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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

Il poeta, la pulsione "k" e la sedia di Giorgio Ramella □

Giorgio Ramella □ Interno chiaro , 1975

Giorgio Ramella □
Ombra e luce, 1974

 
Giorgio Ramella □ Interno, 1975
Quella sedia senza oggetto “a” negli anni di piombo

Non so se fosse Ramella quel pittore
che negli anni di piombo a Torino faceva
delle sedie, una sedia sospesa in uno
spazio circoscritto, una stanza tanto che
mi venne naturale e non ricordo se la
sua dimora fosse in alto o in basso
e in quale ambito rionale della città
e in quale senso avrei tenuto il passo
per recarmici a guardare le tele, ognuna
con una sedia e se mi fossi poi seduto
per un caffè intanto che lo spirito
della sedia o il riflesso senza ombre
della sua pulsione, mi vedevo seduto
su una di quelle sedie con quella
del podice sabaudo alla Crocetta
sopra che faceva la Misteriosa
e quel vestito col cinturino nero
tirato su e quella pelle del culo
e delle gambe e la paglia della sedia
questo esclusivo vessillo da
tenere al meridiano come se
passasse per il mio oggetto “a”
e questo dicevo che mi venne
naturale fargli al pittore un testo
di critica psicanalitica, tra Lacan
e il feticismo della pulsione k di Szondi
la catatonia dell’esserci e la nevrosi
ossessiva del quadrato, la natica buona
a specchio del seno buono di Melanie Klein,
ma non è certo per amore o quantomeno
per chiavarci l’oggetto “a” che vengono
fatte le sedie specie se è notte
nella tua anima e col buio i fantasmi
mai si seggono per farsi sodomizzare
in quei pittori a Torino in quegli anni di
piombo anche se non facevano tutti
le sedie nel vuoto della stanza o anche
a ridosso della finestra la paura di sorprese
e demoni mai gli permise di tenere in braccio
non dico una come la sorella di Dalí
per come sta alla finestra a guardare il mare
quantomeno ad attendere l’alba
guardando il Po, niente non v’era traccia
nemmeno sottile di un incantamento
e di un annaspamento del (-phi), faceva
quella seggiola e basta, gli bastava la sedia
a quel pittore delle sedie impagliate
nello spazio vuoto della sua anima
senza riflessi e ombre per quanto
mettesse ombra e luce sulla seggiola
in un fagotto e anche in un interno chiaro
o su una sedia blu che non era impagliata
avrà fatto uno così una sedia grigia
e un’altra con la lampadina tanto che
mi venne naturale parlargli della
nevrosi ossessiva e del quadrato
della libido che se è blu forse fa
più luce e se il fondo è grigio fa
meno luce anche di sera




Giorgio Ramella □ Sedia blu, 1973

Giorgio Ramella □
Figura in una stanza, 1975

Sì, era proprio Ramella, Giorgio Ramella, come da queste sedie di cui alla mostra, con Ruggeri e Soffiantino, tripla presso Documenta, La Bussola e La Parisina a Torino nel novembre 1975: “Giorgio Ramella è nato a Torino il 24 febbraio 1939. Studi classici. Vive e lavora a Torino”, questo c’era scritto nel catalogo di quella mostra.