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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

nichilismo e nichilismo e cinismo e cinismo

 


Carlo Pava

diario [2012-2024]

febbraio 2023

nichilismo e nichilismo e cinismo e cinismo

Su un altro piano sembra il nichilismo intimista di Jens Peter Jacobsen in “Niels Lyhne”, al quale il protagonista arriva per eliminazione, di disillusione in disillusione nelle esperienze vissute. La scelta stilistica: un romanzo filosofico o, meglio, più attuale, antifilosofico. Traspare un freddo accanimento cinico mentre racconta con pacatezza e in terza persona la storia del suo alter-ego. Minata perfino l’ideologia atea, l’Idea del protagonista dall’animo buono e giusto, maturata dall’infanzia, infine messa in dubbio o tra parentesi per sottrarsi a qualsiasi genere di contenuto in un mondo deserto dove si resta condannati al vuoto e al grigiore senza nemmeno farsene un problema, neppure un barlume di scetticismo, nell’immobilismo. Anticipando i temi novecenteschi dell’assurdo dell’esistenza. Bypassando qualsiasi aut aut, fonte di angoscia, pochi anni prima prospettato da Søren Kierkegaard.

Apro la finestra di mattina presto scorgendo l'omerica Aurora dalle dita di rosa e cosa ti trovo? Una bellissima scia chimica, lunga e densa, immobile, che mi ricorda il motto "nulla dies sine linea". Restando là a fotografare, mi sono beccato un po' di raffreddore.

Gli orecchini in forma di "virus chic" per sbeffeggiare il periodo 2020-2022, tre anni della nostra vita, uso un eufemismo per non incorrere nei rigori della censura della rete. Mi ricorda la moda del nastro rosso intorno al collo fra le signore eleganti e frivole dopo la fine della Rivoluzione Francese, con la restaurazione. A quella personaggina le si trova addosso anche una vistosa collana in lode del satanismo simbolizzato da un caprone [una creatura molto poco femminista]. Una seconda inquadratura ci si avvicina ma, più soft, la rappresentazione del corpo della donna resta un oggetto allusivo, ridotto a una vagina. Un'altra immagine: la catena d'oro finto con un pendentif in forma di lucchetto, quindi "to lock", chiudere a chiave, lockdown, si direbbe nella stessa area semantica di "inchiavare" e quindi "chiavare", anvedi questa, capito la raffinata finezza allusiva? Inoltre: il suo pseudo-vestito da sera ha i colori della bandiera dell’Ucraina allineata con il Sionismo.


Basandomi sui suoi ritratti ambientati, in rete, quella là diventa solo un'immagine di donna fra tante simili, il provarne ribrezzo non da singola persona ma in un contesto politico rimanda alla legittimità del ripensare a quella che Guy Debord formulava come "società dello spettacolo". Saltano i nervi e appare legittimo derogare dalle proprie convinzioni nonviolente vedendo le facce dei governativi e sentendo le esternazioni della loro follia criminale. Aspettiamoci il peggio, speriamo di no fra le macerie delle loro malefatte.

Documentati altri "graffiti domestici". Il set in casa è alla meno peggio. Qua e là anche alcuni recenti spezzoni di asemic writing in continuazione della mia storia d'artista di molto più di mezzo secolo, tuttavia poco visibili, elementi fra altri. Al giorno d’oggi, infatti, non ritengo plausibile l’atteggiamento di additarsi a caposcuola solo per quella maniera reiterata fra milioni di imitatori.


L’Autarchia Editoriale. Una persona in aporia, scrittori in aporia, disegnatori e pittori in aporia. In termini letterari: “Pavae reliquiae” [secondo V. S. Gaudio]. Nell’attuale koinè [di tutte le arti] sembra perdere una qualche rilevanza la distinzione fra iniziatori ed epigoni? Se si resta al grado zero della critica, sì, parafrasando Roland Barthes, no se si prende la briga di documentarsi e di cercare di capire [una pulsione élitaria da posizionamenti postumi].

  • Giancarlo Pavanello, tre tavole verbo-visive, anni novanta-2024 [un collage, un pannello fotografico a collage, la terza è un autoritratto ambientato]