La posa del caffè e la psicanalisi │33 v Medlar-Sky. Il cielo del nespoloDopo aver ricevuto l’Illuminazione, mia
nonna circoscrisse il territorio Zen con cinque frutti: il frutto-base
l’arancia, il frutto-guardia o limite il fico d’india, i frutti-contorni della
vita: il gelso, la ciliegia e la nespola. Lo Zen
dell’Arancia , la giovinezza che disseta e la maturità che nutre. Con gli
schemi verbali: estinguere la sete, sorseggiare, assaporare, gustare[i].
Il poeta ancor dentro quel periodo che
viene dopo la pubertà e il nespolo, che,
come un meridiano, è lui il demone meridiano di quell’arco di tempo tra resistenza e malizia, è lì quasi al centro, ma più verso nord-ovest, nel Giardino dello Zen dell’Arancia, che si
staglia verso lo Zenit: non s’era mai visto un nespolo così alto, anche perché
se lo schema verbale che contraddistingue la sua azione di base è “non
lasciarsi andare”, correlato allo schema del “non esporsi”, l’oggetto “a”
che si sta portando con la scala verso l’apice del nespolo non può che “camminare
sopra un filo di seta”.
Nella verticalità del nespolo, cosa può
chiedere il poeta al suo oggetto “a” così somatizzato, e l’oggetto “a”
così somatizzato non sta salendo sul suo (-φ)? M., quando l’ho vista la prima volta
su per il meridiano del nespolo, mi pare di averle detto di parlarmi dolce, se
vuoi spezzarmi l’anima – e non vuoi – le dissi, allora parlami dolce, o
cantamela, con tutta quest’aria tua dell’aria in sere di sogno e anche così
estranea e incazzata, fossi stato Xosé Bolado[ii] t’avrei accarezzato i capelli, el to pelu per abituarmi al
soníu del agua, al suono dell’acqua, sopra i vetri, al esgayu allegre de los rellámpagos. Lo squarcio allegro dei lampi, è questo che mi piace in te, e, non so
se è il tuo sguardo o l’angolo tra naso e bocca e occhi, c’è questa
suddivisione in ombre differenti e il mutevole calore con cui puntualizzi il
tuo esserci , la tua deissi. Che non si espone e non si lascia andare, sali su
come se camminassi sopra un filo di seta, non sei il capro davanti all’Albero, la postura 23 del maestro Tung-hsüan, né siamo venuti a fare la Scimmia gemebonda che abbraccia l’Albero, in questo caso dovrei
essere l’albero, che, in ogni modo, non potrei non esserlo, anche quando poi
potrebbe andare a finire che nella scena finale l’oggetto “a” così somatizzato non è
che l’Asino di tre anni, che, a conti
fatti, in un elenco, ebbe come numero il 29, che, anche nella smorfia, è quello
il numero del meridiano, del (-φ) e dell’albero.
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marisa aino ⁞ v.s.gaudio Ó 1970 |
La nespola , e quindi il nespolo, rinvia
al capro, che ha numero 23, che in un certo gergo è la figura del cinque,
essendo 23, 2+3=5, la cifra del deretano, e quando sale sul meridiano l’oggetto
“a” così somatizzato è un corpo del
Capricorno, che è anche il segno della nespola, e dell’incavo delle ginocchia[iii].
Se giunti a questo punto tiepido e così
luminoso del pomeriggio, in cui non si va e non si ritorna, in questo spazio
dei rilevamenti, che guardandomi mi tocca, fálame
duce, disse il poeta, parlami dolce perché io non ho parola
che appesa al tuo paradigma somatico possa profferire quando liscio el pelu del tuo bagliore ainico.
Tra voce e sguardo, e la tua pelle che
un po’ sa di nespola ed è tra la grafite e l’onice, ma è sabbia, così candida e
tangibile, che estende il meridiano fin tanto che il visionatore di nascosto
non si stanchi mai di far pulsare la sua pulsione uretrale, se vuoi spezzarmi
l’anima – e non vuoi- è questo che ti dico, parlami dolce, dentro i segreti
della terra nel punto più alto quando,
come oggetto “a”, sei adesso al mio
meridiano che, se vuoi, puoi spezzarmi
l’anima.
Ci fu un poeta danese che scrisse che
non sono gli alberi da frutto nel piovisco a renderti triste, e nemmeno il
fatto che gli attrezzi sul prato bagnato siano stati lasciati lì, l’oggetto “a”
così somatizzato che sale la scala sopra un filo di seta non è nell’autunno e
se lo si osserva bene c’è un segreto raggio di sole tardo e solo in quel momento reso visibile che si
connette al suo bagliore ainico, in
quell’angolo, in quel punto del giardino che, se vai a vedere, è lì che la
primavera si faceva colma tanto che il suo profumo emanava odore fin dentro il
fantasma del poeta e del suo oggetto “a”, in quel punto che per come è
aperto pare che scivoli il nespolo fino a terra spinto dal maestrale, se soffia
il vento dei fichi d’india, e dal libeccio, se il vento è quello della
ciliegia: prima, lo schema verbale è quello del passare sotto silenzio; poi, lo
schema è quello dell’avere un sorriso per tutti e del parlarmi dolce nella
pulsione tattile che lega il filo di seta alla scala e il bagliore ainico all’albero[iv] e al (-φ) che è quello del poeta, prima, e del visionatore, dopo.
