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Michele De Luca Turno di notte cm180x160 |
Guerriero della luce
Il percorso artistico di Michele De Luca
riconduce, per il suo impegno mirato e programmatico e gli esisti positivi
delle realizzazioni, al mito di Prometeo, allo sforzo titanico di catturare la
luce, sottraendola al cielo e riportandola ai territori dell’arte. […]
L’esperienza estetica della
realtà fisica di De Luca sembra comprendere profondità più lontane, suggerite
da quelle lamiere metalliche inchiodate che alludono invece a un primo piano, a
una soglia o anche a una strumentazione che guida l’occhio oltre l’atmosfera,
in singolare sincronicità e coincidenza con le tensioni e gli ansiosi
interrogativi posti dalle immagini svelate attraverso il telescopio puntato
verso i confini dell’universo e decodificate dagli scienziati.
Le strisce radianti luce fredda
entro soffici barriere di colore rappresentano erogazioni di gas variabili per
intensità e l’intuizione di un frammento di spazio dove è dato modo di captare
un silenzio assoluto.
Se manca qualunque concessione
a fantastiche visioni, in nome di un assemblaggio rigoroso di “materiali nuovi”
disposti entro una griglia di cartesiana chiarezza è perché tra le componenti
culturali dell’astrazione di Michele De Luca, si possono individuare dei
riferimenti alle correnti minimaliste e alle loro ascendenze nell’ambito del
Costruttivismo, di De Stijl e dell’ultimo Mondrian.
Anche nelle installazioni a
luce fluorescente al neon realizzate dalla fine degli anni Sessanta
dall’americano Dan Flavin, alla limpidezza della visione ottica, alla
semplicità formale dell’apparizione della luce, condotta in questo caso dai
tubi prodotti dall’industria, si associa la consapevolezza del suo scorrere in
una sequenza temporale, del suo esistere in funzione del tempo.
Ma alla fenomenologia del puro
evento fisico, di un happening di soli oggetti da contemplare, icone di una
cultura tecnologica, si contrappone nelle opere di Michele De Luca,
un’imprescindibile legame con la gestualità e manualità tradizionale del fare
arte e una tensione emotiva dell’autore percepibile come intuizione di
trascendenza.
Le tele di Michele de Luca,
sfidando lo spazio con un’enorme carica di energia, racchiudono il senso di una
macchina del tempo di un mondo oramai cancellato. Nell’
Infanzia del cosmo si potevano glorificare uomini capaci di
vivere tra cielo e terra, in preda a una vertigine di pensiero da far
impallidire la percezione attuale del mondo, e farci sentire sempre di più e
ancora una volta, rispetto al passato, “nani sulle spalle di giganti” secondo
la celebre espressione del filosofo francese del XII secolo, Bernardo di
Chartres.
Anna Imponente