traffico su gomma.
Di sicuro, avrò considerato che se Robbe-Grillet descrive quasi geometricamente
gli oggetti per sottrarli alla significazione umana, emendarli dalla metafora e
dall’antropomorfismo, questo scrisse Roland Barhes in “Non c’è una scuola
Robbe-Grillet”[vii] –
e meno male- e allora è vero che anche in Carol Rama c’è la minuziosità dello
sguardo, che non istituisce niente, o meglio istituisce appunto il niente umano
dell’oggetto, è come ghiacciata che nasconde il niente e di conseguenza lo
designa. Lo sguardo sulle gomme anche a me non dava da riflettere: non può
recuperare niente dell’uomo, della sua solitudine, della sua metafisica. Ecco,
a parte le gomme, questo dissi alla mia amica, c’è un’idea di tragedia e di
solitudine laggiù vicino al Po, anche se non c’è niente dell’uomo che ci venga
dato in spettacolo, a parte il suo abbandono e le sue cose usate. Non c’è la
visione cinematografica di Robbe-Grillet, se è questo che vuoi sapere, la
civetteria e la promozione del visivo recidono spietatamente, in Les gommes, il visivo da ogni raccordo.
Insomma, non fa vissuto.
Ma nel quadro,
in definitiva, cosa c’era? Prendiamo Cézanne, una natura morta di Cézanne che
raffigura delle mele. Che cosa si può dire? “Le mele sono volumi solidi, pieni
e tondeggianti, come oggetti tangibili a tre dimensioni. Il quadro ha una grande
profondità”[viii]: Il quadro è però una sottile striscia di tela coperta con del
colore, e la tela è piatta, e tuttavia l’opera d’arte ha una grande
profondità? L’opera d’arte si distingue
dal quadro, quello che attribuiamo al quadro in realtà non appartiene al
quadro. In realtà, dissi quella volta alla mia amica Klelia, le gomme non
appartengono al quadro, un viaggiatore che sta attraversando il deserto o
Torino, può scorgere improvvisamente delle gomme davanti a lui o sulla strada;
sbarra gli occhi, se li stropiccia, guarda nuovamente: le gomme sono nel quadro
. Non c’è dubbio, è vittima di un miraggio, di un’illusione: pensava di essere
per strada o in un’officina o nel garage di casa e invece è a casa di Carol
Rama. Che non è un gommificio, questo mi pare che dissi alla mia amica. E poi
avrei voluto un caffè, io, senza caffè, dopo venti minuti che sto a guardar
quadri, lo sai, non riesco a stare più in piedi, per quanto altri studiosi di
estetica affermino che esista una differenza sostanziale tra il visionatore
caffeinomane e il visionatore decaffeinizzato: il secondo, effettivamente, è quasi gommoso se
non abbastanza gommato, e non riesce a tirar fuori una lacrima per gli schiavi
che perdono la vita nelle piantagioni di caucciù. Sai, dissi a Klelia, che
anche l’incenso e la mirra, come il galbano o la gommagutta e il tartan, sono
nel paradigma delle gommoresine?
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Fase del nero, 1972, cm.170x130 |
E il bricolage?
Mi chiese la mia amica. Tutta la tirata di Sanguineti sul bricolage come ce lo
ammannisce Lévi-Strauss, quel pathos del declinare dall’oggetto alla macchia,
non dimenticando la macchia che graffia, così mi pare che ebbe a scrivere
qualche anno fa Sanguineti presentandola? Beh, la macchia forse afferiva alle
tavole di Rorschach e il bricolage, la poesia del bricolage, partendo dalla
definizione dell’antropologo, è un po’ come quello che avviene in alcune
Università: che so? Si va a farsi una traversata turistica in un paesino arbëresh
e, intanto, ci si fa mettere su il palo di Maggio, anche se si è a settembre,
tanto da guardarlo fuori dal quadro e
dentro la didascalia infinita di qualsiasi trattato di antropologia culturale,
poi si porta l’ospite organizzatore della messa
in scena tra i propri studenti e lo si laurea, fin tanto che, vedrai,
dissi alla mia amica, avverrà che, una volta istituito il dottorato di ricerca
anche in Italia, lo stesso pecoraio che ha ospitato e assistito l’antropologo
docente durante il palo di Maggio fatto a settembre, già laureato, sarà dentro
il corso di dottorato con una bella borsa in una inerte museificazione del
vissuto e standardizzazione del mai dimenticato clientelismo.
