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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Un manifesto e un antifumetto.

 


Carlo Pava

ripensamenti e ammonimenti [un manifesto]

Stanco dei temi dell’arte verbo-visiva come le reiterate ossessioni alla ricerca dell’autostima mai padroneggiata o a intermittenze, il girare a vuoto di uno scoiattolo in una ruota in forma di gabbia, il diarista sopraggiungeva a una svolta se decideva di realizzarne un libro, prima o poi, dandosi una scadenza, almeno ipotizzava un tono più sensato per giustificarlo e giustificarsi e giustificarne le ripetizioni, le sgrammaticature e le rimasticature. Una scrittura barbarica ma per il momento sognata, una letteratura raffazzonata verso la disgregazione dei generi letterari all’insegna della formula “nulla dies sine linea”, sì, ma calcata con decisione, mai fermarsi a metà strada [dove i bivi e i 


trivi portano allo stesso punto di partenz
a del nonsenso], sia pure al di qua di un orizzonte recintato con le inferriate tradizionali, osando di più per non incorrere nel vicolo cieco del vetero-fluxus e degli editor[s] ai quali veniva affidato il compito del controllo per promuovere in esclusiva le poetesse misandre e i poeti fotogenici e indossatori. Migliore di un deuteragonista, un io moltiplicato introiettando le esistenze delle comparse, il protagonista di un romanzo di Cassandra, la

schiava destinata a una brutta fine condividendo la sorte dell’eroe Agamennone al ritorno da Troia per soddisfare la vendetta di Clitennestra, la sua dolcezza in rima tramutata da un momento all’altro in colpi di scure senza pentimento, anzi, con orgasmo e con il make-up in un secondo atto standosene seduta davanti a una specchiera basculante detta “psiche” e in stile déco [quello del film di PPP, “Salò-Sade”, continuando]. Un linguaggio vario, non solo l’ammiccamento













all’anglo-americano, tanti lo praticavano derivandolo dalle scienze e dalle tecniche, e infine da cosa? Dalle news della globalizzazione o dal lirismo sinestetico delle organizzazioni del settore finalizzate al consenso delle sovvenzioni statali e del partito plurimo ma incanalato in toto nel sostegno agli sterminatori dei nativi al di là dell’Oceano Atlantico? Un memento, "quando la foresta di Birnam si spostava verso il Castello di Dunsinane”, e riassumendo con il famigerato pronome personale “si”: si iniziava da un punto evidenziato all’istante, ma prima ideato in un flash mentale, poi in filigrana, per continuare in enunciati elaborati e in tavole complesse, nei graffiti domestici [o privati nel doppio senso della parola] del periodo 2000-2030, là ci stava di tutto, dall’astratto al figurativo.




-       alcune vignette digitali estrapolate dall’antifumetto “la Banda del Colosseo”

-        una tavola di graffiti domestici del periodo 2000-2030