Pingapa ▌PLUS▼

Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Burri "esistenziale" at MLAC. Con Enrico Crispolti

MLAC - Sapienza Università di Roma, a cent’anni dalla nascita di Alberto Burri


BURRI “esistenziale”
discussione del libro di
ENRICO CRISPOLTI
a cura di Luca Pietro Nicoletti
Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo

Lunedì 14 marzo 2016 h.17.00  - MLAC Sapienza università di Roma
intervengono:
Enrico Crispolti
Claudio Zambianchi
Ilaria Schiaffini
Luca Pietro Nicoletti
(curatore del volume)

MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea
(Palazzo del Rettorato, I piano)
P.le Aldo Moro, 5 00185 Roma

A cent’anni dalla nascita di Alberto Burri (1915-1995), è possibile rileggere gli scritti di Enrico Crispolti, uno dei più acuti e penetranti interpreti della sua opera, in un’ampia silloge che, spaziando dal 1957 fino al secondo decennio del XXI secolo, ripercorre il denso rapporto fra il critico e l’artista.
Sulla scorta della letteratura più agguerrita (Villa, Sweeney, De Mandiargues e Arcangeli), ma prima dell’importante monografia di Cesare Brandi del 1963, l’allora giovanissimo storico dell’arte romano per primo aveva offerto un’interpretazione in chiave esistenzialista della pittura di Burri.
L’opera di Jean-Paul Sartre, fino ad allora messa in rapporto con il lavoro di artisti quali Fautrier e Wols, si dimostrò, nell’analisi di Crispolti, particolarmente adatta a decifrare il pessimismo radicale, privo di orizzonti e di speranza, che forniva la base concettuale alla materia combusta e lacerata di Burri.
Il critico metteva già allora in evidenza il significato filosofico dell’uso di materiali eterodossi in funzione pittorica: il sacco bruciato e rattoppato, la plastica toccata dalla fiamma, la lamiera di ferro saldata rimangono nella dimensione compositiva del quadro, ma trasferiscono nel suo spazio la loro insopprimibile evidenza di oggetti quotidiani e, allo stesso tempo, diventano una metafora immediata della carne ferita, della caduta esistenziale, tanto materiale quanto psichica.

Enrico Crispolti
| Burri “esistenziale”|
a cura di Luca Pietro Nicoletti
collana “Biblioteca Passaré”
Quodlibet 2015



Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo
Sapienza Università di Roma


© 2016 - grafica: Giacinto Giuliani