Pingapa ▌PLUS▼

Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

Beba Marsala al Huevo ▐ Decio Pignatari & V.S.Gaudio

Questo Decio Pignatari della Beba Coca Cola mi ha riportato alla mente il fatto che, negli anni Settanta, facemmo dono, io e mia moglie Marisa Aino, non so se al poeta italo-albanese Aldo Dramis o alla sorella di mia moglie Antonia Aino chiamata “Ninetta”, di una serigrafia “bianco su bianco” di Pignatari.

Ma non ne sono sicuro. Del dono, sì. Ma che fosse, destinato a chi dei due poi?, un Pignatari, questo non posso garantirlo. Comunque, sono sicuro che, a un certo punto di quegli anni di piombo, passò tra le nostre mani un’opera del poeta concreto Decio Pignatari, che, forse, mi era stata donata da Franco Verdi, il poeta visivo di Verona che fu nostro caro amico. La Coca Cola, voi lo sapete, è come l’uovo di Colombo e, se si pensa allo zabaione che mi piaceva tanto da ragazzo, col Marsala, che teneva giù mio nonno, che, una volta, mi rivelò, anche in Argentina, addirittura nella spedizione che fece ad Ushuaia, s’era tirato dietro, quel buon uomo, non so quante casse di Marsala all’uovo.  Ora bisogna sapere che nessuno in Patagonia aveva mai visto una bottiglia di Marsala all’uovo. Un giorno, mentre mio nonno stava appartato con una patagonica di  Tres Cerros , prendono la sua bisaccia e vi trovano in una tasca la strana bottiglia. Allibiti, si chiedono l’un l’altro: “E che cazzo è questo Marsala all’uovo?” Era il Marsala all’uovo che, poi, avrei messo nello zabaione che mi faceva la mia affidataria di S. Arcangelo, che è il paese di quello che fu vescovo di Napoli, la città del Principe di Cerchiara, e che fu indagato per appropriazione indebita e reati connessi alla “mano morta” dalla procura di Lagonegro, che, a nome, fa pensare sia al regno di Napoli e delle due Sicilie che al re di Spagna, e ai Cavalieri di Malta che fanno i gesuiti in Argentina. Mio nonno, quella donna patagonica, la chiamava “Beba”, come la Coca Cola Decio Pignatari, quando me ne parlò disse infine: “Mi piaceva salir por los Tres Cerros”, che non riuscivo a capire cosa volesse dire, stando al modo di dire spagnolo: “Salir por los cerros de Úbeda”, che equivale al nostro “saltare di palo in frasca”. Tanto che, una volta, gli chiesi: E Beba, a Beba che gli piaceva? “Beba era del bebedizo, tra beveraggio e filtro, pozione, una gitana puta, che “me dio un bebedizo para enamorarme”, el bebedizo…cos’era, Enzù? Una bebida con el sabayón!Ma a lei, a aquella puta, cosa le piaceva? El Marsala al huevo. 
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