Carlo Pavaun secondo monologo di Franz Mensch nel labirinto di specchi di un Luna Park
Preferire la luce significa aderire alla luce del sole o, per antitesi, risolversi nell’ombra? La verità sta nel contrario, nel contrario del contrario e nella ripetitività delle contraddizioni come una musica con pochi suoni reiterati? Ai riverberi tossici con i loro colori chimici, dal verde acido al giallo lampeggiante con strie blu preferisco la nebbia, dall’autunno alla primavera, le giornate fosche tipiche dello spleen e della saudade, soprattutto se mi trovo libero da impegni di lavoro e dalla necessità delle commissioni imposte dalla burocrazia comunale e statale [sadica per definizione]. Insomma, in pittura la tempera o, meglio, la tempera grassa vs l’acrilico [una resina artificiale, una plastica, una vernice resistente alla luce senza bisogno di un fissativo, i quadri li si possono accatastare alle intemperie, sotto la pioggia battente].
Finita la digressione, le vessazioni quotidiane della tradizione, ora, nel periodo 2000-2030 tendono ad abituarci alle vere e proprie aggressioni delle oligarchie globaliste, coalizzate per sterminarci nel maggiore numero possibile, a milioni e milioni per ridurre almeno a metà gli otto miliardi degli uomini nati dalle donne… la formula delle tre streghe del “Macbeth”. Una densità insostenibile per chilometro quadrato: le direttive impongono di ammazzarci con tutte le nuove armi invisibili, impalpabili come il DDT vintage, quando la foresta di Birnam comincia a spostarsi verso il castello di Dunsinane. Cosa faccio? Soccombo o mi metto dalla parte della criminalità organizzata in élite[s] esclusive? Dalla parte di Madame de Saint-Ange mi sentirei al sicuro, pronto a tradire Isotta, che non riga dritta, la matta, si ostina a credere nella giustizia e nella libertà nell’epoca dell’Anticristo sorridente [con la cacofonia di tre preposizioni articolate]: essere o non essere, va’ là cretina, dolcezza, va’ a festeggiare da brava ragazza il compleanno della tua amica, non sai cosa ti aspetta. Mentre, la volta precedente ti recavi con un’aria intellettuale a una conferenza, sempre attraversando il Parco dei Cacciatori di Teste, nella zona dell’Arco di Trionfo posizionato, si dice, con quello di Parigi: “l’illusione di un mondo senza dolore” – sottotitolo: “ma senza il dolore non esiste il mondo”, con riferimenti al mondo greco, e va bene, oltre alle sedicenti Sacre Scritture, un libro raffazzonato strapieno di nefandezze, zzzzzzz, sette z come sette mosche del mercato segnalato dallo Zarathustra dell’Ottocento. Le fantasie degli autori del decalogo, redatto per intimorirci e indurci al silenzio di fronte ai loro genocidi perpetrati per spirito di conquista, per sentirsi appagati con la ricchezza appartenente all’1% della specie umana. Mi scomoderei, spostandomi dal salotto e vestendomi indossando la solita maschera dell’infinito, se il tema fosse la malvagità innata in tutti noi.
Ti esibisci con il body rosso e i jeans attillati, contenta di poco. Ti tieni in forma, secondo il linguaggio banale, in palestra e con la dieta, però nel serpeggiare dei dubbi, finalmente, pure tu, per il momento taciuti? Le linee sinuose sembrano nervose? Ma resta contagiosa tutta l’energia radiante partendo dalla tua casa verso il corso trafficato senza un sì, un no, un ni.