La posa del
caffè e la psicanalisi 38 ▌ L’amore
del tergo Nŭmĭda e il Berg del
ragazzo ginnasiale
Se tu mi amassi
veramente, mi accompagneresti nel sottotetto a veder le galline faraone[i].
Fu così che , invece di
dirmi : “Questa minestra l’ho fatta in una maniera nuova. Ti piace?”, e io, se
mi piace, le rispondo “sì”, che altro potrei dirle?; se invece non mi piace e
non temo di deluderla le rispondo “no”; però, io ero un ragazzo puberale, e se
lei mi avesse chiesto qualcosa sulla sua minestra, che faceva schifo, però lei
era un incanto, era più grande di me, e con quella gonna grigia è così che era
entrata nella mia libido, a livello relazionale, per quella gonna, e come
l’avevo vista salire i gradini per aprire la porta del suo appartamento, appena
dopo l’androne del palazzo, cento volte avrei risposto “sì”, anche se poi avrei
vomitato il resto della mia vita. Le galline faraone, nel sottotetto, dello
stabile, in pieno centro, in una delle più famose stazioni balneari d’Italia,
in quegli anni della mia pubertà, erano davvero un optional, per essere del
genere uccelli galliformi, possono davvero definire il destino del tuo (-φ) o, quantomeno,
produrre problemi relazionali connessi all’oggetto “a”, non solo per via del
sottotetto e in una zona urbana, seppur negli anni in cui cominciò l’imbroglio
del petrolio nella terra della madre affidataria del poeta, ragazzo allora.
Mi avesse detto: “La
mia mamma ha fatto il brodo di faraona. Ci vieni a mangiarla stasera da noi?”,
io che avrei potuto risponderle? “Certo che vengo a mangiarla da voi stasera.
E’ da quando sono arrivato a Cervia che muoio dalla voglia di mangiare la
faraona come la cucina la tua mamma!”
Non voleva ferirla, su
per le scale, quel pomeriggio, e lei, d’altronde, a guardarla da sotto, mentre
saliva, cos’era per me se non Henia nel romanzo “Pornografia” di Witold Gombrowicz[ii], e, poi, all’epoca,
ragazzo com’ero e pervaso da quell’immagine, anche di notte, e sentivo quel “coccodè”
egiziano provenire dal sottotetto, che,
se l’avesse potuto sentire Freud ai
tempi della sua pubertà, certo è che l’Heimlich sarebbe stata un’altra cosa,
cosa avrei potuto dirle, se non sapevo nemmeno il nome, anche se, adesso che ci
penso, nella mia memoria libidica quell’oggetto “a”, mentre saliva quel gradino
per aprire la porta di casa sua e non i gradini per il sottotetto delle
faraone, come apposizione qualcosa come Numida l’aveva[iii]. Ma forse semplicemente Ida. Num,
“forse”? “Forse che”? “Se”, forse. “Forse”, è da lei che vien fuori il pollo numido, numidus pullus, che è la gallina faraona di Celio Apicio, a cui di
certo non era mai successo di tenersi tutta la notte, nelle sue polluzioni
notturne, nel suo sottotetto tutte quelle faraone starnazzanti. La storia del
pollo in umido, o della faraona , se vogliamo, è un’altra cosa; Numida, o semplicemte: forse Ida, Num Ida, o : Se Ida, se
Ida sale su con me fin lassù nel sottotetto, oh, Dio, oh, Gaudio, cosa mai
potrei dirle? “Ti dispiacerebbe dire alla tua mamma che la faraona in umido mi
fa impazzire? Che se, Num, tu Ida,
sia chiaro, non sei meleagris, sei faraonica, questo sei, con questo
tergo grandioso che se Merleau-Ponty l’avesse visto salire quel gradino per
aprire la porta come l’ho visto io l’altro giorno, avrebbe dovuto riscrivere
non solo il concetto di “tergo” e di “carne”[iv] ma tutta la fenomenologia
della percezione!”
Ida, per la faraona,
Numida, fu anche il “Berg”, come lo intende Gombrowicz[v], a farmela vedere la
figlia del tabaccaio ogni volta che quelle faraone cervesi le sentivo starnazzare nella mia libido,
forse per via di ciò che entra dall’orecchio, o, se vogliamo essere più
precisi, della domanda alla madre, alla madre di Ida, che non ho mai fatto
perché quella benedetta donna, son
sicuro, non l’ho mai vista: come Henia, nel romanzo di Gombrowicz, Ida
procedeva davanti a me, con lei le sue spalle e il collo esile da scolaretta,
il modo di muoversi di lei, mentre salivamo le scale, davanti a me, era come un
commento sussurrato agli spostamenti di non so chi, forse, num, se fosse stato
là fuori, nella via centrale; la mano di lei, abbandonata lungo il corpo,
piegata contro il corpo dalla pressione della folla, che avrebbe potuto esserci
là fuori, in strada, o in piazza, sotto i portici, essa offriva questa mano
premuta, l’offriva tutta alle mani di lui nell’intimità e nella moltitudine di
tutti i corpi sospinti[vi].
