Aurelia Mazzacane.
Quella
dell’amore a cazzo; per via del suo maillot de bain
Quando
conobbi Aurelia Mazzacane, che, a
dire il vero, i familiari chiamavano, con la pronuncia tipica della “a” e della
“h” commutata nel suono “gh”, “Ghurelia”, Ghurelia Mazzacānë, era
sulla spiaggia, tutta a pietre, e, senza guardarla, era stesa in una sorta di
nageur che ora ne fanno un pezzo da
500-600 euro “La Perla” e la “Maison Lejaby” che non fa che innalzare il (-φ) di
qualsiasi visionatore, ogni volta che uno ci pensa , al 4° grado che Eric
Berne, buon’anima, chiamava “orgoglio peyronico”, capite adesso perché non la
guardavo, ma si sa che è proprio quando non la guardi direttamente che la stai
osservando fin dentro il punctum che
ne faccia il tuo oggetto “a” irredento e perenne per migliaia dei tuoi prossimi piaceri singolari;
allora: Ghurèlia stava lì nel suo patagonico nageur, e lei mi disse: “Oh,
Enzu’, sai da quando volevo conoscerti? “, e si tirò su e cominciò a lanciarmi
sassolini addosso, più giù che su, per via degli occhiali, e fu così che me
innamorai, non per via dell’amore, che non potrei mai amare nessuna perché
l’amore, l’amore del (-φ) , intendo, è tutto per mia moglie, ma quella volta mi
innamorai, come dire?, a cazzo, di Ghurelia Mazzacane. Oh, Dio, non è che la presi in disparte e le
dissi: “T’amo a cazzo, Ghurelia, per via del tuo nageur,o maillot de bain, se
vuoi, sei proprio una Mazzacane patafisica!”; anche perché c’era il fidanzato,
che, poi, non sposò, ma questa è un’altra storia. L’amare a
cazzo è contiguo o quantomeno è connesso allo spirito del libeccio, che, si sa,
anche per via di una ragazza così patagonica stesa al sole in quel suo nageur
da mazzacana, è audace e, nello stesso sottosoffio, sistematico; e, questo ora
ricordo, lustri dopo, mi fu opportuno parlare proprio delle avventure audaci e sistematiche dello spirito del
libeccio.
La combinazione tra giallo e rosso, scrissi, porta tre varianti, mi
riferivo a quanto nella rubrica dei Test che curai per “Donna Moderna” fosse entrato in quanto colore:
1) lo spirito aperto e conciliante che soffia tra le grandi imprese e le
avventure audaci; 2) lo spirito vivace e la versatilità che soffiano
sull’ostinazione sistematica;3) lo spirito discontinuo tra slancio e capacità
d’azione.
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TEST di Vuesse Gaudio UN ROSSO MIAO..."Donna Moderna" n.12
Arnoldo Mondadori Editore,
Milano 7 giugno 1988 |
Tre varianti per l’animus della
donna(che è pur sempre la pelle del tergo per l’aderenza del suo maillot de
bain), o, quantomeno per l’oggetto “a” femminile.
In sostanza, il libeccio, che si abbinava all’arancione, e che, a Milano,
nei miei tragitti urbani non ho mai sentito che vento ci fosse, né mi era mai
occorso che un qualsivoglia vento abbia mai sollevato la veste di un mio
oggetto “a” così avanzato e urbanizzato, ora che sono qui sulla spiaggia
tutta pietre con Aurelia Mazzacane , alla stessa stregua semantica e
paradigmatica dei Test per “Donna Moderna”, che spirito fa soffiare con quel
suo nageur ante litteram? D’altra parte, era pur sempre un maillot de bain, che
adesso li fa a pelo di pelle e di podice anche l’Adidas.
Sembra che lo spirito a volte si stia aprendo e poi c’è in sostanza questa
apparente bonaccia, come se sul sintagma nominale, che era l’elasticità del suo
pondus e del suo nageur interconnessi, non soffiasse più quel lieve libeccio
arancione, e allora la pulsione fallica si acquieta, si fa quasi uretrale, ci
vuole poco, e dall’accumulazione affettiva e
dalla sintomatologia quasi feticistica si passa alle conversioni
spasmodiche dovute allo schema verbale della pulsione “e”, che è quella
uretrale, che soffia dentro, è come se il libeccio si commutasse
in bonaccia mazzacane:
dall’arancione, dai colori fallici rosso e giallo, all’apparente quiete, che,
però, è dentro la sintomatologia esplosiva del colore uretrale, che, allora,
come sarà?
Sottentra nella bonaccia mazzacane
quello che come immagine può essere una spiaggia di pietre , un mezzo vento di
Marte, che, se non è il libeccio, che è da sudovest che scompiglia il dono di
sé e alimenta lo step-style tra spirito di distruzione e spirito realista,
allora è evidentemente questa bonaccia di
Aurelia, la bonaccia marziana, la
bonaccia della Mazzacane che ha lo
step-style tra la dolcezza di uno
spirito esplosivo e la collera di un fuochista travestito da pompiere. Il
colore dello step-style della bonaccia
mazzacane, tolto il nageur che è tra il grigio e il beige, è di un giallo lieve, anche il limone, se vai a
vedere, è nel paradigma della bonaccia mazzacane, come la sabbia e la pietra
pomice, il ciclamino anche e l’ocarina.
O forse è il blu nero, che è il
colore dell’incantesimo, seppur nella misura breve del sintagma quieto e
nominale, una sorta di miraggio condensato, o un segreto, che non è detto che
non abbia verbo, sangue, corpo e sesso. Dentro le cose, questo stile della contuizione , da contuitus (più come “sguardo” che come “vista”, fino a rendere
immobile e nominale lo schema verbale deponente del “contueor” di “guardare con meraviglia”), opera una
sorta di contrazione tra conscio collettivo e conscio personale, senza per
questo accedere al significato nascosto di una cosa o di un
sostantivo-archetipo, non c’è la procedura osmotica mediante un piano affettivo
fatto di sentimenti, di simboli, di analogie, è apparentemente la strada della
mistica ma ha l’adesione magnetica, breve, dell’amore fisico, tanto che il
pansensualismo cosmico, che è sempre poco accessibile, che di solito si concede
alle donne nate in marzo o con Giove e Luna nei Pesci, in Ghurelia ha qualcosa
di ancor più marginale, come se quel suo step-style della bonaccia mazzacane
avesse una lunghezza d’onda criptata: la dinamica, ma si trattava invero di quietudine di Marte, della bonaccia mazzacana non ha mai una
coscienza cosmica ma è come se frammentasse non solo il reale ma anche l’etica,
non ha sentimenti, simboli, analogie, è sempre dentro questa pulsione un po’
gialla e un po’ blu-nera, una sorta di meccanismo fantasmatico che fa soffiare
sempre la sua bonaccia somatica della Mazzacane tra la quiete degli schemi
verbali e l’inquietudine dei sostantivi-archetipi. Per come tira ed è elastico
il nageur, su quell’assetto somatico quasi ectomorfo, ma teso e morbido, di
Aurelia.Era quello lo stile della
duplicità: che non sa se cedere ai fenomeni di possessione o se farsi ossessionare
dai fenomeni di conversione. E’ la
bonaccia mazzacana,
che lanciava sassolini verso (-φ) del poeta. La navigatrice delle
pietre grosse e i ciottolino verso il giovane poeta nipote di Mia Nonna dello
Zen che, per via delle grosse pietre, era quasi omonima, per nome e cognome, di
Ghùrelia Mazzacane!
!by V.S.Gaudio
→ da: I nuovi oggetti d’amore ♥