Carlo
Pava
ripensamenti e ammonimenti [un manifesto]
Stanco dei temi dell’arte verbo-visiva come le reiterate ossessioni alla
ricerca dell’autostima mai padroneggiata o a intermittenze, il girare a vuoto di
uno scoiattolo in una ruota in forma di gabbia, il diarista sopraggiungeva a
una svolta se decideva di realizzarne un libro, prima o poi, dandosi una
scadenza, almeno ipotizzava un tono più sensato per giustificarlo e
giustificarsi e giustificarne le ripetizioni, le sgrammaticature e le
rimasticature. Una scrittura barbarica ma per il momento sognata, una
letteratura raffazzonata verso la disgregazione dei generi letterari
all’insegna della formula “nulla dies sine linea”, sì, ma calcata con
decisione, mai fermarsi a metà strada [dove i bivi e i
trivi portano allo
stesso punto di partenza del nonsenso], sia pure al di qua di un orizzonte
recintato con le inferriate tradizionali, osando di più per non incorrere nel
vicolo cieco del vetero-fluxus e degli editor[s] ai quali veniva affidato il
compito del controllo per promuovere in esclusiva le poetesse misandre e i
poeti fotogenici e indossatori. Migliore di un deuteragonista, un io
moltiplicato introiettando le esistenze delle comparse, il protagonista di un
romanzo di Cassandra, la
schiava destinata a una brutta fine condividendo la
sorte dell’eroe Agamennone al ritorno da Troia per soddisfare la vendetta di
Clitennestra, la sua dolcezza in rima tramutata da un momento all’altro in
colpi di scure senza pentimento, anzi, con orgasmo e con il make-up in un
secondo atto standosene seduta davanti a una specchiera basculante detta “psiche”
e in stile déco [quello del film di PPP, “Salò-Sade”, continuando]. Un
linguaggio vario, non solo l’ammiccamento
all’anglo-americano, tanti lo
praticavano derivandolo dalle scienze e dalle tecniche, e infine da cosa? Dalle
news della globalizzazione o dal lirismo sinestetico delle organizzazioni del
settore finalizzate al consenso delle sovvenzioni statali e del partito plurimo
ma incanalato in toto nel sostegno agli sterminatori dei nativi al di là
dell’Oceano Atlantico? Un memento, "quando la foresta di Birnam si
spostava verso il Castello di Dunsinane”, e riassumendo con il famigerato
pronome personale “si”: si iniziava da un punto evidenziato all’istante, ma
prima ideato in un flash mentale, poi in filigrana, per continuare in enunciati
elaborati e in tavole complesse, nei graffiti domestici [o privati nel doppio
senso della parola] del periodo 2000-2030, là ci stava di tutto, dall’astratto
al figurativo.
- alcune vignette digitali estrapolate
dall’antifumetto “la Banda del Colosseo”
-
una tavola di graffiti domestici del
periodo 2000-2030