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Berber-woman vs Num-Ida at Cervia
Chi oserebbe, vedendoci
salire le scale per andare a vedere le galline faraone nel sottotetto,
suggerire una storia d’amore tra un ragazzo puberale e una giovinetta, anche la
più tenue? A guardarla da adesso, num, forse che, se la ragazza ha appena
finito di pelare le patate e in questa ascesa al sottotetto, il sole sta
calando e la visibilità si fa più chiara, nel punto stabilito da dove
attraverso un vuoto, non andai anni dopo alla porta, a quella sua porta per
infilare sotto questa lettera: “La faraona in umido non ha cambiato i miei
sentimenti. Ti piace starci in quel modo e mi piace che chi ti ha preso,
l’adulto, che è venuto dopo a vedere con te le galline faraone nel
sottotetto, lo sappia. Penso che a lui
piacciano molto le tue mani. E il culo, naturalmente. E le gambe. E so che ti
piace rinserrare. A lungo. E lentamente. A quello che le galline faraone non
fanno né caldo né freddo, e che se deve andare in Egitto in Crociera, adesso
che ha settanta- ottanta anni, ci va subito anche con la prostata in disordine,
è che gli piace pisciare in mezzo al mare, e forse anche nel Nilo, non gliene
frega niente di questa storia, sotto di te, minerale, incontenibile,
irrefragabile. Non si è mai soffermato a guardare i deretani delle cavalle al
trotto. A mezzanotte e mezzo in punto andremo su a vedere le galline faraone
addormentate, su per la scala, scalzi, e anche nudi. Che momenti
indimenticabili in questa clandestinità
così comprensibile in cui tu, Num, forse, se, Ida, leggera, disinvolta, un
gradino dopo l’altro, davanti, io dietro, quel nostro camminare felino in cui
se tu sei Ida, allora, sei la meta dei mie passi del desiderio, anche se in
quel momento, è l’uccisione della gallina faraona che mi preoccupa, il passo
della giovinezza che calpesta un atto orrendo e vi passa come se fosse una
folata d’aria fresca, tutta questa naturale innocenza introdotta in
quest’avventura per riverire l’adulto, conquistarlo, per civettare con lui,
c’era il fremito della carne, l’ebbrezza di un accordo in cui c’è la necessità
intima di Ida, è così che ti chiamo, adesso so che sei nel mio Berg “Num-Ida”,
per via della gallina faraona, so che vuoi servire il poeta che un giorno sarò,
un delitto così grave e vi si nascondeva la più stupenda bellezza del mondo, la
consapevolezza che ero stato io a ispirare quelle gambe, nell’oscurità, quei due
s’erano lasciati sviare dalla meta prefissata, s’erano abbracciati dimentichi
di tutto e di tutti cercavano nell’oscurità i loro corpi proibiti,
nell’oscurità delle scale, ansando, tu con l’abricot mouillé, il damasco mojado
, io il glande teso e unto, lucido e brillante nell’oscurità. Vedevo la mano di
Henia che rinserrava l’asta del ragazzo, nel romanzo di Witold Gombrowicz e
pensavo che lei fantasmasse che fosse la mia nerchia, e poteva anche darsi che,
Num, se Ida, fossi stata tu, o eravamo troppo giovani per poter trattenere il
silenzio, afferrare il fallo e rinserrarlo, come avresti saputo fare, menandolo fino a farlo cannoneggiare
come un Parrott da 30 libbre e 4,2”[vii]. Dovevamo quindi
arrivare fino al pollaio, e afferrare una faraona e farla uccidere da tua
madre. La nostra clandestinità inebriante con quel nostro peccato che avanzava
in punti di piedi, le nostre gambe concordi e segrete, le labbra dischiuse, il
respiro Heimlich e proibito fino a gustare il sapore del delitto giovanile,
vergine e faraonico.”
