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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

JeansZō▐ L'oggetto "a" al meridiano di Hokkaido

Linseguimento fotografico e l’eclissi della linea del mondo.

Nell’inseguimento fotografico nipponico, la figura presa all’istante nella sua allure di quel momento, in quel posto, così com’è vestita allora, il fotografo-visionatore, prima, e il poeta-visionatore, dopo, non sa cos’è né dove va: segue la figura che va e condivide il suo segreto senza saperlo. In virtù di una declinazione del senso o del non-senso è così che l’esistenza prende forma, grazie alla deflessione di qualcos’altro. Non abbiamo volontà propria, scrive Jean Baudrillard, e l’altro non è mai ciò con cui ci confrontiamo secondo la nostra propria volontà. In sostanza: è l’irruzione di ciò che proviene da un altro luogo, è la seduzione dell’estraneo e la sua devoluzione. C’è in questi esercizi singolari alla Mathews, la precessione di tutte le determinazioni venute o intervenute da un altrove, illeggibili, indecifrabili, in questo caso visibili nella forma e nella struttura dell’inseguitore autoctono, quello che fissa e immobilizza l’assolutezza anonima e l’inesorabilità, l’irredentismo dell’oggetto: l’essenziale è che anche il poeta-visionatore sposi la forma estranea di quel qualunque oggetto, di quel qualunque essere fortuito, che necessariamente è stato seguito da qualcun altro: oggi che ognuno di noi perde le proprie tracce, disse sempre Baudrillard, è assolutamente urgente che qualcuno si metta sulle nostre tracce, anche se così facendo le cancella e ci fa sparire; è un modo complice di scomparsa, una forma di obbligazione simbolica quella che è stata giocata, una forma enigmatica di connessione e di sconnessione. La devoluzione come etica implica una filosofia della sottigliezza; la sottigliezza è l’artificio fondamentale: il visionatore, e anche la figura, vive dell’energia, o meglio: dell’esserci, che viene sottilizzato agli altri, al mondo: si vive di questa energia surrettizia, di un’energia rubata, forse anche sedotta, e anche l’altro, quella figura inseguita, esiste solo grazie a questo movimento indiretto e sottile di captazione, di seduzione, di devoluzione. Questo altro, quando appare, e qui è afferrato e fotografato, detiene in un solo istante tutto ciò che non ci sarà mai dato di sapere. È il luogo del nostro segreto, questo altro è il luogo della vertigine, dell’eclissi, dell’apparizione e della sparizione. Tra artificio e altro seguito e circoscritto, questo stesso exinscriversi nella figura dell’Altro, e farne un piacere singolare, nella forma strana venuta da un altro luogo. La corsa-inseguimento diabolica dell’oggetto, che è l’orizzonte della mia scomparsa. La ricerca in potenza dell’alterità radicale, ma per il piacere e il gaudio fatto nel proprio oggetto “a”, a ogni passaggio al proprio meridiano, l’oggetto come attrattore strano quando appare al visionatore non è che l’analemma esponenziale del suo oggetto “a”.