Carlo Pava BarbablùDurante un’insonnia, la serra in abbandono piena di sterpaglie e di rovi, ripercorreva le tappe successive al trauma iniziale, e ripensandole, in un certo senso, sognava se gli balenava il significato ripetitivo di quella parte della notte, in particolare nella lingua tedesca, sperando nella stanchezza e quindi negli sbadigli quando, seduto davanti al PC, cercava di tirarla per le lunghe, a un certo punto smettendo per ricoricarsi al buio. Ne elencava i nomi più volte, prima il nome e il cognome, poi limitandosi al più spiccio del battesimo, escludendo l’avvio, un incipit nella pubertà, a parte quello, nel prosieguo una sorta di leporello nero di un Don Giovanni disilluso verso il quale spesso si provava stima e ammirazione, purtroppo con il pronome utilizzato in una generica doxa, una lista di persone ammazzate in pectore dopo una gelida constatazione alla Turandot: “non mi amava”. Calcandola sulla battuta finale del libretto di Béla Balázs, musicato da Béla Bartók: “sei bella… eri la più bella”.
Alludendo a una ellissi fulminea, l’ellissi fondamentale nell’economia dei graphic novels, lo strangolamento immediato in una scena simile a quella memorabile di “Via col Vento”, Clark Gable [Rhett Butler] più alto di Vivien Leigh [Rossella O'Hara], quasi in procinto di b…si [detesto tale verbo, con i suoi ottanta milioni di batteri], per capirci: il maschio dalle buone maniere ma incastonato nella gabbia della nevrosi levigata come una lastra di marmo, diventato un materiale refrattario in una solitudine totale. Per risolverla, a nulla serviva l’abnegazione dell’istinto da crocerossina delle psicanaliste e degli psicanalisti: OK o KO, tutto purché si dimenticasse la c…zz…a del Complesso di Edipo, su cui si ipotizzava l’inserimento di una nota in calce: “una parola di facile interpretazione nella lettura corrotta della tradizione manoscritta”. Non per giustificarlo e nemmeno per sfumarne il lato neogotico in pieno XXI secolo, tutt’altro, da sé stesso si riconosceva un poco di buono senza i reati di sangue del diritto penale, una serie di svicolamenti, invece, in silenzio, un’eclissi dopo l’altra mediamente ogni dieci anni, così ricordava il periodo dell’adolescenza e quello giovanile e la maturità e infine la vecchiaia incipiente e la piena senilità. Con la barba di tre giorni, compiuto il misfatto, nella banalità della vita quotidiana, accorgendosi di fare tardi, si metteva a radersi e a docciarsi, ci teneva ad apparire in ordine anche nel vestire alla festa del Circolo, ma prima di uscire estraeva da un cassetto una scatoletta piena di chiodi e se la metteva in tasca. Dopo la musica e fra i sorrisi, un prosecco servito da un cameriere dietro la tavola degli stuzzichini, nel brusio degli intervenuti una presenza breve, incalzato dal tedio e dalle Erinni non destinate a convertirsi in Eumenidi.
alcune vignette digitali estrapolate dall’antifumetto “la Banda del Colosseo”
una tavola di graffiti domestici del periodo 2000-2030: “l’aula di anatomia artistica”
Clark Gable e Vivien Leigh