Calcio e masse
invisibili.
L’Italia non gira in cerchio|La posterità
dello spingi spingi
Il problema
del calcio della nazionale è che il calcio si gioca in due squadre che si
fronteggiano, come le due file che si fronteggiano e, in quel caso, agiscono
insieme. Simboleggiano due mute ostili. Alla nazionale dell’Italia, l’abbiamo
vista ancora a Bologna, nella prima della Uefa
Nations League, contro la Polonia, che, si sa, come gioca: palla lunga e
pedalare, se sì e quando vien la sera. L’Italia non gira in cerchio, e questa è un’azione, o uno schema verbale,
destinata propriamente a fissare, a consolidare, ogni rappresentazione sacra
che si svolge al centro. Che non è, necessariamente, il centro del campo. C’è
questo centro: così girando in cerchio, si tributa alla rappresentazione la
propria adesione, le si rende omaggio e se ne prende possesso. Gli avversari
abbabbano, come se fossero nella città babba dei Bruzi, e il novello Paolo
Rossi li castiga: zomp!
E non marcia nemmeno in fila indiana, che, l’abbiamo detto ai Mondiali in Russia,
simboleggia il viaggio. E’ come se
gli antenati abbiano viaggiato sottoterra. Uno dietro l’altro, i giovani posano
i piedi sulle impronte dei passi degli avi: che so, Belotti o anche Balotelli,
posa i piedi sulle impronte di Paolo Rossi, o di Altobelli, perché no? Il loro
modo di camminare e il loro silenzio manifesterebbero il rispetto verso la
sacra via della rete e la sacra meta sarebbe raggiunta.
Là dove la
pioggia scarseggia, l’uomo si concentra sulle pratiche che mirano ad attirare
la pioggia. Scrisse questo Elias Canetti in La
muta di accrescimento. L’acqua è come il pallone: è indispensabile a tutte
le creature, così come all’uomo e al calciatore stesso. Anche al portiere. O al
terzino sinistro. L’altra sera, il cronista della Rai: entra su un avversario
Bonucci: e quello dice che il tal giocatore ha fatto un intervento elegante!
Per comprendere lo stretto rapporto esistente tra accrescimento e metamorfosi,
non c’è bisogno di rifarsi ai soliti riti australiani, in cui spuntano sempre
antenati e la duplice natura, in parte animale, in parte umana. Basta vedere
chi fa la telecronaca, e tu capisci perché la pioggia scarseggia, e anche il
calcio e che, se il rito viene ripetuto, questa nazionale o quella che verrà
non andrà da nessuna parte. Quali sono le pratiche che mirano a far sì che
possa andare in goal anche Zappacosta, se non lo stesso Bernardeschi, o quantomeno
chi, avendo una doppia Herkunft,
potrà contare su due antenati, a patto che, avendogli dato la cittadinanza
italiana, perché non gli è stato ripristinato il cognome dell’antenato
italiano? Lo si può chiedere al Prefetto della provincia in cui il calciatore
risiede e quello, in men che non si dica, gli fa firmare al dirigente dell’Area
II, quella degli Enti Locali, il decreto di concessione governativa. Questa
mossa, così semplificata, rientra nelle pratiche di accrescimento:
da quel momento, il calciatore, anche quando tira da quaranta metri, centra,
quantomeno, la porta se non il portiere. E il pubblico: ah, però, che castagna,
il nostro connazionale! E a Bologna, quando stava per calciare il rigore,
tutti: Oh, Dio, o Unità dell’Italia, e anche Regno delle Due Sicilie e dell’Albania
e di Malta, non è possibile…lo sbaglia…tira fuori… E, all’improvviso, qualcosa
ha toccato il suo piede, l’antenato, e via, verso la sacra meta, evviva!
L’uomo, e di
contro il calciatore, non appena fu tale, volle essere in maggior numero. Per
questo giocando in cerchio o in fila indiana, egli trasferisce la sua
aspirazione ad accrescersi su tutto ciò che lo circonda. Al modo stesso in cui
si sente spinto ad aumentare la propria orda generando figli, egli vuole che ci
sia più selvaggina e più frutta, che ci siano più armenti e più grano. E vuole
aumenti, tutto ciò che lo nutre lui vuole che aumenti: affinché gli uomini, i
suoi compagni di squadra, della nazionale, possano prosperare e aumentare, deve
aumentare tutto quanto è necessario alla loro vita e alla vita dei loro
congiunti, anche antenati o i futuri discendenti. L’esatta forma del vincolo
tra metamorfosi e accrescimento, anche quando gioca in cerchio, o in fila indiana, ha bisogno di molti totem e di molte commende,
venerazioni, contratti pubblicitari, acquisizioni immobiliari e di terreni, non
solo campi sportivi, non gli servono per seminarci barbabietole per lo
zuccherificio di Russi e impuzzolentire il fiume Savio come capitava negli anni
Sessanta quando il poeta adolescente era lì lungo quegli argini a degustare
noci pesche, uva e mele, che: altro che totem vegetali degli australiani o di
quelli della Costarica e dell’Ecuador. Tra i totem, pure le cavallette
andrebbero bene, o i bufali, riuniti in enormi masse e percorrono la regione in
ogni direzione. Allora non c’è scampo per la difesa avversaria: i bufali da est
vanno a ovest, e da nord a sud, secondo il loro umore, un po’ come Bobo Vieri o
Chinaglia.
Comunque, se
non possono arrivare i bufali, ben vengano le cavallette, che, come simbolo dei
discendenti, sono nel senso della
posterità: il classico libro di canti cinesi, lo Shih Ching ha una poesia in
cui la posterità è paragonata a uno stormo di cavallette: per una nazionale
di calcio, potrebbero essere le ali delle cavallette che dicono spingi, spingi! L’esercito innumerevole,
lega, lega! In linea senza fine, unisci, unisci! per sempre una sola
cosa, gran numero, sequenza ininterrotta, Zappacosta di là, Bernardeschi pure,
Belotti, Balotelli, e non mi ricordo quegli altri, ah, anche Insigne, Immobile,
quell’altro con doppio passaporto, la densità attraverso il tempo, e il campo,
e unità della nazione, questa spingi
spingi come simbolo della massa dei
posteri. Ha un senso, no? Il senso
della posterità, la massa dell’accrescimento,
pensate: giocano in cerchio come se
fossero lo stormo di cavallette e
poi, via, la posterità di Paolo Rossi
che finalmente va in goal e quantomeno si va alle Olimpiadi e gli sponsor
stessi tornano alle quote di loro competenza!
Vedremo già
stasera un po’ di questo senso a Lisboa?
v Uefa Nations
League ⁞ Il calcio di V.S.Gaudio
& Aurélia Steiner