Il nespolo è lungo, nel Giardino Zen di Mia Nonna, è un
meridiano che allude sempre all’assenza di qualcosa o di qualcuno, è come se il
(-φ) fosse sparito dalla scena perché sta
arrivando da un altro punto, è così imminente il suo arrivo a lungo atteso, la
stagione è la sua, è quella del mese del gaudio, il mese della pulsione tattile dell’oggetto “a”
così somatizzato e della pulsione
uretrale del poeta-visionatore: se si osserva l’habitat attorno, e fin giù,
ad est, verso il mare, non c’è l’infinito degli ulivi e nemmeno i mille occhi
dei guardiani dell’ombra, i rami e le mani e la scala, l’albero, il tronco, e
il dorso su cui, se fosse stato il
mattino, il sole avrebbe sbiadito il bagliore
ainico, e, nella tarda controra, invece, illumina quel suo bagliore ainico l’erba che come una
fenditura di legno è lì che annega il bonheur,
lo squarcio allegro dei lampi.
Su
per la scala di un meridiano è il nespolo
che
fluttua sopra di noi e non è un cielo
io
ho detto che quella vetta è la scrittura di Henry Miller,
e
quell’altra la figura di Gesù
e
questa foglia è il sogno di Platone
e
quell’altra è Witold Gombrowicz,
e
questa è Cézanne non è Kipling,
e
ancora il ramo che di qua fa Edgar Allan Poe
e
di là sventola Jack London , insomma tutte
queste
foglie sono vette e i rami poemi,
scritture
che fendono il cielo.
E
ho detto: “Che cosa se ne fa Dio del nespolo
su
cui sale al meridiano il mio oggetto “a”
e già dentro la giovinezza si eleva quasi fino al cielo?”
[i] Cfr. V.S.Gaudio, 16.I cinque Zen di mia nonna, in: Idem, Mia nonna dello Zen, in: Alessandro Gaudio, Il limite di Schönberg. Il principio ibrido, il disagio e la mancata fine del romanzo. Ricerche estetiche con testi di V.S.Gaudio, Edizioni Prova d’Autore, Catania 2013.
[ii] Poeta
spagnolo(Oviedo,1946) che recupera e usa
la lingua asturiana, il Bable.
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marisa aino ⁞ v.s.gaudio Ó 1970
Meridiano del Medlar: part. |
[iii] C’è la somatica che c’è
nella pittura di Cézanne, la sua devozione al mondo visibile ma nella
fisionomia morale dei gesti: tra realtà e sensazione fin dentro l’impressione
immediata, senza precisare i contorni, senza circoscrivere il colore nel
disegno, senza comporre la prospettiva né il quadro. L’oggetto “a”
sulla scala del nespolo è la natura e l’ottica, la sensazione e il pensiero,
come Cézanne rimette l’intelligenza, le idee, la prossemica, la prospettiva e
l’esserci a contatto con il mondo naturale che esse sono destinate a
comprendere, è come confrontare quel
corpo sulla scala con la scienza e l’occhio del visionatore. E’ la somatica del
bagliore ainico nella sua ascesa
dentro la giovinezza, è nella prospettiva vissuta, quella della percezione del
poeta-visionatore, non è la prospettiva geometrica o fotografica, dentro
un’ellisse o intorno, senza essere un’ellisse. Il bagliore ainico, o l’immagine somatica, del medlar-sky: come Cézanne che scrive da pittore quel che non è
ancora dipinto e lo rende pittura assolutamente, l’oggetto “a”, dotato del
bagliore ainico, sale nel cielo del nespolo che non ha ancora nespole e lo
rende medlar-sky somaticamente.
[iv] Si specchia così con
Eveline, la sorella della signora Gagelin, di cui dice Max Jacob per le dame
del terzo decano del Capricorno: la sua gioia più grande è fare una gita in
macchina in campagna, la domenica, e pranzare sotto gli alberi. Senza
dimenticare la schietta allegria solare e il piacevole linguaggio senza peli
sulla lingua, e l’intelligenza profonda, e i bei vestiti e quel far sottentrare
il governo della barca, in cui lei è maestra perché è dentro il segreto dello
schema verbale dello zen del nespolo: “camminare sopra un filo di seta”, ovvero
“salire sulla scala del nespolo nel tempo del gaudio”.