In sostanza, ti
ha impressionato Carol Rama? Mi chiese Klelia; e io : di tutte le meraviglie
della natura, e dell’arte, le gomme, non c’è che dire, fanno vissuto: io, a un
certo punto, tra storia, segni, e pneumatici, e la sua vecchia arte del
bricolage, mi trovo come se fossi intrappolato al meridiano dentro il mio
oggetto “a” che ha l’affanno e non si è
ancora imbattuto nelle incredibili sospensioni pneumatiche che qualche tempo
dopo avrà la fortuna di visionare ai piani alti della Fiat in corso Marconi. Ma
questo è un altro quadro, o, forse, è un’altra fabbrica.
Restai di
stucco: la mia amica aggiunse sorniona: quelle sospensioni pneumatiche sono un
po’ come gli oggetti di Butor che fanno dire è proprio così! Una sorta di deissi che mira alla rivelazione di un’essenza,
non scrisse Barthes che, perciò, sono, gli oggetti di Butor, analogici? Quelli di Robbe-Grillet sono letterali, non utilizzano nessuna
complicità con il lettore: né eccentrici, né familiari, si vogliono in una
solitudine inaudita, un po’ come le gomme di Carol Rama, solo che, a differenza
dell’autore de Les gommes, la
pittrice delle gomme non recupera l’umano, la solitudine è oggettuale,
sopravvive all’umano. Gli oggetti di Carol Rama sono residui del quadro.
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Foto by Andy Warhol |
Da questo punto
di vista, allora, come è possibile che un quadro sia una rappresentazione
pittorica di qualcosa che è completamente vissuto? A una persona che non
conosca affatto gli aspetti visivi delle gomme, quadri simili potrebbero
apparire come se non volessero corrispondere a nulla. Invece, a una persona che
abbia familiarità con gli aspetti visivi delle gomme, quei quadri appariranno
presumibilmente come se volessero essere una rappresentazione pittorica di
qualcosa che è conosciuto ed è stato usato. Siamo sicuri che la faccenda delle
sospensioni pneumatiche in Fiat possa rientrare, quando accadrà qualche anno
dopo, in un altro quadro e che sia per questo un’altra fabbrica? E le gomme nei
quadri di Carol Rama siamo sicuri che siano una rappresentazione pittorica
delle gomme, che, in vari modi, a quest’altra fabbrica rinviano? O forse: le
gomme della bicicletta, dell’auto, del trattore, del motorino e della Vespa ci
sono familiari, così anche le sospensioni pneumatiche mi daranno il gaudio
andando in Fiat al meridiano in corso Marconi fra qualche tempo, nel senso che
sono analogiche, è proprio così!, quando le vedrò che potrò esclamare se non Tali! E’ così, son queste le sospensioni
pneumatiche assolute, tali! Mentre le gomme di Carol usate e suturate nel
quadro non sono familiari e non sono affatto né familiari né deittiche. Sono
una rappresentazione pittorica. ▌by v.s.gaudio
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Carolrama con Edoardo Sanguineti
alla Galerie Lutrin, Lione 1966 |
[i] Carol Rama, Torino 1918-Torino
2015.
[ii] Klelia Kostas, Sanremo 1932-Torino
1983.
[iii] Cfr. Woody Allen,
Sulla gioventù e la vecchiaia, in: Idem,
I primi saggi,
© 1972.
[iv]
Cfr.
“Il cosacco” di Robin Wood e
vari disegnatori, tra cui Furlino; in Italia pubblicato da “Lanciostory” e “Skorpio”.
[v] Edoardo Sanguineti,
Carolrama.Luogo
e Segni, Galleria d’Arte Luciano
Anselmino , Milano 1976.
[vi] Cfr. Alain Robbe-Grillet, Les gommes, Paris 1953, trad.it. Einaudi, Torino 1961.
[vii] Roland Barthes,
Non c’è una scuola Robbe-Grillet, “Auguments”
1958.
[viii] Cfr. Paul Ziff, Che cosa
rappresenta un quadro, in: Idem, Itinerari
filosofici e linguistici, ©
1966, trad.it. Laterza, Bari 1969.