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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un lin...

Il passo di bolina e gli Hanzubon.



"Una giovane donna con un piede vivente orgogliosoBello e ovvio, sei anche consapevole delle tue stesse armi, sei ancora inconscio? Le piccole natiche sono carine di principi, le cosce sono sottili ma aderentila parte inferiore del corpo è stata appena cancellata da Eros. No, sono già abbastanza erotici! Sembra abbastanza delizioso! Non ti permetterò di allungare la mia mano, così invece estenderesti la NaniSono andato casualmente a vederlo erotico, immagino!"
from: BBV
Il piede dell'Enzuvë, la bolina degli Hanzubon 
Il passo è dato dall’orgoglio del piede, e se non si allunga la mano per i suoi hanzubon, che sono i calzoncini, che cosa si sta estendendo? Nani? Cosa? Che cosa è inconscio, allora? Il piede, che è ashi, ed essendo orgoglioso farebbe: hokoritakai ashi; e anche le cosce sottili e aderenti sono ashi, il passo è ashidori. Stringe e allarga la bolina. E’ il passo che tira su il (-phi) del visionatore: l’"orgoglio peyronico" del (-phi) di chi guarda pronto per l’enzu  vs l’"orgoglio del piede" della figura che va di bolina con gli hanzubon. Nani? Come? Che cosa? Nan, quanti, quante volte?









 Linseguimento fotografico e l’eclissi della linea del mondo.
Nell’inseguimento fotografico nipponico, la figura presa all’istante nella sua allure di quel momento, in quel posto, così com’è vestita allora, il fotografo-visionatore, prima, e il poeta-visionatore, dopo, non sa cos’è né dove va: segue la figura che va e condivide il suo segreto senza saperlo. In virtù di una declinazione del senso o del non-senso è così che l’esistenza prende forma, grazie alla deflessione di qualcos’altro. Non abbiamo volontà propria, scrive Jean Baudrillard, e l’altro non è mai ciò con cui ci confrontiamo secondo la nostra propria volontà. In sostanza: è l’irruzione di ciò che proviene da un altro luogo, è la seduzione dell’estraneo e la sua devoluzione. C’è in questi esercizi singolari alla Mathews, la precessione di tutte le determinazioni venute o intervenute da un altrove, illeggibili, indecifrabili, in questo caso visibili nella forma e nella struttura dell’inseguitore autoctono, quello che fissa e immobilizza l’assolutezza anonima e l’inesorabilità, l’irredentismo dell’oggetto: l’essenziale è che anche il poeta-visionatore sposi la forma estranea di quel qualunque oggetto, di quel qualunque essere fortuito, che necessariamente è stato seguito da qualcun altro: oggi che ognuno di noi perde le proprie tracce, disse sempre Baudrillard, è assolutamente urgente che qualcuno si metta sulle nostre tracce, anche se così facendo le cancella e ci fa sparire; è un modo complice di scomparsa, una forma di obbligazione simbolica quella che è stata giocata, una forma enigmatica di connessione e di sconnessione. La devoluzione come etica implica una filosofia della sottigliezza; la sottigliezza è l’artificio fondamentale: il visionatore, e anche la figura, vive dell’energia, o meglio: dell’esserci, che viene sottilizzato agli altri, al mondo: si vive di questa energia surrettizia, di un’energia rubata, forse anche sedotta, e anche l’altro, quella figura inseguita, esiste solo grazie a questo movimento indiretto e sottile di captazione, di seduzione, di devoluzione. Questo altro, quando appare, e qui è afferrato e fotografato, detiene in un solo istante tutto ciò che non ci sarà mai dato di sapere. È il luogo del nostro segreto, questo altro è il luogo della vertigine, dell’eclissi, dell’apparizione e della sparizione. Tra artificio e altro seguito e circoscritto, questo stesso exinscriversi nella figura dell’Altro, e farne un piacere singolare, nella forma strana venuta da un altro luogo. La corsa-inseguimento diabolica dell’oggetto, che è l’orizzonte della mia scomparsa. La ricerca in potenza dell’alterità radicale, ma per il piacere e il gaudio fatto nel proprio oggetto “a”, a ogni passaggio al proprio meridiano, l’oggetto come attrattore strano quando appare al visionatore non è che l’analemma esponenziale del suo oggetto “a”.