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Paola Pitzianti
Pagina dal mio erbario
acquaforte 1975 |
V.S.Gaudio
La sottrazione noematica di Paola
Pitzianti
1.- Si tratta di trovare il senso, cioè l’oggettività
che appartiene al noema come assunzione del limite. C’è uno stato noematico che
limita il quid della coscienza, diamo
dell’intenzionalità, ed è evidente che le parti annesse come costituzione della
tabula della propria testimonianza
rasentano più che il compimento la posizione che fa della datità il suo stesso
contenuto. Ecco che alla vacuità d’avvio possiamo opporre un complesso di
indizi, e il tema, si sa, lo si pone proprio come limite, diciamo come topos da
cui si articoli il processo differenziale. La
vacuità è il primo indizio, traccia di contenuto che si forma per la pienezza
che gli manca, se al contenuto, dato intanto come apprensione di predicato,
manca qualcosa è perché in esso si tende a consumare il nocciolo, il pieno
nocciolo, dell’Erlebnis intenzionale.
Paola Pitzianti, con la tabula della sua
testimonianza, viene a costituire una sorta di valenza deittica tra centralità
del vacuo e nodo noetico come scarto, dépense, della virtù del noema: il senso sta nella sottrazione
del correlato ontico a quello noematico.
Il
senso dell’oggetto(la foglia, la matassa, il prato, il nodo, ecc.) non si
concreta come stato complessivo del noema,
e in ciò si è d’accordo con Husserl, ma converge, come contrazione di monade,
sulla transizione che rivela l’oggetto come punto( diciamo: chiasma) che supporta la datità e la
sospensione temporale dell’io. Nel repertorio dei segni, per dirla alla Kurd
Alsleben[i],
la Pitzianti traccia dello scarto che non si coniuga alla dispositio di norma. Allora, l’ordine che ne pone si offre come
mutamento: così tra immutatio e transmutatio ciò che conta ed instaura
il rapporto è: o l’adiectio, come
qualifica della differenza aggiunta; o la detractio,
come arresto del processo intensivo, più che a senso di una parte tolta. La
questione di Paola Pitzianti si pronuncia come stato di transizione della
materia: in tale fragilità viene ad assumere la ragione temporale che declina l’isola
del momento alla costellazione centrale di un tessuto che si fa radice,
diciamo: endice, di una datità che s’infinisce
nel tempo.
2.- Appunto, l’endice
non è l’oggetto nella sua datità iniziale, a disposizione di una fruizione in
totalità; l’intensità non ha niente a che fare con i correlati di una presenza
che si in definisce perché si attraversa come riduzione fenomenica dell’esserci.
La presenza dell’index segna il tempo
che trae dall’intreccio che si erige a matrice delle connessioni che fanno del
campo la proiezione stessa della differenza che ne porta l’occhio del
conoscitore. L’index, come presenza,
traccia una continuità che non trova in sé ma nel campo in cui pone l’assunzione
e la sua estensione si dà come frammento, poi si annoda, come vertice
verticalizza la crescita, ma come stacco impone un attraversamento che dà della
continuità gli accidenti storici. Allora, l’endice attraversa la crescita, il
ciclo biologico è investito dai turgori della storia,quindi il turgore, che fa
di una fase, di un topos, l’essenzialità storica, diciamo: il locus affettivo,
è una sorta di impronta che fa di quel tempo, come incidente, un punto che non
partecipa alla crescita.
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Paola Pitzianti
Nodo con filo rosso
unicum 1968 |
Dal
1968 al 1969
i
disegni di treccia, matassa, i nodi con filo rosso, etc., testimoniano di
questa intenzionalità, vuoi per il correlato dello scarto di coniugazione dello
stesso spessore dei fili, vuoi per la differenza che il taglio del filo rosso
allunga dal nodo o dalla matassa;
poi
dal 1969 ancora
l’intreccio
di erbe, i frammenti, i nodi d’erba tendono a risolvere la questione dell’incidente
libidico come risoluzione del doppio, l’erba, i nodi, l’intreccio hanno un
segno che li qualifica come assenza, un segno che li traccia perché li vuota, e
la caduta dei piani è la dislocazione del fondo che de territorializza il campo
come perno biologico che l’esserci ha;
dal
1973
la
presenza, l’appiglio, della resa fa del giardino il campo di coniugazione della
monade;
dal
1974
l’erbario
scopre il confronto con la traccia della carne,
e come segno la traccia della carne non che impronta di un’altra costituzione
cellulare, ma che trova, nella traslazione, la stessa assenza che la fa endice,
perché ne aveva trovato una polarità di desinenza.
