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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

Le melanzane per la Lode del Mare ♦ La posa del caffè e la psicanalisi | 40

Come l’inventore della cicogna-porca, che non è detto che debba essere per forza un poeta malinconico, che di rado si toglie il cappotto, e che debba per forza partecipare al rito dell’uccisione del porco, nonostante viva in un universo  tutto obliquo ma essenzialmente con l’asse tra estetica e piaceri singolari, il piatto di Mia Nonna dello Zen è stato quello delle melanzane ripiene, che, a guardarlo, adesso, da lontano, non si può non avere gli occhi colmi di affettuosa malinconia. Lo sanno tutti che non abito sulle rive di un lago, e quindi non aspetto con tenera ansia l’apparizione dell’unica cicogna-porca esistente, e non aspetto nemmeno che venga l’inverno, quel dopo Natale per il rito del porco, che, in verità, essendo così rosso e untuoso, ha sempre dentro qualcosa di una vicenda amorosa se non turpe oltremodo lussuriosa e porca.
La vicenda  amorosa turpe e porca è sempre ebbra, non fosse altro per la giusta dose di Ghb[1], con cui viene riempito il poeta affinché sodomizzi con la dovuta resistenza la troia di turno, che, per via delle melanzane di Mia Nonna dello Zen, ha sempre una linea mediterannea nella somatologia se non un aspetto del tutto fallico-demoniaco, per quanto asserisca Manuel Vázquez Montalbán, in merito al paradigma della melanzana nera in uso per le “Melanzane all’alessandrina”[2].
La posa del caffè e la psicanalisi |40  Le melanzane di Mia Nonna dello Zen e della Lode del Mare

