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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

I ciclisti e il viandante Parrotë.▬ Microteatro della Ruota

La strada del vento, i ciclisti e l’unico indiano dei Parrotë[i]
Commedia in due pedalate o tre in dialetto
É

Strada  Provinciale 253[ex Strada Statale 106] km 46.3. Due ciclisti (dilettanti ma in tenuta da ciclista stradista in allenamento)stanno a ruota, pedalano, mordono la strada e nel darsi il cambio dialogano in dialetto.
L’uno(all’altro).-
C’è sempr’u vint aqquà!Allàtrë partë nènt, aqquà cèdë[ii]!
Il viandante della tribù dei Parrotë(tra sé e sé).
E’ libeccio, soffia da sudovest; se soffiasse più forte e questo mezzofondista del lunedì  fosse sbattuto fuori strada cosa direbbe? “Nicò, ‘oncivinìmë cchjù aqquà, cè ‘stucàzz ‘i vìnt”[iii]? Oppure: “Nicò, tavëdìtt ca ciavimmë mìtt l’atr rotë”[iv]? Oppure: “Nicò, ‘stu càzz i vìnt mmarrùt ‘u caz, ‘sta cazz’i stràdë  oncè na càzz ‘i sipàlë, chicazz ci vënìmë affà cu ‘stacàzz’i biciklèt?”[v]
(sipario)
La barriera d’erba c’era(specialmente quando la strada era statale) , ma quelli che curano la strada provinciale stanno sempre a tagliare l’erba a ridosso della strada e del canale e allora se uno, anche se non ha la ruota, e non è nemmeno ciclista, metti che gli scappa, non c’è una siepe, non c’è un cespuglio, dove cazzo la fa senza il pericolo di essere visto dai ciclisti che passano e che gli possono dire: “Parrò, proprio  aqquà avìsa vinì a chjatrà![vi]”?




[i] La famosa tribù dei “Senza Ruota”.
[ii] La |ë| è semimuta. Come insegna il tedesco Rohlfs. “C’è sempre vento qui! Altrove, non c’è vento, qui c’è”.
[iii] “Nico’, non veniamo più qua, c’è questo vento del cazzo”.
[iv] “Nico’, te l’avevo detto: dovevamo montare le altre ruote”.
[v] "Nico’, questo vento del cazzo mi ha rotto il cazzo, questa cazzo di strada non ha una siepe del cazzo, che cazzo ci veniamo a fare con questa bicicletta del cazzo?”.
[vi] La traduzione potrebbe essere questa: “O Mitico Sopravvissuto della tribù dei Parrotë, proprio qua, dovevi venire a imbottigliare!”. Si noti che “chjatru”, in ammašcante, equivarrebbe a “bottiglia”; notare come l’avveduto ciclista, di evidente origine quadarara, usi in modo ottuso l’avverbio “proprio”, che, detto in dialetto, in quanto ”proprio” rinvii al “sottaproprio” che è il “cantaro”, e qui, anche col vento che tira, si va a finire alla filastrocca che comincia più o meno così: sotto la scala di zia Catarina c’è un cantaro pieno pieno, asùtt’a scàlë ‘i zì Catrìnë cè nu’ cantërë chjnë-chjnë…