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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Terzo monologo di Franz Mensch.


             Carlo Pava

terzo monologo di Franz Mensch

Appiattire i sentimenti in un flusso non specialistico, da persona comune o da strada [anche durante un viaggio in casa], in termini meno soft: annullarli e annullarsi nel rifiuto degli approcci interattivi, soprattutto per non incorrere in ulteriori delusioni, a dire il vero impossibili, già completata la gamma. Notorio il fastidio di trovarsi in qualsivoglia società secondo la visione di un misantropo nonviolento e restio dal rompere le palle al prossimo, ai compagni di sventura. Volendo le allusioni allineate con una tradizione della tarda vulgata biblica, il pastrocchio delle etnie imparentate con gli antichi adoratori del Vitello d’Oro: i vizi indagati da Evagrio Pontico nei suoi loghismoi, ai tempi dei monaci eremiti e degli asceti nei deserti ma meno estremisti degli stiliti, di recente riveduti e corretti e ampliati in versioni giornalistiche per la mondanità televisiva. D’accordo, baby, cara Isotta, honey, evitiamo l’amore poiché quando finisce, e finisce nell’istante stesso in cui è corrisposto cheek to cheek, non è mai esistito, questa cosa sta diventando un ritornello da manga all’italiana. Quindi, secondo l’opportunismo della sopravvivenza civile, si dice: “restiamo amici”. Ma l’amicizia con tutti si distribuisce più o meno in parti uguali, propenderei per le parti disuguali, tuttavia sorvoliamo, ergo: diluita, un vino annacquato, una socievolezza generica con qualche puntata in apparenza più intima ed “esclusiva” [una parola, quest’ultima, risolta in una contraddizione in termini].



Di questo passo, il pessimismo incancrenito potrebbe indurmi all’apologia dell’uscita di scena, una scelta difficile soprattutto per la difficoltà dell’individuazione di un mezzo idoneo e del tutto privato e defilato, indolore dal punto di vista fisico. E non voglio darti questa soddisfazione. Con una componente di magnanimità: detesto influenzare in senso negativo gli animi fragili, “fragili”, c…zzo, non mi viene in mente un aggettivo meno pedestre, da quotidiano sovvenzionato dal potere politico di turno e simile al precedente nel gioco delle parti o dei partiti. Uno scoiattolo costretto a girare correndo all’impazzata in una ruota in forma di gabbia. Nell’associazione di idee, un serpente che ci avvolge, l’ananke, da là non si scappa. Allora si finisce con l’ammettere tutto, immettere il mondo immondo nel mondo: gli invasori genocidi, quelli là vanno a insediarsi nei territori altrui e un po’ alla volta, nel coro delle solite geremiadi, ampliano il proprio spazio vitale, abusivo, infine massacrando tutta una popolazione stanziale dall’origine della storia in una nuova soluzione finale come quella perpetrata sul finire della seconda guerra mondiale, in questo monologo frammentario ambientato in un progetto di racconto distopico, avvicinandosi l’ultima sequenza abortita, “l’amica di Isotta”, ricordate? I Cacciatori di Teste, i marcantoni ignudi assoldati da Madame de Saint-Ange, si fanno accompagnare a casa della ragazza la sera del suo compleanno, e la mia cosiddetta “eterna fidanzata” dei comics ameri-kani, in top rosso e jeans strappati in modo discreto all’altezza dei glutei. Intanto pensiamo [al di là delle semplificazioni del fumetto tradizionale, non granché nemmeno quello d’autore delle confezioni dell’editoria sopravvissuta]: “Non il dolore, questo il tema fondamentale, ma la malvagità innata in tutti noi, va da sé, quindi il male, poi aspettiamoci l’organizzazione della vendetta e delle ripercussioni, le rappresaglie dopo le rappresaglie, una guerra dopo l’altra [dai mass media le lotte di liberazione e d’indipendenza spacciate per una sorta di invidia delle vittime dedite al terrorismo], tutto bello, tutto accettato, senza nessuna catarsi, bum bum bum per dirla alla maniera futurista”.



Scagionata la mafia, si dice con il soggetto impersonale della doxa, scagionato il regime dittatoriale, scagionata ogni forma di violenza, scagionati i disvalori opposti ai tradizionali valori delle convivenze umane e civili, perché mai non si potrebbe scagionare anche l’antisemitismo? Da chi viene proibito e tacciato da crimine? Da quale pulpito? Dagli antenati, dagli antichi Adoratori del Vitello d’Oro?



Ancora poche immagini dello storyboard [la prossima puntata] e poi il controfumetto lasciato incompleto nel 2018 [con alcune tavole definitive e il resto abbozzato] potrebbe completarsi nell'incompiuto e in frammenti, poiché mancherebbe solo la sequenza intitolata "l'amica di Isotta", ambientata nella casa della ragazza il giorno del suo compleanno, Quindi, suspense, giungono di fronte al citofono. Anche i sequestratori entrano esibendo le buone maniere e un sorriso commerciale o in linea con il partito. Annuncio ora, quindi, una prossima scena horror [spero entro Natale].



  • Carlo Pava, cinque tavole di graffiti domestici [periodo 2000-2030]