Marisa Aino  ░ Melanzane d’Aino © 2016


La melanzana, anche quella di Mia Nonna, si sa, non sta in mezzo, tra la carne e la verdura, né tra la flora e la fauna del Mare Nostrum, anche se, a mangiarla ripiena, non conviene mangiarla nelle mattinate di nebbia, per questo quando stavamo in Romagna io me ne tornavo giù in Culabria a gustarne, dentro la pulsione fallico-uretrale, il suo particolare sapore di aver-perduto-l’inesistente.
Fosse stato il piatto tipico qualcosa come la  tentazione di Jansson che, tra patate, cipolle e acciughe, non è per niente impossibile laggiù in Culabria, il poetino che sarei diventato  avrebbe forse più concupito  oggetti d’amore e troie con carni fredde e pelli bianche, e pelo rosso[3]. O almeno biondo, per via del pesce salato, anche se col baccalà viene meglio, sia il gaudio del palato che quello polisensoriale che serve a caricare l’orza. La melanzana ripiena ha qualcosa del languore solitario ma anche una persistente, invisibile e irraggiungibile, tenerezza, per le lente e lunghe navigazioni, i corpi più amorevoli e maliziosi, più temibili e dolcissimi, come se si fosse dentro il deposito dell’infelicità del mondo, almeno quando tramonta il sole, e il gaudio che comincia a venir di nuovo a farti navigare sopravvento come il sole s’innalza.
L’adolescenza, dentro una città estremamente povera, in cui i personaggi hanno rinunciato a modificare la propria condizione, e vivono una vita solitaria, esclusa, taciturna, segregata, quasi come se fosse emigrata, è fatta di pugnette e melanzane ripiene: le case sono vecchie e costruite con materiale che già ora rivela i segni di una continua, ormai precipitosa decadenza; in più, saranno sempre fuori o  a lato delle regole di calcolo dell’equo canone, anche per via del fatto che non appartengono alla popolazione originaria del luogo ma ai temibili ambulanti della carbonella, i cosiddetti Ombroni, che non sanno leggere e son tutti grossisti  del fumo e dell’ogliarola ma poi amministrano il territorio, dalla giustizia all’esazione delle tasse, istituiscono la tassa della salute solo per il poeta, altrimenti se non paga sarà a poco a poco avvelenato, e prima ancora ingiuriato ed espropriato, vilipeso e torturato, anche per bocca dei pazzi oracoli destinati alle famose cliniche della vigna e della posta, e gli sarà tolto quanto dovrebbe spettargli per eredità e stato di famiglia, anche se gli hanno inventato il cognome. C’è una ragione di Stato in tutto questo, come c’è in quella che era, e continua ad essere, la Banda Pignatelli, o quello che potrebbe essere l’omaggio al bandito del separatismo con il secondo nome imposto, si presuppone alla fonte battesimale, al futuro poeta, e futuro mangiatore delle melanzane ripiene di Mia Nonna dello Zen, quella che, avendo quella grande vigna, la vignarula, e la vigna è semplicemente l’aranceto, mai o quasi mai, essa uscì per strada, e quando aveva bisogno della sarta, essendo le monete lise e illeggibili, e non essendoci ancora l’euro e nemmeno la moneta di Malta, si metteva a piovere, e allora si usciva tutti in strada e senza ombrelli stavamo a cantare e a correre, non potevamo giocare a palla, perché non avevamo la palla, figurati il pallone, o le scarpe, essendo della stirpe degli Scalzacani e dei Senzaruota, tanto che il ragazzino che mangiava le melanzane ripiene non poteva pensare che per amare avrebbe amato chi aveva nel nome l’elogio del mare, e, sebbene poi leggerà libri d’amore e trattati di filosofia e fenomenologia dell’andatura e dello Zahir nei piaceri singolari e perfino Matrimonio e Morale di Bertrand Russell, e Pornografia di Witold Gombrowicz, Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley e anche Giallo Cromo, Henry Miller, Alain Robbe-Grillet, in un luogo senza desiderio e senza amore, in cui i matrimoni vengono convenzionati per l’Ordine della Ruota e dello Ior, dei Catari e degli Ombroni, della Santa Ammašcatura dei Cugini e degli Zingari, come avrebbe potuto mai presupporre  che per le melanzane ripiene nessuno in questa città avrebbe mai  potuto conoscere e coltivare l’amore, tanto che, poi, una volta che il secolo dopo fu avviato e percorso per anni, venne fuori un solo uomo, un sordo che aveva l’impressione che si trattasse di una città-ombra, ed era arrivato con un circo che, per due giorni, si esibì gratis nella piazza del Municipio, e non venne nemmeno il prete, e solo quel sordo, che poteva essere il campanaro,  credette di assistere a una cerimonia funebre, intanto che tutti gli altri cittadini rimasero alcuni chiusi in casa, soffrendo intensamente di quei fragori lussuosi, e tutti gli altri si nascosero nei loro paesi d’origine, a nord, a sud e ad ovest, mentre da est, dal mare,lanciavano bombe, nel mare, quelli della Confraternita del Petrolio di Sant’Arcangelo, nel nome della madre affidataria del poeta che mangiava nell’adolescenza le melanzane ripiene di Mia Nonna dello Zen.
Questo è il punto, non c’è e né mai ci sarà il cavaliere che ucciderà il drago, fosse pure Cilistaro, si tratta semplicemente di melanzane ripiene, questo ebbe a dire la zingara ragazza quel 5 gennaio, che tutto è scritto nelle melanzane ripiene di tua Nonna dello Zen, e, guardandolo e tenendogli la mano, quel lunedì proprio sui binari al passaggio a livello del casello 107: “Oh, Trunante altissimo, tu che sei d’u jurnusu vrušente, e hai questo segno che è il segno della madre che non c’è e hai questo che è il segno della tua donna che sarà tutto il tuo mondo e ha il nome della lode del mare per quanto tu abbia nel tuo palato il gusto delle melanzane ripiene, che è il piatto che fa nascere e rinascere l’amore uguale per misura e corpo a te, e allora intanto che venga ad allietarti l’anima e il fallo, che ne dici di fušcare un po’ con me così che, andando in giro per il mondo, il tuo spirito con tutto quel tuo amore che ti verrà dalla tua amata che è l’elogio del mare e del genere maschile sarà sempre il mio gaudio?”
Il segno, o il doppio segno, da cui traeva il vaticinio quel portento di giovane zingara era, non sol perché fosse il 5 gennaio, nel segno del Capricorno, come segno solare e anche di Mercurio e del Fondo Cielo, e della madre e dell’amore assoluto di chi porta il nome dell’elogio del mare, ancorché il mare fosse nel paradigma della Luna nei Pesci, sia nella madre che nella “donna che sarà tutto” che, per aver mangiato le melanzane ripiene di Mia Nonna dello Zen, non poteva che essere la “lode del mare”, questo corpo greco e saraceno, paralongilinea ectomesomorfa, che, tra l’adolescenza e la maturità, avrebbe avuto l’indice costituzionale prima nell’orbita del 50 e, poi, del 53 e l’indice del pondus, prima, quasi medio tra 31 e 27 e, poi, fattasi madre anch’ella, tra 26 e 20, medio-alto, quasi al primo grado del valore alto; che son numeri questi della matematica del corpo e delle melanzane ripiene, che, va da sé, non potresti mai mangiare nei ristoranti delle province altamente urbanizzate e avanzate[4], per questo il poeta, una volta maritatosi con la donna dell’elogio del mare, fu spedito nella città da cui il Custode dell’Ordine della Ruota monitorava tutto il popolo steso al sole e all’ombra, città in cui non avrebbe potuto gustare quelle melanzane ripiene di Mia Nonna dello Zen che solo la donna vaticinata dalla zingara sapeva cucinare come se fosse la tentazione dell’elogio del mare e del genere maschile, che non ha niente del filtro amoroso che possa eccitare le immaginazioni più marmoree ma che è costituita   per l’esclusivo uso del poeta che, come aveva predetto la zingara, farà vagare in eterno il suo (-φ) sempre nell’orbita del suo oggetto “a” assoluto, quello che ha il nome dell’elogio del mare e del genere maschile. Nessun endocrinologo è mai riuscito a spiegare la ragione di questa attrazione eterna e la connessione genetica con le melanzane ripiene, che, seppure sia nell’ambito della pulsione uretral-fallica del poeta e dell’amore suo infinito, resta misteriosa e veneziana come il segno della madre perduta nella mano del giovane poeta. 

