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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

"Prendiluna" non prende il Gaudio così andato?

(...) e allora ho visto Benni e Prendiluna,
cazzo: prendo 
Prendiluna

Il lettore tathāgato.
Poiché stiamo parlando di libri umoristici, è opportuno fare una considerazione. Stefano Benni, ho letto il suo Bar Sport, quand’ero piccolo, non ricordo in che maniera, oh dio, meno raffinata, che so di quel prefetto di Padova che ebbe a profferire qualcosa sul fallo del Buddho per via delle migrazioni infinite, ma forse più pregnante.  Eravamo giovani, questo è vero, ed eravamo pur sempre nella temperie del “chi mi ama ha qualcosa che non va”, che capovolge la parola biblica “Ama il prossimo tuo come te stesso” e anche come “me stesso”. Per via del narcisismo e anche del fallicismo, essere amati e leggere libri di presunti umoristi è sempre qualcosa di misterioso. Non è consigliabile voler sapere troppo. Anche al tempo di “Tango” e del “Satyricon” di Dondi per “Repubblica”, eravamo già nell’era dell’edonismo reaganiano, nel migliore dei casi, io ero sempre nella “Top Five”(la Toppa Cinque); nel peggior dei casi, la mia raccomandata-espresso(fuori-sacco manco a parlarne, semmai avrei potuto mandarglielo il pezzo con i pullman della Sai, che, guarda un po’ te il cerchio, è di uno di Cerchiara come il principe nero di Cerchiara che citerò dabbasso) non arrivava in tempo per il venerdì acché il testo della satira o quantomeno dell’humour sociopolitico potesse essere oggetto almeno di una semplice occhiata, non dico di Dondi ma, certo: sguardo più amorevole, di Brunella Schisa. La lettura e l’amore umano è una cosa misteriosa di cui si sono occupati inutilmente spiriti ben più grandi di me, tipo quella frase di Rousseau, riportata da Watzlawick: “Se voi sarete mia, io vi perderò- perché vi possiederei, proprio voi, colei che io stimo”. Insomma, poi Watzlawick la mette così: chi mi si dona, proprio per questo, non merita più il mio amore. A cui si può aggiungere: chi mi si dona, non merito più il suo amore. Facciamola semplice. Mesi fa, ho preso alla Coop, tra i due volumi della Universale Economica Feltrinelli, a 9 euro e 90, il Prendiluna di Stefano Benni, e sono mesi che, ogni tanto, lo prendo dallo scaffale, nel corridoio, quello che abbiamo preso recentemente, e che è venuto dalla Spagna, l’abbiamo comprato a Milano, nella via dove, negli anni ottanta, sono andato a firmare un contratto per un mio libro con il Gruppo editoriale Fabbri Bompiani Etas Sonzogno che, poi, nei successivi cambi di direttori editoriali e di redattrici incaricate della cura del libro che scrivevano e scrivono anche adesso, mi pare, baggianate per bambini, dovetti annullare, non solo per l’ombra inquietante che si aggirava colà dello spirito parasalgariano del principe nero di Cerchiara. In poche parole: ordinato lo scaffale a Milano, lo scaffale è arrivato dalla Spagna. Per quanto riguarda il libro, invece: io con l’altro libro, quel giorno dovevo prendere Pennac, ma giacché era un pamphlet sulla scuola sai quanto poteva fregarmene di mettermi a leggere le solite menate tra la scolarizzazione della società e io speriamo che me la cavo, e allora ho visto Benni e Prendiluna, cazzo: prendo Prendiluna. Beh, sarà per quel fallo di Buddho, che, ho rammentato, lo si può chiamare anche Tathāgato, che non è che sia più fallico o meno moscio, ma, quantomeno, a conoscere il sanscrito o forse si tratta del pali, non c’è l’illuminazione, con le bollette che a loro dire saremmo dovuti andarcele a prendere sul sito dell’Agenzia delle Entrate, Bisignani permettendo e forse la designata Agenzia sarebbe stata quella della provincia di Torino per via della tassa tv e di quell’editore che faceva le migrazioni finanziarie delle nostre ritenute nell’arcipelago di Malta(perché c’era il Ghawdesh?),  ma, stando alla faccenda del fallo, con un participio passato è così “venuto”(=”gato”) e con un altro è così “andato”(=agato). Tathā sarebbe “così”: come mi ricordava Marisa Aino: “Tatà…Bum!”, più o meno nella temperie di quei meravigliosi anni settanta in cui è uscito Bar Sport.
La cover del Bar Sport
negli Oscar Mondadori 1979:
la prima edizione era stata
fatta nel 1976 nella BUM
E quindi: poiché avevo letto Bar Sport, non posso  non leggere Prendiluna. Invece: adesso: prendo Prendiluna, lo apro, lo sfoglio, e : non posso credere che Stefano Benni l’abbia scritto per me, anche perché cos’era successo quel giorno alla Coop? L’altro libro era quello delle interviste di Charles Bukowski, che, lo sapete, no?, non è tenero con i reading di poesia, e adesso vedo la notizia su Benni e leggo che lui adesso da anni tiene seminari sull’immaginazione e reading. Insomma, a un primo sguardo Prendiluna non mi prende. Eppure, io ne leggo di ennesime magie e di pose del caffè. Niente. Se non riesco a leggere Prendiluna in me c’è qualcosa che non va. Sarò davvero Tath
āgato, così andato, o così venuto?