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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

IL FETICCIO ENUNCIATO DI ROBERTO LUPO ░ Un testo di "psicanalisi dell'arte" di V.S.Gaudio

Schema originale di V.S.Gaudio,
dal dattiloscritto 1976 del testo sul rapporto di inclusione
di alcuni oggetti di Roberto Lupo
V.S.Gaudio
Appunti sul rapporto di inclusione di alcuni oggetti di Roberto Lupo
il feticcio enunciato tra il nome del Pater e il desiderio della Mater
Roberto Lupo
Sérénade en Bourse Mayeure, 1972
cover di "Pianeta" 54, settembre-ottobre 1973
La differenza tra ciò che perdura e l’isolamento sta nel limite che fa dello spazio non il confine di una misura del tempo dell’oggetto ma l’ombelico che raccorda il desiderio all’inscrizione dei nuclei potenziali dell’oggetto. In seguito, diremo della connotazione che il livello materico istituisce non come radice intima della provvisorietà quanto come appello alla significanza che esce dalla rimozione del denotatum. E’ la necessità che cita l’altrove come bisogno dell’entrata in scena del corpo come ragione temporale a differenza del plusvalore che si iscrive con la messa a punto dell’oggetto come fantasma a continuità di una fruizione, che se non è territoriale conserva di quel limite la mancanza che lo avrebbe marcato, nel tempo, come fenomeno da condannare alla repressione.
Ora, ci si potrebbe chiedere
Quale differenza semica si codifica per rimuovere un tempo che non ha ragione di esserci nemmeno per il germinare di forme e di impronte che porta dietro come perno dell’assenza di cui si maschera.
Gli oggetti-sculture di Roberto Lupo
hanno, del tempo, la fragilità che li coniuga in quanto feticci, come prova del deserto comportano il desiderio della mater, scarto di tempo che ne dà in direzione di alleanza scarto e differenza di generazioni.
Gilles Deleuze e Felix Guattari dicono che l’eroe è sempre a cavallo tra due gruppi, uno se ne va per trovare la sorella, l’altro ritorna per ritrovare la madre[i]. Il locus, così, ha una duplicità territoriale, l’avvio della proiezione che declina il movimento dell’eroe ha sempre in mezzo una linearità che taglia, come Spaltung tra oggetto ed esserci, il fantasma si costituisce per la sofferenza da cui margina il tempo, e da questa sofferenza lo spostamento nel posto dell’Altro indica come significante il fallo che si desidera dalla domanda che lo sottrae alla verità biologica, l’incisione come momento di svelamento della rimozione dell’oggetto, dunque, ha del tempo una referenza storica che tende a stornare il credito e la difesa del corpo che si postula in funzione storica dalla denotazione biologica, questa ultima assunzione traccia la bisessualità come ordine da cui si ordina il processo di identificazione. Ma se il fallo ha un significato da cui prospetta l’assenza come intralcio alla qualifica interazionale con l’alter, l’ordine della identificazione non regge più la norma degli intralci come direzione del simbolo.

La sofferenza non esulta perché non si impegna all’estasi, come Verschiebung, o spostamento che sia, collima con lo spessore narcisistico ma non con lo specchio, anzi il riflesso speculare serve per accedere al corpo ma come stacco da cui si localizza e si identifica l’oggetto.
Guy Rosolato, in Ideali sessuali[ii], pone l’ oggetto di prospettiva come feticcio che, fungendo da pene materno, consente una esperienza centrale del simbolico, e c’è da dire, allora, che lo spostamento ha, in virtù della sofferenza che muove, il desiderio della mater nominandosi nel pater.
In mezzo, come supporto di relazione,
il tempo contrae la reciprocità per farne nella prospettiva di differenza una soluzione che non è tanto l’ economia della rarità[iii]
quanto una economia che radichi la testimonianza della distanza abolita.
La testimonianza non è di circostanza, come rilievo e radice del segreto e della trasgressione, ma, è da dire, il livello circostanziale conserva come focus della rappresentazione il virtuale che lo polarizzava come limite, non del contesto ma, della differenza fallica che poneva l’occhio alla mater.
La circostanza appartiene al nucleo economico attuale, l’indicazione del raro che urta l’oggetto è l’economia che fa del fantasma una traslazione continua che oscilla, non attorno all’alter ma, attorno alla sua assenza, come ombra dell’io.