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(...)che ancora torna per quelle gambe e il
podice della figlia del tabaccaio(...):aveva
lo stesso sguardo di questa berber woman? |
La domanda della madre,
avrei scritto dentro un saggio per Morselli, una volta divenuto adulto e ancora dentro la retorica dell’oggetto “a”
della gallina faraona e del Berg Num-Ida,
piacere singolare, non è più il tempo delle pugnette, semplicemente e puberalmente manuali, che ancora torna per
quelle gambe e il podice della figlia del tabaccaio, la domanda della madre -
scrissi- “che per quanto possa essere vergine, nella struttura della pulsione,
si presenta col seno tagliato, cosicché inganni il lettore, che non capisce che
non è questo taglio a conferire il suo valore di significante, ma è il taglio
della funzione sfinterica che valorizza e accenta l’oggetto anale, non
semplicemente in quanto dono ma in quanto identità. Ecco perché il fantasma(…),
ed è $ rispetto ad a, assume così un valore significato
dall’entrata del soggetto in questa dimensione statica, la quale lo riconduce a
quella catena indefinita di significazioni che si chiama destino. A cui,
d’accordo, si può sfuggire in definitivamente ma allora in che modo il soggetto
è entrato in questa faccenda del significante? Ma è chiaro, non l’avete
capito?, per la domanda della madre che si è riservato il posto di questo
vuoto(…), da lì lei taglia l’oggetto a
e nello stesso tempo nel determina il valore, l’accento, l’identità e il
destino.”[viii] Come dire che , non
avendomi fatto alcuna domanda, dissi al mio Berg Num-Ida, sulla faraona numida
meleagris, tua madre mi ha tagliato come oggetto “a” e quindi per me, alla tua
tavola, non ci fu alcun valore, alcun accento, nessuna identità, anche di
comodo, nessun avvenimento fatalistico lì tra il sottotetto delle galline
faraone e la pulsione uretrale del ragazzo puberale.
Se tu avessi voluto
farmi veramente almeno una pugnetta, prima di farmi la domanda delle galline
faraone nel sottotetto, avresti dovuto farmi fare la domanda della madre,ovvio:
anche della madre della Numida Meleagris: la mano, quando ripiegavi, come
Henia, la camicetta, la tua mano sul tavolo, la tua mano aperta, impeccabile,
ordinata sotto ogni aspetto, del resto forse anche ginnasiale, come ginnasiale
ero io, ma tu eri di più, la mano è proprietà di babbo e mammina,e nello stesso
tempo è priva di indumenti, completamente nuda, nuda della nudità di una mano o
di un ginocchio che sfugge alla gonna ma anche di una minchia e con quella tua
mano , per me che ero ginnasiale, ginnasialmente libertina, anche se tu avevi
fatto le magistrali, con questa tua mano, ricordi?, bussasti alla porta. Toc, toc, toc. Toc, toc, toc! “Sono
io” in quanto oggetto puro, non eri identificabile, e nemmeno io, figurati, non
avevo nemmeno finito il ginnasio,tua madre non mi avrebbe mai fatto la domanda
: “Num-ida Meleagris?”: “Forse Ida , Meleagro?”. Non ero io quell’argonauta,
Meleagro, uccisore del cinghiale Calidonio, e d’altronde, come avrei potuto
venire a vedere uccidere le galline
faraone, Meleagrides, se, a differenza di Meleagro, io non avevo sorelle[ix]?
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Ourilah la Kabyle vs Num-Ida
delle sorelle di Meleagro di Cervia? |
[i] Cfr. Paul Watzlawick,
Se tu mi amassi veramente, mangeresti
volentieri aglio, in: Idem,
Istruzioni
per rendersi infelici, trad.it.
Feltrinelli, Milano 1984.
[ii] Witold Gombrowicz,
Pornografia, trad.it. Bompiani editore,
Milano 1960.
[iii]
Si tenga per sé che
Nŭmĭda
possa anche essere “
nomade”: il
tergo nomade, nella visione puberale sulla riviera romagnola, potrebbe mai
essere quello della figlia del tabaccaio? Va, in ogni modo, precisato che la
figlia del tabaccaio e il tabaccaio stessi non erano della Numidia, erano del
popolo romagnolo di Cervia-Milano Marittima.
[iv]
Va da sé che
Numida dens è anche l’
avorio.
[v] Cfr. Witold Gombrowicz,
Cosmo
[1965
], trad.it. Feltrinelli,
Milano 2004. Che cos’è dunque il
berg?
E’ un allotropo, dunque un elemento che esiste in forme fisicamente diverse tra
di loro? Il
berg fa coesistere due
diversi esiti di uno stesso significante? E’ la funzione della nuova
rappresentazione che c’è nella
Lebenswelt,
il genere creato da V.S.Gaudio negli anni settanta? .Cfr. V.S.Gaudio,
L’eterotopia dislocata.
La libido ubiquista delle mule irlandesi e
la finestra di Morselli, in “
Morselliana”, a cura di Alessandro
Gaudio,
Rivista di Studi Italiani,
anno XXVII, n.2, 2009.
[vi] Cfr. V.S.Gaudio, La
Lebenswelt con W.Gombrowicz sull’erotismo polacco inferiore al valore, in:
Idem, HENIA’S GAME □ Semidissertazione su
“Pornografia” e Lebenswelt con W.Gombrowicz , ebook
Issuu 2015.
[viii] V.S.Gaudio,
Il remedium
non viene in Vaticano; la domanda della madre, in: Idem,
L’eterotopia dislocata, loc.cit.
[ix] Mĕlĕāgrāĭdes,
um, f.pl.,
sorelle di Meleagro,
trasformate in
galline faraone.