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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Pappagalli e scimmie ✒ Il grado zero della critica

 



da-carlopava@virgilio.it



 


il "domestico"(sensu Roland Barthes) di Franz Mensch: i cani sono fiduciosi

Mentre sto continuando la sedicesima puntata di "contrattacco disarmato], la narrazione firmata da Carlo Pava, mi è venuta di getto questa annotazione: una riflessione estemporanea sul "grado zero della critica".

La tavola allegata fa parte dell'antifumetto "svestire gli ignudi - l'orizzonte domestico di Franz Mensch", 2013, in un blog e, qua, in un album in esemplare unico.

 

Carlo Pava

il tentativo di salire un gradino

partendo dal grado zero della critica

C’era poca farina nel loro sacco o il sacco vuoto, nel fiore della gioventù declinante o nella maturità incipiente o perfino da vecchi bacucchi di provincia, silhouettes stentate. L’unica risorsa a portata di mano consisteva nell’agire da pappagalli [riducendo a una parola il percorso degli autori considerati migliori, a una locuzione smozzicata, a un suono inarticolato] o da scimmie scimmiottanti, mescolando i pezzetti senza capo né coda con un cut up non rivisto e corretto, notato tante volte, perfino sui muri urbani segnati da anonimi o, se sozzonerie materiche, nella monnezza, senza obbligo [nessuno li obbligava, le mosche di Friedrich Nietzsche]: non intravedevano gli orizzonti, non un sorgere del sole in primavera, non l’acqua sorgiva, non i miasmi duri dell’esistenza e dei ricordi [soprattutto in tarda età], non la morte destinata, privi di temi e di idee fisse, di vita. In uno spazio angusto. In una gabbia come roditori sopraggiunti per caso e rimasti chiusi. E si avvicinavano silenziosi indossando i soliti vestiti non personalizzati dei grandi magazzini o del mercato dell’usato e gli sneakers: il loro ideale, un idolo non primitivo, il serpente, muto o sibilante. Ma no, neppure rettili, troppo: pulci [e infatti spulciavano], pidocchi saltellanti, piattole sottocutanee o abbarbicate [quasi invisibili] nelle zone pilose, parassiti in una proliferazione inarrestabile e nella completezza delle specie. Incapaci di porsi sullo stesso piano degli scrittori e degli artisti d’elezione [ammirati con spocchia impotente], da veri uomini [donne e uomini], nemmeno per il tempo necessario al misero saccheggio, con la critica [della critica tentando un gradino in su dal grado zero, un’impresa ardua al giorno d’oggi, ci si prova] o con un’interazione creativa come in un dialogo alla pari e non sempre in concordanza nella libertà delle vedute, ad armi pari, citando le fonti, i nomi, i titoli, le pagine [facoltative]. Restando nella correttezza, nel talento, nella genialità, nel rigetto della cialtroneria e della fuffa e dei fuffaroli.