3.- Vediamo quindi come il rapporto, anche estensivo,
ci rimanda la mancanza di cui si testimonia. I sintomi al metaplasmo, si sa,
hanno una centralità metaforica che non si sposta dal piano dell’identità: il
troncamento, la rottura, vogliamo dire, l’innesto anche, operano con una sorta
di spostamento laterale riguardo alla flagranza
del segno: cioè fanno del segno il risultato del rischio che potrebbe correre
quando lo si include nella metafora personale. E qui, il rapporto, tra i segni
e la metafora che della traccia simbolica la Pitzianti vuole darci, carica il
senso fino a riammettere il segno alla esclusione della realtà del proprio
habitat, di già quando la foglia è rappresentata non ha più che la traccia
della foglia: con l’isolamento, che l’operatrice di cui trattiamo ne fa,
avviene una duplice messa in assenza. Pertanto, l’importante, in questi segni,
non è cercare lo scarto tra la costituzione dei lembi della foglia, né
tantomeno credere ad una intenzionalità lirica quanto badare alla flessione che
avviene all’interno della coniugazione dei reperti. Allora, il segno non è
preso con la virtualità contestuale che simbolicamente dovrebbe avere dai
rimandi di natura, ma è compreso con la virtualità di senso che la foglia ha
come segno che esce dal proprio spazio genetico, virtualità territoriale che si
inscrive come mappa o specchio a supporto della trazione libidica dell’operatrice.
Un
quadro servirà a chiarire quanto sopra enunciato:
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..
foglia- MAPPA
che
ha indicazioni-nervature-collegamenti
che
vengono TRONCATI î
METAPLASMO quindi è TAGLIO
INNESTO (il valore dell’innesto è dato dalla connotazione che il troncare viene a denotare)
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
L’orizzonte , in tal caso, include l’enunciazione
che sollecita una rottura del codice; lo
spostamento, l’intrusione spiega la contrazione del referente, l’oggetto
stesso, nel cambiamento territoriale o di norma, è investito di un significato
la cui corrispondenza trova atto nell’espressione sensoriale dell’io:
segmentazione doppia del reale, che opera, del segno, una biforcazione d’angolo,
i cui livelli di lettura riassumono un processo che tende ad instradare sempre
più il predicato come astrazione: ed è da questa rottura connettiva della
semantica della cosa che nasce il senso come attributo intenzionale e storico.
4.- Se si dà la contestualità segnico-referenziale
come codice semantico uniforme[ii],
la trasformazione di matrice avviene come misura non più necessaria alla
contingenza della norma; si ha, in altre parole, una rottura della struttura di
equilibrio necessario[iii].
Vediamo
come si pone la destrutturazione in alcune rappresentazioni:
Contestualità segnico-referenziale
(uniformità semantica e di codice)
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Trasformazione di matrice
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Figura
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- Nodo
d’erba e rosa,
1970 n.4 acquaforte
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Opposizione
alla legge di relazione funzionale dell’uniformità di codice; incompatibilità
di interazione
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Inciso di categoria
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- Cespuglio, 1972
- Prato, 1971 monotipi
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Destrutturazione
delle zone formali col bianco che rompe il collegamento o ne fa una specie di
spostamento speculare, doppio
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Inciso di forma
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- Intreccio
d’erbe,
1969, monotipo
- Frammento, 1968,
monotipo
- Frammenti
di nodi,
1969, monotipo
Etc.
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Ancora
destrutturazione delle zone di interazione formale, quindi al livello della
rappresentazione
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Metaplasmo di tutto il
campo oggettuale
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- Matassa
con filo rosso,
1968 disegno
- Nodo
con filo rosso,
1968
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Stacco
(più che opposizione) dall’uniformità di norma
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La
figura è di tipo connotativo, a taglio di riflessione, una ellissi
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- Treccia, 1968,
disegno
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è
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La
figura è elocutiva: ad estensione
lega, allittera, ripete, accosta, quindi ha della comparazione e dell’antitesi,
la treccia finirà con il reinvestirsi come figura retorica nell’Erbarioê
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- Erbario, 1974
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La
destrutturazione investe tutto il livello della contestualità segnico-referenziale; la figura,
pertanto, non può che cercarsi nella differenza che coniuga le varie parti:
qui, l'implicazione dell’intrusione o del cambiamento territoriale non è da
attivare, si tocca invece il motivo centrale della segmentazione del reale,
il segno-endice risponde come enunciato atomico in una ipotesi discriminativa
che lo condanna al tempo cui si è tolto per non essere consumato.
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Metonimia sincretica
spazio-temporale; come figura di stile: comparazione,
antitesi
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[i] Kurd Alsleben, Considerazioni critiche sull’estetica
oggettuale, in “il Verri” n.35/36, Feltrinelli 1970
[ii] Cfr. anche le varie leggi
che Abraham Moles dà per l’informazione semantica, vedi: Abraham Moles, Teoria informazionale e percezione estetica,
Lerici 1969
[iii] Cfr. anche Enrico
Arcaini, Création et créativité: deux aspects d’un phenomène anthropologique,
in “Studi italiani di linguistica teorica e applicata” anno III, 1974, n.3, Liviana
Editrice
[Torino 14-17 maggio 1976│© v.s.gaudio]
da: Esercizi d’arte torinesi © 1975-82