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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

ANATOMICO ORGANICO INDUSTRIALE │URS LÜTHI ░░ at FONDAZIONE 107


ASTORE RAGALZI STOISA ANATOMICO ORGANICO INDUSTRIALE
inaugurazione mercoledì 2 maggio dalle ore 18 alle ore 21
URS LÜTHI DON’T ASK ME, IF YOU KNOW, THAT I AM TOO WEAK TO SAY NO - 1976
inaugurazione giovedì 3 maggio dalle ore 18 alle ore 21
fino al 15 luglio 2018 • orario: giovedì-domenica 14-19

Fondazione 107 presenta due mostre: Anatomico Organico Industriale. Astore - Ragalzi - Stoisa, a cura di Federico Piccari con testo in catalogo di Francesco Poli e Don’t ask me, if you know, that I am too weak to say no - 1976 dell’artista Urs Lüthi, a cura di Federico Piccari.
Anatomico Organico Industriale esplora il lavoro di tre artisti che hanno iniziato a produrre ed esporre nella Torino degli anni ’80 e come la città abbia inciso sulla loro opera. Gli artisti sono Salvatore Astore, Sergio Ragalzi e Luigi Stoisa, tutti di formazione accademica. In pieno affermarsi dell’Arte Povera, Astore, Ragalzi e Stoisa intraprendono un percorso dove la pittura ritorna protagonista, così come l’uomo, posto al centro della loro ricerca. I tradizionali colori ad olio per dipingere sono sostituiti da materiali organico industriali in uso prevalentemente nei processi produttivi. La pittura si carica così anche del peso intrinseco che il materiale utilizzato porta con sé, determinando una pittura “di processo”. Catrame, pece e tutti i loro derivati, la vernice antirombo e gli smalti industriali, si sostituiscono ai tradizionali colori, i soggetti si impregnano di bitume, dello sporco, dello smog, l’industria entra con forza nel quadro.
I soggetti rappresentati sono uomini, donne, eroi, scimmie, parti anatomiche, ritratti, virus, origini, compresa la storia dell’arte. I dipinti possono essere di grande dimensione, talvolta giganteschi sino ad inglobare le figure di chi li guarda. I luoghi per esporre le opere sono prevalentemente industriali, i limiti imposti dagli spazi urbano-abitativi sono superati.
Gli artisti che operano in questa dimensione che definisco Anatomico Organico Industriale vivono tutti a Torino e dalla città hanno assorbito la puzza di smog, la nebbia, il colore grigio sporco dei palazzi antichi così come il disagio del flusso migratorio. La loro è una pittura sapiente che non cerca di piacere a tutti i costi ed impone una certa distanza allo sguardo di chi la osserva.
In Fondazione 107, Astore, Ragalzi e Stoisa presentano una sezione di progetti inediti, site specific ideati e realizzati appositamente per lo spazio, anch’esso di matrice industriale ed oggi reperto di un’archeologia ormai estinta. Si cimentano su pitture di grande dimensione, il loro linguaggio si è evoluto, mantenendo uno stretto dialogo tra forma e tridimensione.
Salvatore Astore prosegue nella ricerca di nuove forme di dialogo, fra individuo e mondo circostante, tra Uomo e Natura. In 107 presenta grandi tele: montagne/isole/calotte/profili/orizzonti e sculture totemiche in acciaio inox.
Sergio Ragalzi presenta i Vortici, dipinti in bianco e nero che inglobano indumenti,scarpe, borse, oggetti del“vissuto”risucchiati nel vuoto, ed una serie di sculture antropomorfe/vortici/bare umane, si tratta di uno sguardo profondo sulla condizione esistenziale dell’uomo del nostro tempo, in questo caso i migranti.
Luigi Stoisa realizza un dipinto performativo ed attraverso l’azione del togliere, sottrae lo strato di catrame depositato sulla tela, facendo emergere anatomie, corpi, eroi, cavalli e cavalieri oltre il tempo, eroi contemporanei, plasmati nel gesto della sottrazione, soggetti che potrebbero appartenere al mondo mitologico o del fantasy, avvolti in un’atmosfera di un “campo di battaglia”. In un’installazione di volti e profili restituiti da massi di pietra, forme erose dall’acqua e dal tempo, affioreranno immagini del Narciso, tema caro all’artista.
Una selezione di opere storiche ci riporterà nella produzione degli anni ’80, tra cui, per Astore la calotta Cranio di infante e il dipinto Osso sacro realizzato con bitume e pittura ad olio, per Ragalzi due ombre gigantesche, maschio e femmina che incombono sullo spettatore, tele dipinte con tecnica mista che inglobano sporcizia, catrame e pittura antirombo e Ombre, sculture in acciaio con pittura antirombo. Per Stoisa Voglio modificarmi sempre, dipinto ad olio su catrame del 1986 e il Narciso, personaggio mitologico che si affaccia sul catrame, un lago denso e scuro in cui affiora la sua immagine, in attesa di venir risucchiata lentamente dal tempo, sino ad annullarne la presenza.
 Don’t ask me, if you know, that I am too weak to say no è la completa opera fotografica dell’artista Urs Lüthi, realizzata nel 1976 ed esposta in Fondazione 107.
Si tratta di un lavoro importante dell’artista svizzero, in cui sono già presenti le tematiche che Lüthi svilupperà successivamente.
Il tema dell’identità, del corpo, l’avvalersi della performance, del rapporto tra arte e vita, dell’autorappresentazione che oggi sconfina nei selfie, sono tutti elementi presenti in questa opera, in cui l’autore, getta dei semi che riprenderà e svilupperà con continuità nei decenni successivi.
Lüthi anticipa tematiche tutt’ora attuali e spesso irrisolte, ma negli anni ’70 ancora sotterranee, ponendo lo spettatore di fronte ad immagini potenti.
 L’artista utilizza il suo volto e il suo corpo, li mette in scena, spinto dalla necessità di vivere in prima persona, una personale ricerca che si traduce nella perfetta simbiosi tra arte e vita. È un corpo ridefinito, in cerca di una collocazione all’interno del contesto in cui opera, che si confonde in “altro”, nell’attesa di evadere dal sé e che accetta di mostrare tutto ciò che gli accade, anche l’inevitabile ed inesorabile passare del tempo.
L’opera Don’t ask me, if you know, that I am too weak to say no tradotta in “Non chiedermi se sai che sono troppo debole per dire no” è composta da 16 tavole e da 32 immagini, in cui l’elemento umano è contrapposto all’elemento natura, l’accostamento degli scatti ricrea le medesime atmosfere in scenografie differenti.
Le immagini riprendono il quotidiano, scene di vita comune e ripetitiva, riprese in luoghi interni affiancati all’elemento natura. L’aspetto dichiarativo si integra all’opera e la carica di mistero. Le stesse immagini, se dissociate, ci porterebbero ad altri scenari, è evidente pertanto, la fusione tra gli elementi in un intento narrativo.
La prima e l’ultima tavola di questo percorso si discostano dallo schema esposto, entrambi i soggetti ritratti sono figure umane, ed è così che Lüthi apre e chiude il racconto con il messaggio da cui emerge che l’identità, così come la realtà, possono essere fraintese, qualora applicate a codici stereotipati.
 

FONDAZIONE 107
via Sansovino 234, Torino
Ingresso: 8 euro; ridotto (dai 13 ai 18 anni) 5 euro
Ingresso gratuito sino ai 12 anni e per i possessori di Abbonamento Musei Piemonte
Visite guidate su prenotazione il sabato e la domenica dalle ore 17
Informazioni: +39 011 4544474
fondazione107.it
info@fondazione107.it