La circostanza inscena una rimozione: negli oggetti di Lupo, ad esempio, lo spostamento tra il seno e il panino comporta, come tratti associativi, un riempimento orale che forza una connessione metaforica, e certamente, visto che qui si tratta di rappresentazioni del denotatum, il livello fantasmatico, più che altro, se agita la flagranza ne carica, in tropo, un pulsare metaforico solo in riferimento al titolo che menziona e trascende l’oggetto.
Meret Oppenhein e Roberto Lupo:
Torino 1970s
Ciò che conta, dunque, nella messa in scena oggettuale,
è la proiezione simbolica che cita l’oggetto in prospettiva come essenzialmente tautologico nei riguardi dell’univoco,
ma che ne designa, per i significati che porta al soggetto e per il soggetto, diciamo per l’operatore visivo, una primarietà significante che si verbalizza nell’angoscia del nome del pater
rimane, anche come possibile rimando ad un ordine copulativo, l’assenza di questo corpo che si fissa dal vuoto da cui, in effetti, enuncia i fantasmi della testimonianza.
Allora possiamo dire che
il limite li enuncia, gli oggetti, nel nome del pater
Meret Oppenheim, "Le couple", 1956
ma, per lo slegamento dell’univoco dell’assenza da cui l’occhio ripete l’isolamento, quell’univoco si erige dal desiderio della mater. Storia di cui il segno esprime la risposta plurivoca complicando il denotatum dalla convergenza dell’individuo e dell’ambiente, qui il rapporto di inclusione distingue gli oggetti che coniuga, come dipendenza esterna, orbene è metonimia, la contiguità non è necessariamente storica, in Cenerentola in conserva le scarpe stesse sono l’espressione dell’uovo come ellissi di una consonanza non immediata ma svolta.
Un quadro servirà a chiarire il duplice o triplice rapporto che giustifica il significato, e lo sguardo è, qui, sincronico, a differenza dell’operazione di cui sopra, dove gli oggetti venivano assunti nella trasposizone fantasmatica, appunto come rappresentazione della scena:
Denotatum(a)
Designatum(b)
Rapporto d’inclusione
Senso
1.panino
reggiseno
“La merenda nazionale”
(contiguità di sostanza)
Metafora da (b)
Étayage, consumo del supporto di autoconservazione,
modello orale per una possibile elongazione della scelta
oggettuale
2. scarpe
uovo
catenina
fuso
etc.
“Cenerentola in conserva”
Metonimia temporale
da (a)
Riproduzione contenuta da un oggetto che prospetta
L’urgenza fallica, lo spostamento è duplice anche per
La presenza del terzo oggetto che assicura la posizione
Del fallo
3. cubi di vetro
con lati di apertura
“Il vaso di Pandora”
Metafora da (b)
Il contenitore come vuoto per l’assenza del fallo.
Giustificazione analitica della trasparenza come
Motivo di depressione.
4. pene e catena
con i nodi a goccia
di sperma
“Animale integrale”
(sineddoche)
L’ingiunzione fallica integra la perdita dei nuclei
riproduttivi e giustifica la riduzione di questo nominarsi
nel pater.
5. barometro
penne
“La fenice degli artigianelli”
Metafora da (b)
L’integrazione temporale riduce lo stesso uso orale
connettendo al supporto l’ocularità della richiesta





[i] Cfr.Gilles Deleuze e Felix Guattari, L’Anti-Edipo, trad. it. Einaudi, Torino 1975: pag.226.
[ii] Guy Rosolato, Ideali sessuali, in: AA.VV., Sessualità e politica, Feltrinelli, Milano 1976: pag.320.
[iii] Guy Rosolato, ibidem.

! (Torino, 6 e 7 maggio 1976)