La posa del caffè e la
psicanalisi ⎢59
L’immediatico “Marcuzzi”
Di fronte al pericolo
di una totale mancanza di peso, di una insostenibile leggerezza dell’essere,
scrisse Baudrillard[i],
di una promiscuità universale, di una linearità dei processi che ci trascinano
nel vuoto, queste bufere improvvise che chiamiamo catastrofi sono davvero ciò
che ci preserva dalla catastrofe? Queste anomalie, queste eccentricità ricreano
delle zone di gravitazione e di densità contro la dispersione. Insomma, tutti i
sottosistemi, anche quello infrastrutturale?,
pare che secernano così la loro forma di parte maledetta, sul modello di
quelle tribù che purgavano la loro eccedenza di popolazione per mezzo di un
suicidio oceanico- suicidio omeopatico di alcuni che preservava l’equilibrio
omeostatico dell’insieme. Così la catastrofe può rivelarsi essere una strategia
ben temperata della specie, o piuttosto si può dire che i nostri virus, i
nostri fenomeni estremi, aggiunse Baudrillard[ii], reali certo ma
localizzati, permetterebbero di mantenere intatta l’energia della catastrofe
virtuale, motore di tutti i nostri processi, in economia come in politica, a
patto che l’una e l’altra siano effettivamente tali, come in arte e in storia.
Il peggio che dobbiamo
all’epidemia, al contagio, alla reazione a catena, alla proliferazione, è la
metastasi del cancro e la virulenza in campo biologico, e il rumore della
cosiddetta informazione del cosiddetto stato. Ma in fondo tutto questo fa parte
anche di un meglio,perché il processo di reazione a catena è un processo
immorale, al di là del bene e del male, e reversibile. E così vengono superati
i limiti del senso e si procede per contagio immediato, secondo le leggi della
pura immanenza delle cose.
Vista da lontano, io,
ad esempio, non riesco a spiegarmi il
contagio miracoloso delle forme, espressive e somatiche, di Alessia Marcuzzi,
sono disperato, come può essere disperata la sociologia e l’estetica, e forse
anche la morfologia costituzionale: tutto ciò che fa economia della mediazione
è fonte di godimento? Lascia un semplice segno, non quello che vedono tutti, in
modo banale, immediatico,
virale, insensato, e il poeta-visionatore sembra che vada dall’uno all’altro –
un segno, abbiamo detto, e l’altro quale sarebbe?- senza passare dallo stesso: e lo stesso potrebbe semplicemente essere quella fotografia di Fabrizio
Ferri in cui è immobilizzato il tergo di quella Marcuzzi, quella del cosiddetto⤑ “Marcuzzi”[iii].
Nella poesia, ancora
Baudrillard: si va da un segno all’altro senza passare per il riferimento[iv]. Quindi, il poeta-visionatore va da quel punto-allora ⚯all’altro, un semplice
apparire nella visione del poeta per venticinque secondi anche tre lustri fa, attraversa il tempo,
elide le distanze, gli spazi intermedi, e provoca questa ubriacatura dell’oggetto
“a” del poeta? Così è andata da un ⚯segno all’altro, e non
è passata ⟲dallo stesso, e il poeta-visionatore, a cui
gli passa al meridiano♃⟙♈, in quel determinato
tempo così formattato, la rigode nel suo piacere singolare dello ⟲stesso di allora?
La differenza tra la foto e l’haiku è nella loro prossimità, nel senso di prossimità che hanno:
tutto è dato tutto d’un tratto⤑ l’haiku non si può
sviluppare, ⤑la foto neanche, ⋗il piacere singolare invece sì: così si
passa da ⚯un segno all’altro,
senza passare dallo stesso ma per
continuarlo.
La forma breve, l’è stato della foto e dell’haiku[v], o l’immagine di passaggio
all’improvviso carpita anche dalla tv, è piena, satura di dettagli inevitabili
per l’immaginario e la pulsione “hy”[vi] dell’attante e “e”[vii] del visionatore: tutto
lavora nella stessa immagine. Si tratta allora della co-presenza, un legame istantaneo e tuttavia separato, che
ipertrofizza il dettaglio, non c’è ⤑istanza di verità, e nemmeno qualcosa
che venga ingrandito, il Marcuzzi ⋗allora⋗il tergo⋖ e ⋗il segno successivo⋗la bocca vs wurstel⋖ hanno una
taglia esatta, non saltano nel simbolo, siamo nell’omometria, ⤑eguaglianza di misura
tra l’apparire e il visto.
Come può essere?
E’ la visione, parziale,
fulminante, veloce, del tale e quale,⤑ niente di speciale, nello Zen è il ⋗Wu-shi: ⎢precisamente così⎢, non è proprio ⤑questo ma è ⤑esattamente questo, una donazione folle
di senso. La naturalità del Wu-shi
così goduto , essendo una omometria tra
=senso donato 🆚 goduto, è quella che
è: un modo immorale che ostacola la voglia di interpretare,⤑ dissertare seriamente
del senso delle cose.
[i]
Cfr. Jean Baudrillard,
Profilassi e
virulenza, in: Idem,
La Trasparenza
del Male, trad.it.Sugarcoedizioni, Milano 1991.
[iii]
V.S. Gaudio,
Il Marcuzzi, “
Zeta”n.76 ,
Campanotto editore, Udine :marzo 2006. Online, è in
⋗ gaudia
2.0/2012/08.
[v]
Cfr. Roland Barthes,
TILT. Incontro
del 24 febbraio 1979, in: Idem,
La
preparazione del romanzo. Corsi e seminari al Collège de France, 1978-1980,
vol.I, Edizions du Seuil 2003.
[vi]
Nell’analisi funzionale del destino di Leopold Szondi, la pulsione
hy è quella della tendenza all’esibizionismo
sfrontato e afferisce, va da sé, al fattore morale, essendo connessa al vettore
P, quello della pulsione parossismale, di sorpresa, una pulsione del
comportamento etico-morale.
⤳Cfr.
Leopold Szondi,
La teoria pulsionale,
in: Idem,
Introduction à l’analyse du
destin, Editions Nauwelaerts, Louvain 1972.
[vii]
La pulsione
e , sempre connessa
allo steso vettore
P, e alla
pulsione di sorpresa, è quella dell’erotismo
uretrale e del fattore dell’ethos, del poeta camminatore con desideri morbosi,
spasmodici ed esplosivi. .
⤳Cfr.
Leopold Szondi, La teoria
pulsionale, in: Idem, Introduction à l’analyse
du destin, Editions Nauwelaerts, Louvain 1972.