La copertina di un numero del mensile "GM" , 
The Walt Disney Company Italia, 
Milano maggio 1995, 
con  la rubrica di Marisa G. Aìno
"Cucina da campo"

Melanzane della Lode del Mare e del genere maschile  
by Maris’Aino

4 melanzane
1 cipolla di Tropea
500 gr. Pomodori di stagione pelati
Basilico
4 cucchiai di parmigiano
6 cucchiai di mollica di pane
2 uova
Pepe
Sale
Olio di oliva
  1.  In una teglia mettete l’olio e la cipolla tagliata finemente, fatela soffriggere senza farla annerire e aggiungete i pomodori freschi pelati e una parte del basilico e un po’ di sale; lasciate cuocere a fuoco lento per 10 minuti circa.
  2. Lavate le melanzane, tagliatele a metà e lessatele leggermente in acqua salata; scolatele e cavate la polpa all’interno di ogni metà. In una ciotola versate la polpa, dopo averla schiacciata con la forchetta; aggiungete le uova, la mollica di pane, il formaggio, un po’ di basilico e un po’ del sugo preparato precedentemente; spolverate con pepe e sale e impastate. Prendete le coppe vuote delle  melanzane e riempitele con questo composto.
  3. Allungate il sugo nella teglia con acqua, portatelo ad ebollizione e aggiungete le melanzane ripiene. Fate cuocere a fuoco lento per 20 minuti, prima con la teglia coperta e poi senza coperchio.




La zingara catalana: "Sì...E' Vinum Sabbati l'antica bevanda che si usava nei riti orgiastici.
Sotto il suo effetto, sono possibili piaceri inimmaginabili...ma con essi giunge la corruzione...":
da Martin Hel: Nuptiae Sabati, di Robin Wood e Angel Fernandez, Eura Editoriale, Roma 1995.
[1] Che avrebbe potuto essere, in uno di questi rituali subiti, quello di quell’8 febbraio bisestile, il vinum sabbati di cui alle orge delle antiche leggende dei gitani catalani, non fosse altro per il legame della diocesi che contiene l’atto di battesimo del giovane poeta con l’ammašcato nome della confraternita afferente a Castiglia.
[2] Cfr. Manuel Vázquez Montalbán, Ricette immortali, trad.it. Feltrinelli, Milano 1992.
[3] Cfr. quanto scrive Manuel Vázquez Montalbán, La tentazione di Jansson, op.cit.: “Raccomandabile per pelli bianche e carni fredde, perché i pesci salati di solito scuriscono i sessi e li rendono salati, senza che nessun endocrinologo, per fortuna, sia mai riuscito a spiegarsi la ragione”.
[4] Nella Fascia II Avanzata Urbanizzata che corrisponde all’Italia Metropolitana, con Milano, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, in cui il ceto medio, medio-superiore e superiore della Toccata accettava pienamente il Cs 2(tra i fattori cinestesici:“toccare con gli avambracci, i gomiti, le ginocchia”) e il Cr A-B (items della Carezza: “sfiora o tambureggia”; “strofina”)e quel che più conta l’i1 fra gli Items del Contatto(“sentire il corpo della toccata”), è difficile rinvenire le melanzane ripiene come Mia Nonna comanda. Cfr. V.S.Gaudio, Manualetto della Mano Morta, Scipioni bootleg, Viterbo 1997.